Evolvere senza cambiare

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Cosa cambia rapidamente nel genoma? Non certo le sequenze dei geni o di RNA strutturali. Sarebbe alquanto pericoloso per la salute! Normalmente a cambiare più rapidamente sono le regioni introniche o non codificanti, rimosse durante il processo che porta alla produzione di RNA messaggeri e quindi proteine. Queste sequenze sono però molto importanti per definire i tempi e i modi […]


Cosa cambia rapidamente nel genoma? Non certo le sequenze dei geni o di RNA strutturali. Sarebbe alquanto pericoloso per la salute! Normalmente a cambiare più rapidamente sono le regioni introniche o non codificanti, rimosse durante il processo che porta alla produzione di RNA messaggeri e quindi proteine. Queste sequenze sono però molto importanti per definire i tempi e i modi dell’espressione genica. La plasticità di queste sequenze è una riserva estremamente importante che genera la variabilità, essenziale per l’evoluzione.

Come sempre in biologia, esistono delle eccezioni. O così può sembrare, se si guardano le sequenze di DNA legate da una particolare proteina chiamata CTCF. Nonostante il suo nome assai poco attraente e fantasioso (è un acronimo per “fattore di legame a CCCTC”), la sua storia è davvero affascinante, così come la sua struttura (in figura). Anzitutto per ciò che è in grado di fare: orchestra infatti tutto il complesso apparato epigenetico del genoma e fa sì che promotori, enhancer e geni si collochino correttamente nello spazio tridimensionale del nucleo. Senza questo “vigile urbano” del DNA, avremmo parecchi problemi per quanto riguarda geni imprinted (costitutivamente attivi o inattivi in linea maschile o femminile), inattivazione dell’X nelle femmine e persino per il corretto alternarsi dei diversi tipi di emoglobina nelle fasi di sviluppo. Se non bastasse, CTCF è attualmente l’unica proteina nota in grado di stabilire i cosiddetti “insulators”, ovvero regioni “semaforo” che fanno in modo che uno stato cromatinico non si propaghi per l’intero cromosoma, creando zone attive e inattive secondo necessità. Insomma, l’organizzazione strutturale e funzionale del nostro genoma è profondamente dipendente da questa proteina che è costantemente in grado di “sbrogliare la matassa”. Neanche a dirlo CTCF è conservato dal piccolo moscerino della frutta all’uomo. Cosa c’è dunque di tanto strano? Le regioni di legame del nostro “vigile” variano moltissimo, sia per lunghezza che per composizione! Ci aspetteremmo invece che fossero sotto stretta sorveglianza di una pressione selettiva purificante, essendo così importanti. Come hanno fatto quindi queste sequenze ad evolvere tanto rapidamente?

A questa domanda enigmatica ha cercato di dare risposta un gruppo di ricercatori di Cambridge. Il risultato dei loro studi è recentemente apparso su Cell. I ricercatori hanno anzitutto osservato che CTCF lega in realtà un motivo di 33-34 paia di basi strutturato in due parti, che è conservato nei mammiferi. In molte specie, inoltre, la nascita di nuovi eventi di legame di CTCF correla con un’espansione negli elementi ripetuti e trasponibili del genoma. Da qui l’ipotesi: è possibile siano gli elementi ripetuti alla base della variabilità di questi siti? Il confronto di vari tessuti in sei diversi mammiferi ha evidenziato come il motivo di legame sia presente ben 5000 regioni condivise da tutti i cinque rappresentanti dei placentati presi in considerazione. Dalle analisi è emerso come lo stesso processo che è attualmente in atto e che è alla base dell’espansione dei siti di legame per CTCF in ciascuna linea, è originario di un set ristretto di regioni fortemente legate dalla proteina e profondamente conservate. Inoltre il set conservato di siti di legame è presente in tutte le cellule di mammifero, in ogni tessuto, a prescindere dallo stadio di sviluppo e delinea strutture della cromatina richieste per funzioni conservate nei genomi. Che dire del meccanismo alla base della generazione di queste sequenze? Una volta che un motivo per CTCF è stato acquisito, come da ipotesi, attraverso una trasposizione, esso può propagarsi nel genoma rapidamente generando copie di sé stesso e causando un’espansione della sequenza originaria. Questo vale per muridi, canidi e didelfidi, ovvero per la maggioranza delle linee di mammiferi! Piccola nota stonata: i ricercatori non sono stati in grado di rilevare traccia di questi eventi in uomo e macaco. Dal punto di vista evolutivo sequenze di questo tipo, una volta insediatesi nel genoma, potrebbero avere un vantaggio non indifferente rispetto alle limitrofe. CTCF è infatti in grado, come già accennato, di limitare l’espansione di segnali repressivi a livello della cromatina, come la metilazione.

CTCF e le sue sequenze: uniti nella diversità.

Ilaria Panzeri


Riferimenti:
Schmidt D., Schwalie P. C., Wilson M. D., Ballester B., Gon
çalves A., Kutter C., Brown G., Marshall A., Flicek P. e Odom D. T. Waves of Retrotransposon Expansion Remodel Genome Organization and CTCF Binding in Multiple Mammalian Lineages. Cell, 148: 335-348 (2012).