George il redivivo?

800px Lonesome George in profile

Considerata estinta con la morte dell’ultimo esemplare noto, George il solitario, una delle specie endemiche di tartarughe delle isole Galapagos potrà forse tornare in vita grazie agli ibridi individuati su un’isola vicina. Tra gli ibridi sono presenti anche i discendenti di una seconda specie estinta di tartaruga di cui non erano mai stati trovati individui vivi

Su ogni isola dell’arcipelago delle Galapagos esisteva un tempo una specie, o quanto meno, secondo alcuni biologi, una sottospecie, di tartaruga diversificatasi per radiazione adattativa da un antenato comune. Un processo fotocopia di quello che sulle stesse isole ha portato all’evoluzione di differenti specie di fringuelli; quegli stessi fringuelli avevano attirato a loro tempo l’attenzione del giovane Darwin portandolo sulla giusta strada per formulare la sua teoria. Ma alle tartarughe dell’arcipelago è toccato un destino differente, avendo attirato una ben diversa attenzione da parte degli esseri umani: grazie alla loro peculiare biologia questi rettili sono in grado di sopravvivere vari mesi senza nutrimento e con poca acqua dolce, facendone una ideale riserva di carne per una nave in navigazione.

Il costante “prelievo” di esemplari dalle isole, da parte dei navigatori di passaggio, ha presto portato all’estinzione delle specie presenti sulle isole più piccole, sulle quali la popolazione era più scarsa. A questa sorte sono andate incontro le specie (o sottospecie) proprie delle isole Ferdinandina e Floreana, mentre sembrava esserne scampata l’isola di Pinta dove, nel 1971, era stato ritrovato l’ultimo esemplare autoctono diventato famoso col soprannome di George il solitario. Pikaia si era già occupata, con articoli come questo o questo, dei tentativi di far riprodurre George in cattività con femmine di sottospecie considerate più vicine alla sua, ma questi tentativi erano andati incontro a costanti fallimenti. Nel 2012 poi George è stato ritrovato morto. La sua autopsia non ha rivelato particolari problemi di salute, salvo il generale deterioramento del fisico dovuta all’età molto avanzata: si stima che il vecchio maschio avesse superato abbondantemente il secolo d’età.

Con la morte senza eredi di George il tentativo di ripopolare le isole minori con le loro specie originarie sembrava irrimediabilmente naufragato, ma i ricercatori e i volontari che se ne erano occupati non si sono persi d’animo: già nel 2008 e 2012 erano stati individuati nella popolazione della grande isola di Isabella ibridi tra la specie locale e quelle proprie di Pinta (quella cui apparteneva George) e di Floreana (ne avevamo dato conto in questo articolo). La presenza di questi ibridi è ritenuta la conseguenza della stessa attività umana causa dell’estinzione: quando le tartarughe imbarcate si rivelavano troppe rispetto alle effettive necessità, infatti, i marinai si limitavano a gettarle in mare dove, grazie al carapace e al lungo collo proprio della specie, alcune erano in grado di sopravvivere fino ad arrivare sulle coste di una delle isole (ovviamente non necessariamente quella d’origine). La prova di questa teoria è la presenza di ibridi soprattutto nella zona dell’isola di Isabella nota come Banks Bay: un porticciolo naturale ideale per l’attracco di una nave.

In un primo momento i ricercatori speravano di poter individuare ancora in vita qualcuno dei genitori “stranieri” degli ibridi di Isabella, ma l’impresa era sembrata da subito poco fattibile. Nel novembre dell’anno appena trascorso è stato invece messo in atto un diverso genere di intervento. Un’equipe guidata da James P. Gibbs, professore in conservazione dei vertebrati presso la State University di New York, ha prelevato dall’area della Banks Bay i 32 esemplari di tartaruga con la morfologia più simile a quella delle specie-sottospecie proprie di Floreana e Pinta, confrontandoli con i resti imbalsamati di individui delle specie estinte (ne hanno parlato diversi media stranieri: National Geographic, The Telegraph, Discovery News). Il gruppo, trasferito presso lo stesso centro di conservazione dove è stato ospitato per anni George, comprende sia maschi che femmine ed è composto da esemplari con un’età media intorno ai 35 anni, probabilmente molto più propensi a riprodursi dell’anziano maschio morto nel 2012.

Le prossime tappe previste dagli scienziati sono l’analisi genetica degli esemplari catturati e l’eventuale ricerca di altri ibridi presso l’isola di Isabella. Con un programma di incroci mirati, i responsabili del centro di conservazione sperano di poter ottenere nel giro di poche generazioni esemplari con il 95% del genoma tipico delle popolazioni di Pinta e Floreana. Forse un giorno questi esemplari potranno essere rilasciati in libertà sulle isole d’origine. Non sarà la stirpe di George, ma può andarci molto vicino.


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