Homo abilis: per la prima volta nella Savana

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Il passaggio dalla foresta alla savana è stato probabilmente uno dei momenti con più conseguenze nella storia evolutiva degli ominidi (ha portato ad esempio alle specializzazioni per la statura completamente eretta e per la corsa in H. erectus), ma nonostante nel tempo si siano formulate solide ipotesi su quando cominciò questa transizione ancora mancavano effettivi riscontri empirici. In particolare non […]

Il passaggio dalla foresta alla savana è stato probabilmente uno dei momenti con più conseguenze nella storia evolutiva degli ominidi (ha portato ad esempio alle specializzazioni per la statura completamente eretta e per la corsa in H. erectus), ma nonostante nel tempo si siano formulate solide ipotesi su quando cominciò questa transizione ancora mancavano effettivi riscontri empirici. In particolare non erano ancora stato possibile ritrovare un paleoambiente risalente al Pliocene indicante la presenza di savana aperta e associato a manufatti litici o resti fossili di ominini, anche se era fuori discussione che proprio in quel periodo, tra 3,5 e 1,5 milioni di anni fa, fosse avvenuta almeno localmente questa “apertura degli spazi”. Un recente studio, svolto da Thomas Plummer del Queens College della City University of New York, Richard Potts dello Smithsonian Institution Museum of Natural History e colleghi, e pubblicato su PlosOne, riempie finalmente questo vuoto.

Questi ricercatori hanno analizzato sia il terreno che i resti fossili della fauna pliocenica presente nel sito kenyano di Kanjera South, risalente a circa 2 milioni di anni fa e incontrovertibilmente associato alla cultura litica olduvaiana (e quindi a H. abilis). Le analisi chimiche difatti non servono solamente a datare un sito, possono anche dirci molto su come si presentasse, e che condizioni di vita vi fossero in quel periodo; se poi aggiungiamo un’analisi del tipo di fauna presente completiamo facilmente il quadro, e nel caso specifico riusciamo a capire in che ambiente vivessero questi nostri antenati. Entrambi questi tipi di analisi hanno, nel caso specifico, restituito evidenze di un ambiente savanico, sia per la composizione chimica del terreno che per la presenza di grossi erbivori che tipicamente abitano in grandi spazi aperti.
 
Gli abilis di Kanjera South, a quanto pare, si cibavano (e la presenza, in alcuni casi, di resti macellati di esemplari giovani fa supporre che talvolta cacciassero) di questi animali, macellando le carni e spaccando le ossa con strumenti ricavati da pietre di alta qualità prelevate anche in siti distanti molti kilometri. A questo quadro, già da tempo consolidato, si può aggiungere ora un nuovo elemento: H. abilis era particolarmente flessibile nella scelta dell’ambiente dove vivere. Comparando gli habitat di Kanjera South, della gola di Olduvai e degli altri luoghi dove questa specie, la prima del genere Homo, è stata ritrovata, infatti, si nota che questi ominidi potevano passare dalla foresta alla savana passando per tutte le gradazioni intermedie. Questa flessibilità è un importante differenza da altri gruppi di ominini come le australopitecine, e ha probabilmente giocato un ruolo notevole nel successo del genere umano.
 
Marco Michelutto
 

Riferimenti:
Plummer TW, Ditchfield PW, Bishop LC, Kingston JD, Ferraro JV, et al. Oldest Evidence of Toolmaking Hominins in a Grassland-Dominated Ecosystem. PLoS ONE, 2009; 4(9)