Fossile con sorpresa

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L’analisi radiografica dei resti fossili, insieme alla ricostruzione dell’anatomia interna con avanzati metodi computerizzati, di un antico pesce corazzato ha permesso di individuare un possibile antenato comune a condroitti e osteitti

Era il 1992 quando da un ricco deposito fossilifero situato nei pressi del fiume Sida, in Siberia, venivano estratti i resti di un antico pesce. Una prima analisi tassonomica permetteva di considerare questo antico esemplare come un appartenente alla classe estinta dei Placodermi (pesci dotati di una robusta corazza ossea esterna), mentre le analisi geologiche e stratigrafiche consentivano di collocarlo temporalmente al Devoniano (approssimativamente 415 milioni di anni fa). Tutto considerato, l’esemplare pareva interessante, ma non eccezionale; per questo motivo era rimasto sostanzialmente ignorato fino all’anno appena trascorso, quando l’utilizzo di nuove tecniche di studio ha permesso di stabilire che nascondeva un segreto sorprendente.

 

Nuova tecnologia, nuove scoperte 

Come per i tessuti viventi, anche i resti ossei inclusi in un fossile sono in grado di bloccare i raggi X in modo differente rispetto al materiale litico circostante (che è andato a sostituire i tessuti molli). Ma la necessità di tarare le apparecchiature, e interpretare i dati, in modo differente rispetto a quanto avviene in ambito medico, in passato rendeva imprecise e costose le indagine radiologiche sui fossili. Lo sviluppo di nuovi protocolli e nuovi software per l’interpretazione dei dati (molti dei quali inoltre open source) ha tuttavia di recente aperto una rivoluzione nell’analisi radiologica dei fossili rendendo possibile una accurata ricostruzione virtuale dell’anatomia interna di molte antiche specie.

 

Una seconda faccia nascosta

Forti di questi nuovi metodi di indagine, Sam Giles e Matt Friedman, dell’università di Oxford, e Martin D. Brazeau dell’Imperial College di Londra, hanno sottoposto il fossile del fiume Sida a tomografia computerizzata ad alta risoluzione, comunicando quindi i loro risultati in forma di lettera alla rivista scientifica Nature. Al di sotto dell’armatura esterna, questo antico pesce possedeva una scatola cranica con un’anatomia strettamente simile a quella di un condroitta (pesce cartilagineo, quali gli odierno squali). A causa di questa sua seconda faccia nascosta, i ricercatori hanno quindi deciso di denominare la specie cui apparteneva il fossile Janusiscus schultzei, dove il nome del genere, Janusiscus, deve la sua etimologia al dio romano Giano dalla doppia faccia; mentre il nome della specie rende omaggio al paleontologo che per primo lo estrasse nel 1992.

 

Primitivo a chi?

Sulla base dei nuovi dati portati da Janusiscus, oltre alla misura delle dimensioni di 236 caratteri fisici misurate in 78 differenti taxa, gli autori hanno potuto ricostruire su base statistica un nuovo albero filogenetico dei pesci. Questo nuovo albero stabilisce con alta probabilità che Janusiscus costituisce il sister group tanto dei moderni condroitti quanto degli osteitti, ma senza ricadere in nessuno di questi due gruppi e nemmeno in quello dei placodermi. La sua collocazione tassonomica è ancora quindi tutta da determinare e potrebbe essere costituito un taxon ad hoc per questa specie, che si colloca proprio alla base della linea evolutiva che ha dato origine a tutti gli attuali vertebrati dotati di mascelle, gli gnatostomi. Un’ulteriore conseguenza di questa scoperta è gli antenati comuni a pesci ossei e cartilaginei presentavano tratti anatomici nel complesso molto più simili a quelli dei moderni osteitti che non a quelli dei condroitti, mettendo fortemente in discussione l’idea antropocentrica che fra i due gruppi di pesci, siano razze e squali (quelli evolutivamente più lontani da noi) quelli primitivi.

 

Riferimenti:

Giles S, Friedman M, Brazeau MD. Osteichthyan-like cranial conditions in an Early Devonian stem gnathostome. Nature. 2015 Jan 12. doi: 10.1038/nature14065