Furbo come un corvo

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La possibilità di capire il livello di intelligenza delle specie non umane dipende dalla capacità dello sperimentatore di porre il problema in una forma comprensibile per la specie oggetto di studio: nuovi studi su corvi

In una delle sue favole Esopo racconta di un corvo assetato che trova una brocca con dell’acqua sul fondo, ma l’acqua ha un livello troppo basso per arrivare a berla. Allora il corvo raccoglie delle piccole pietre e le lascia cadere dentro la brocca per far salire il livello dell’acqua, fino a quando riesce ad arrivare al liquido con il becco e a dissetarsi. È possibile che la storia raccontata nella favola, al di là della morale, sia in parte reale: la sfida posta al suo corvo da Esopo è diventata un paradigma di indagine molto popolare fra chi studia l’intelligenza animale, guadagnandosi, in onore del racconto da cui deriva, il nome di paradigma della favola di Esopo. Si è potuto in effetti constatare che in condizioni sperimentali molti corvidi sono in grado di risolvere il problema così come posto dalla fiaba (Pikaia ne ha parlato qui e qui). Quindi un esemplare selvatico particolarmente dotato potrebbe aver fatto altrettanto, facendosi notare da un essere umano, già nell’antica Grecia.

Stabilito che i corvi hanno una discreta intelligenza, oltre a buone capacità di manipolare l’ambiente a proprio favore, la domanda successiva che i ricercatori si sono posti è stata: come se la cavano questi uccelli se si pone loro un problema un po’ più difficile? In anni recenti varie specie di corvidi sono state sottoposte a una variante del paradigma della favola di Esopo, elaborata per rendere più difficile il loro compito: i corvi dovevano scegliere tra due contenitori in cui gettare le pietre, uno largo e uno stretto, ma contenenti lo stesso livello d’acqua. Gettando le pietre nel contenitore stretto i corvi avrebbero potuto, in teoria, portare l’acqua al livello desiderato più rapidamente e con meno fatica; ma non mostravano nessuna preferenza per uno dei due contenitori.

In una seconda variante degli stessi esperimenti, due larghi contenitori, contrassegnati con colori differenti, contenevano un livello di liquido troppo basso per essere portato a livello utile, anche usando tutte le pietre a disposizione. Uno dei due contenitori era tuttavia collegato, per mezzo di un giunto nascosto alla vista degli uccelli, ad un terzo tubo troppo stretto per inserirvi direttamente le pietre. Gettando i sassolini nel contenitore largo corretto sarebbe possibile innalzare il livello nel contenitore stretto, ma anche in questo caso i corvi gettavano i sassolini più o meno a caso nei due contenitori.

Prove simili a quelle cui sono stati sottoposti i corvi sono state superate brillantemente da dei bambini a partire dai 7 anni d’età. Secondo gli autori delle ricerche si poteva quindi stabilire chiaramente che, per quanto intelligenti, gli uccelli non possedevano un livello cognitivo paragonabile a quello umano, che restava una caratteristica unica della nostra specie in tutto il regno animale.

Queste conclusioni sono però state ora messe in discussione dall’ultimo articolo pubblicato sulla rivista Plos One a cura di C.J. Logan e colleghi, che, nel corso di una collaborazione tra le università di Santa Barbara (Stati Uniti), Auckland (Nuova Zelanda) e St Andrews (Regno Unito), hanno replicato gli esperimenti con il paradigma della favola di Esopo su esemplari di corvo della nuova caledonia (Corvus moneduloides).

Il lavoro dei ricercatori ha dimostrato che bastavano piccole variazioni nell’impostazione dell’esperimento per mettere gli uccelli in grado di risolvere i problemi: nella prova del tubo largo e di quello stretto, per esempio, i corvi iniziavano a scegliere con più frequenza quello stretto quando si limitava il numero di pietre a disposizione degli uccelli, in modo che bastassero per portare a livello l’acqua solo nel tubo stretto. Gli animali passavano tuttavia rapidamente a gettare le pietre più nel tubo largo quando questo aveva un livello d’acqua molto più alto rispetto al tubo stretto, dimostrando di comprendere il meccanismo che produce l’innalzamento dell’acqua, piuttosto che rispondere a un condizionamento positivo.

I corvi hanno reagito meno bene alla prova del tubo nascosto, anche quando i ricercatori aumentavano la distanza fra i due tubi larghi in modo che gli uccelli li potessero meglio distinguere. Solo l’esemplare femmina denominata dai ricercatori Kitty è stata in grado di scegliere sistematicamente il tubo marcato con il colore giusto. Tutti gli esemplari, compresa Kitty, hanno però fallito la prova successiva in cui il tubo di collegamento era reso loro visibile, ma venivano rimossi i colori-indizio dai tubi larghi. Sembra che anche se, come ha dimostrato Kitty, i corvi possono essere in grado di risolvere la prova, non capiscano il meccanismo sotteso e si limitino a ripetere i comportamenti che in precedenza hanno avuto successo. Questo ammettendo che il problema non stia, ancora una volta, nel modo in cui è impostato l’esperimento e che un giorno, con qualche minima modifica, gli uccelli non si rivelino in grado di risolvere alla perfezione anche la prova del tubo nascosto.

Capire l’intelligenza di specie con sistemi nervosi evolutivamente lontani dal nostro è fondamentale per comprendere come quella serie di processi logici e computazionali, che chiamiamo mente, emerga dall’oggetto fisico chiamato cervello. Ma per avere le risposte che ci servono, avendo a che fare con menti non umane, dobbiamo prima imparare a fare le domande giuste.


Riferimenti:
Logan CJ, Jelbert SA, Breen AJ, Gray RD, Taylor AH. Modifications to the Aesop’s Fable Paradigm Change New Caledonian Crow Performances. PLoS One. 2014  Jul 23;9(7):e103049. doi: 10.1371/journal.pone.0103049.