Filosofia zoppa, scienza cieca
Recensione di Federico Focher di ‘Filosofia della scienza’ edito da Carocci
Se fino alla prima metà del secolo scorso le scienze fisico-matematiche, con le loro singolari teorie sulla struttura della materia e sulle forze che governano l’universo, monopolizzavano l’interesse dei filosofi della scienza e la fervida immaginazioni di molti uomini di cultura, con la scoperta dei meccanismi responsabili della trasmissione dei caratteri ereditari, il grido passò presto alle scienze della vita. Non fu in effetti un caso che proprio in quegli anni un matematico e fisico, Erwin Schrödinger, pubblicasse una breve opera (‘What is Life?’,1944) nella quale, con grande acume, si ipotizzava la struttura di “cristallo aperiodico” per spiegare le proprietà della molecola depositaria dell’informazione genetica. Intuizione confermata pochi anni dopo, da Watson e Crick, con la scoperta del Dna.
Soddisfatti del mutamento di interesse culturale, e orgogliosi della raggiunta dignità epistemologica del proprio campo d’indagine, i biologi sperimentali si accorsero tuttavia ben presto che l’approccio usato dai filosofi della scienza (da Karl Popper a Thomas Kuhn) per analizzare e comprendere la struttura e la logica delle loro scoperte scientifiche risultava spesso inadeguato quando applicato alla biologia, in quanto concepito specificamente per studiare i risultati delle scienze fisico-matematiche.
Così, dopo anni di timorosa e passiva accettazione delle analisi filosofiche più in voga, i biologi, spronati più dalla insofferenza di essere fraintesi che da un reale desiderio di analizzare filosoficamente il proprio campo d’indagine, cominciarono a elaborare una nuova epistemologia, teoreticamente più adatta a spiegare la logica e la struttura delle proprie scoperte scientifiche. Tra di essi ricordiamo Jacques Monod, con il suo famoso ‘Il caso e la necessità’ (1970), ed Ernst Mayr, con l’illuminante ‘Toward a New Philosopy of Biology’ (1988). Da allora uno stuolo sempre più nutrito di filosofi, finalmente consapevoli delle peculiarità del vivente, si è addentrato nell’analisi filosofica dei nuovi concetti biologici, proponendo, come Hans Jonas (‘Organismo e libertà’, 1994) interpretazioni di notevole profondità, o suscitando, come Daniel Dennett (‘L’idea pericolosa di Darwin’, 1995), accesi dibattiti.
Lungo questa traccia si pone anche ‘Filosofia della biologia’ di Andrea Borghini ed Elena Casetta. Quest’opera, agile e fruibile anche dal lettore non specialista, si muove su due livelli. Il primo, più storico e didattico, affronta i temi e i fatti principali che hanno suscitato l’interesse dei filosofi e i motivi per i quali ancora oggi alcuni argomenti provocano vivaci dispute fra il pubblico colto (Darwin, l’evoluzionismo, le peculiarità dell’essere vivente, la rivoluzione biotecnologica, ecc.). Il secondo, più filosofico, presenta al lettore con grande acutezza le difficoltà e i paradossi che nascono quando la scienza tenta di definire concetti sfuggenti come, per esempio, quelli di specie, di organismo o di individuo.
Il lettore scopre così che molte cose che gli sembravano ovvie, tali non sono. E che il mondo vivente è una realtà talmente varia e spesso contraddittoria da sottrarsi enigmaticamente ad ogni tentativo di facile categorizzazione.
Federico Focher
Titolo: Filosofia della biologia
Categoria: Specialistica
Autore/i: Borghini Andrea, Casetta Elena
Editore: Carocci
Pagine: 307
Prezzo: € 19.00