Fuori dall’Africa attraverso l’Egitto, la rotta di Homo sapiens
Uno studio basato sui sequenziamenti dei genomi attuali di popolazioni etiopi ed egiziane suggerisce che la dispersione umana fuori dall’Africa avvenne attraverso l’Egitto
Migratori e pionieri sì, ma come? Che la diffusione planetaria di Homo sapiens sia avvenuta a partire dall’Africa è ormai consolidata, ma le modalità della sua conquista dello spazio profondo sono ancora oggetto di studio attraverso l’incrocio di ecologia, climatologia, geologia e genetica.
Tra i 100 mila e i 50 mila anni fa gli uomini anatomicamente moderni si sono diffusi in Eurasia. Finora, le prove fossili, archeologiche e genetiche non hanno permesso però di distinguere con precisione la via di uscita dall’Africa della nostra specie: attraverso l’Egitto e il Sinai (passaggio a nord) oppure dall’Etiopia e dalla Penisola Arabica (passaggio a sud)? La distinzione tra le due vie sembra essere un elemento importante per ricostruire la storia delle popolazioni non-africane. Il passaggio da sud, ritenuto predominante, non sembra coerente con l’incrocio avvenuto tra Homo sapiens e H. neanderthalensis (Pikaia ne ha parlato qui), le cui tracce genetiche sono presenti solo in popolazioni euroasiatiche. Questi dati hanno suggerito di riesplorare l’impatto avuto dal passaggio a nord, visto che fino ad ora non sono state rinvenute tracce fossili di Neanderthal a sud di Iraq, Siria e Israele.
Per distinguere quale rotta sia stata effettivamente percorsa, un’équipe internazionale coordinata dal The Wellcome Sanger Trust Institute ha pensato di ripartire dai genomi delle popolazioni moderne che abitano l’Egitto e il Corno d’Africa. Per meglio individuare il patrimonio genetico africano ancestrale che avrebbe potuto essere coinvolto nella prima migrazione fuori dall’ Africa è stato sequenziato il genoma di un campione casuale di 100 egiziani e 125 persone provenienti da cinque popolazioni etiopi (25 ciascuno da Amhara, Oromo, Somali, Wolayta, e Gumuz). Questi campioni sono stati confrontati anche con quanto emerso dalle indagini condotte per le stesse aree dal consorzio 1000 Genomes Project, una ricerca internazionale che dal 2008 al 2012 ha catalogato gran parte della variabilità genetica umana.
L’ipotesi da verificare era la seguente: se il percorso a nord è stato quello predominante seguito dalle popolazioni che per prime uscirono dall’Africa e se le moderne popolazioni africane sono rappresentative di quelle al momento dell’uscita, gli egiziani dovrebbero essere geneticamente più simili alle moderne popolazioni non africane. Al contrario, se la rotta a sud è stata la principale via di uscita dall’Africa, sono gli etiopi a dover essere più vicini alle popolazioni non africane. Per ridurre al minimo il potenziale disordine costituito da flussi genici di ritorno dall’Eurasia all’Africa durante la prova di questa ipotesi è stato prima identificato e poi mascherato il recente lignaggio non africano nel genoma di etiopi ed egiziani in modo da poter verificare l’impatto dell’introgressione genetica successiva sui dati ricavati.
Dalle analisi condotte, gli egiziani risultano essere la popolazione africana le cui frequenze geniche sono più vicine a quelle delle popolazioni non africane. Tenuto conto degli eventi di introgressione genetica, negli egiziani la componente genomica africana è distinta da quella occidentale e orientale e tale discontinuità sembra essersi stabilita in Egitto a partire dalla migrazione fuori dall’Africa.
La via del nord sembra quindi essere stata la rotta preferenziale di Homo sapiens per la sua diaspora planetaria. Tuttavia, alcuni esperti del settore non sono convinti di questi risultati che potrebbero non tenere in debito conto tutto il mescolamento genetico accaduto in seguito a questa migrazione. Luca Pagani, il primo autore dello studio in questione, ribatte però che le simulazioni del loro studio sono robuste. Il suo team ha, infatti, cercato artificialmente, introducendo un “errore”, di rendere i genomi etiopi più vicini a quelli eurasiatici, ma quelli egiziani emergono ancora come predominati in tale relazione.
La ricerca, pubblicata su American Journal of Human Genetics, fornisce una fonte autorevole di modelli demografici spaziali e contribuisce a dare impulso ad ulteriori analisi tra DNA antico e popolazioni del Vicino Oriente, Papua o Australia rappresentative dell’espansione costiera. Infatti, proprio la raccolta di dati nelle aree costiere sarà cruciale per tessere un quadro plausibile della via del Levante rispetto a quella dell’Eurasia del sud.
Riferimenti
Pagani L., Schiffels S., Gurdasani D., Danecek P., Scally A., Chen Y., Xue Y., Haber M., Ekong R., Oljira T., Mekonnen E., Luiselli D., Bradman N., Bekele E., Zalloua P., Durbin R., Kivisild K., 3Tyler-Smith C. Tracing the route of modern human out of Africa by using 225 human genome sequences from Ethiopians and Egyptians, American Journal of Human Genetics 2015. DOI: 10.1016/j.ajhg.2015.04.019
Crediti immagine: Luca Pagani
Tra i 100 mila e i 50 mila anni fa gli uomini anatomicamente moderni si sono diffusi in Eurasia. Finora, le prove fossili, archeologiche e genetiche non hanno permesso però di distinguere con precisione la via di uscita dall’Africa della nostra specie: attraverso l’Egitto e il Sinai (passaggio a nord) oppure dall’Etiopia e dalla Penisola Arabica (passaggio a sud)? La distinzione tra le due vie sembra essere un elemento importante per ricostruire la storia delle popolazioni non-africane. Il passaggio da sud, ritenuto predominante, non sembra coerente con l’incrocio avvenuto tra Homo sapiens e H. neanderthalensis (Pikaia ne ha parlato qui), le cui tracce genetiche sono presenti solo in popolazioni euroasiatiche. Questi dati hanno suggerito di riesplorare l’impatto avuto dal passaggio a nord, visto che fino ad ora non sono state rinvenute tracce fossili di Neanderthal a sud di Iraq, Siria e Israele.
Per distinguere quale rotta sia stata effettivamente percorsa, un’équipe internazionale coordinata dal The Wellcome Sanger Trust Institute ha pensato di ripartire dai genomi delle popolazioni moderne che abitano l’Egitto e il Corno d’Africa. Per meglio individuare il patrimonio genetico africano ancestrale che avrebbe potuto essere coinvolto nella prima migrazione fuori dall’ Africa è stato sequenziato il genoma di un campione casuale di 100 egiziani e 125 persone provenienti da cinque popolazioni etiopi (25 ciascuno da Amhara, Oromo, Somali, Wolayta, e Gumuz). Questi campioni sono stati confrontati anche con quanto emerso dalle indagini condotte per le stesse aree dal consorzio 1000 Genomes Project, una ricerca internazionale che dal 2008 al 2012 ha catalogato gran parte della variabilità genetica umana.
L’ipotesi da verificare era la seguente: se il percorso a nord è stato quello predominante seguito dalle popolazioni che per prime uscirono dall’Africa e se le moderne popolazioni africane sono rappresentative di quelle al momento dell’uscita, gli egiziani dovrebbero essere geneticamente più simili alle moderne popolazioni non africane. Al contrario, se la rotta a sud è stata la principale via di uscita dall’Africa, sono gli etiopi a dover essere più vicini alle popolazioni non africane. Per ridurre al minimo il potenziale disordine costituito da flussi genici di ritorno dall’Eurasia all’Africa durante la prova di questa ipotesi è stato prima identificato e poi mascherato il recente lignaggio non africano nel genoma di etiopi ed egiziani in modo da poter verificare l’impatto dell’introgressione genetica successiva sui dati ricavati.
Dalle analisi condotte, gli egiziani risultano essere la popolazione africana le cui frequenze geniche sono più vicine a quelle delle popolazioni non africane. Tenuto conto degli eventi di introgressione genetica, negli egiziani la componente genomica africana è distinta da quella occidentale e orientale e tale discontinuità sembra essersi stabilita in Egitto a partire dalla migrazione fuori dall’Africa.
La via del nord sembra quindi essere stata la rotta preferenziale di Homo sapiens per la sua diaspora planetaria. Tuttavia, alcuni esperti del settore non sono convinti di questi risultati che potrebbero non tenere in debito conto tutto il mescolamento genetico accaduto in seguito a questa migrazione. Luca Pagani, il primo autore dello studio in questione, ribatte però che le simulazioni del loro studio sono robuste. Il suo team ha, infatti, cercato artificialmente, introducendo un “errore”, di rendere i genomi etiopi più vicini a quelli eurasiatici, ma quelli egiziani emergono ancora come predominati in tale relazione.
La ricerca, pubblicata su American Journal of Human Genetics, fornisce una fonte autorevole di modelli demografici spaziali e contribuisce a dare impulso ad ulteriori analisi tra DNA antico e popolazioni del Vicino Oriente, Papua o Australia rappresentative dell’espansione costiera. Infatti, proprio la raccolta di dati nelle aree costiere sarà cruciale per tessere un quadro plausibile della via del Levante rispetto a quella dell’Eurasia del sud.
Riferimenti
Pagani L., Schiffels S., Gurdasani D., Danecek P., Scally A., Chen Y., Xue Y., Haber M., Ekong R., Oljira T., Mekonnen E., Luiselli D., Bradman N., Bekele E., Zalloua P., Durbin R., Kivisild K., 3Tyler-Smith C. Tracing the route of modern human out of Africa by using 225 human genome sequences from Ethiopians and Egyptians, American Journal of Human Genetics 2015. DOI: 10.1016/j.ajhg.2015.04.019
Crediti immagine: Luca Pagani