Grazie all’evoluzione nuove speranze contro l’HIV
Un obiettivo critico per la ricerca di un vaccino anti-HIV è l’identificazione di sostanze dette immunogeni che possano indurre anticorpi in grado di neutralizzare una vasta gamma di virus clinicamente rilevanti. HIV-1 ha infatti evoluto diversi meccanismi per evadere la sorveglianza immunitaria, legati soprattutto all’alto tasso di mutazione. La principale sfida nel creare vaccini che inducano anticorpi è quindi l’identificazione […]
Un obiettivo critico per la ricerca di un vaccino anti-HIV è l’identificazione di sostanze dette immunogeni che possano indurre anticorpi in grado di neutralizzare una vasta gamma di virus clinicamente rilevanti. HIV-1 ha infatti evoluto diversi meccanismi per evadere la sorveglianza immunitaria, legati soprattutto all’alto tasso di mutazione. La principale sfida nel creare vaccini che inducano anticorpi è quindi l’identificazione di epitopi (caratteri) neutralizzanti e conservati che siano allo stesso tempo sufficientemente immunogenici per indurre gli anticorpi ed accessibili sul virus.
Per questa ragione la glicoproteina del capside (guscio) virale è l’unico bersaglio possibile per gli anticorpi neutralizzanti, essendo esposta sulla superficie. Tuttavia le glicoproteine finora utilizzate non sono in grado di produrre anticorpi sufficientemente immunogenici e con potere neutralizzante ad ampio spettro.
E’ proprio a questo punto che l’evoluzione arriva in nostro aiuto.
L’evoluzione molecolare direzionata è infatti un metodo efficace per il miglioramento della funzione di proteine, già testato sia per quanto riguarda l’attività enzimatica sia per le interazioni ligando-recettore. Questo processo include la creazione di ampie librerie di geni che esprimono diverse sequenze proteiche non tipicamente riscontrate in natura e da qui la valutazione di nuove proteine che abbiano le proprietà desiderate. Un esempio della potenzialità di questa tecnica per quanto riguarda la creazione di vaccini è stata la realizzazione di proteine del capside chimeriche per il dengue, che inducono anticorpi neutralizzanti contro tutti i quattro sierotipi noti.
Dall’idea di applicare questa tecnica alla ricerca contro l’HIV, nasce l’articolo pubblicato recentemente su PLoS ONE. Il principio alla base altro non è che l’introduzione di variabilità attraverso il processo di ricombinazione in vitro del DNA di geni omologhi che si trovano in natura. In questo modo è possibile creare le suddette librerie di geni chimerici codificanti per nuove proteine. L’aspetto notevole di questa tecnica è il fatto che permette di combinare sequenze “interessanti” in un unico gene. Successivamente si applica il ben noto principio della selezione artificiale: i ricercatori hanno realizzato perciò un processo di screening in vitro per sotto-selezionare proteine candidate per l’immunizzazione che avessero un potenziamento dell’attività neutralizzante. Successivamente hanno effettuato anche uno screening in vivo. Per questo scopo hanno scelto i conigli, dal momento che questi animali possiedono sequenze di anticorpi più simili a quelle umane rispetto, ad esempio, ai topi.
Così facendo l’attività immunogenica di anticorpi contro l’HIV è stata notevolmente potenziata. L’aspetto più entusiasmante di questa tecnica è che essa sfrutta i già noti processi di selezione artificiale e genetica classica. Così, attraverso ripetuti cicli di ricombinazione e selezione, sarà forse possibile ottenere finalmente un’arma potente contro l’HIV… persino utilizzando i suoi stessi stratagemmi!
Ilaria Panzeri
Riferimenti
Du S. X., Xu L., Zhang W., Tang S., Boenig R. I., Chen H., Mariano E. B., Zwick M. B., Parren P. W. H. I., Burton D. R., Wrin T., Petropoulos C. J., Ballantyne J. A., Chambers M., Whalen R. G. A Directed Molecular Evolution Approach to Improved Immunogenicity of the HIV-1 Envelope Glycoprotein. PLoS ONE, 6: e20927 (2011)
Immagine da Wikimedia Commons