I batteri intestinali si sono evoluti assieme a noi
Il microbiota del nostro intestino si è co-evoluto con le cellule umane, e nel tempo molti batteri sono diventati dipendenti da questo ambiente
Ci sono diversi modi per provare a rispondere alla domanda “di cosa siamo fatti”? Si potrebbe dire che siamo composti dagli elementi che formano la materia come il carbonio, l’ossigeno e l’azoto. Oppure si potrebbe avere un approccio più generico e dire che siamo fatti di carne, ossa e acqua. Non sarebbe scorretto però dire che siamo fatti anche di microrganismi. Secondo alcune stime infatti sul nostro corpo ci sarebbero più cellule batteriche che umane. Alcuni tra i batteri più studiati che popolano il nostro corpo, vivono nell’intestino dove formano la cosiddetta flora intestinale. Il nostro rapporto con questi microrganismi sarebbe così stretto che secondo una ricerca pubblicata su Science alcuni di essi si sarebbero evoluti e differenziati assieme alle nostre cellule. Per alcune specie batteriche questa co-evoluzione avrebbe portato dei cambiamenti tali da rendere impossibile la vita al di fuori del nostro corpo.
A cosa ci serve il microbiota
Il microbiota intestinale si sviluppa nelle prime fasi della nostra vita e ci accompagna svolgendo alcune funzioni essenziali. Grazie ai batteri infatti riusciamo a digerire alcune sostanze altrimenti indigeribili. Inoltre hanno un ruolo anche nella sintesi della vitamina B e della vitamina K.
A testimoniare l’importanza che questi organismi svolgono per un corretto metabolismo, sono state individuate diverse malattie legate a un malfunzionamento del microbiota intestinale.
Innanzitutto questi batteri che hanno un rapporto di simbiosi con il nostro corpo forniscono una barriera fisica a eventuali microrganismi patogeni che possiamo ingerire. Inoltre sono fondamentali per un corretto sviluppo dell’epitelio intestinale.
Più genericamente il microbiota umano sembra avere un ruolo nella prevenzione di un ampio numero di malattie: dal diabete di tipo 2 alle allergie, all’obesità
e alle infiammazioni.
Paese che vai, microbiota che trovi
Le specie batteriche che popolano il nostro intestino sono simili in individui diversi in tutto il mondo ma alcuni ceppi hanno sviluppato delle specificità locali. Nonostante il ruolo che questi microrganismi hanno sulla salute umana, ben poco si sa come si siano formati questi ceppi così diversi da persona a persona. Non è nemmeno chiarissimo, tra l’altro, da dove arrivino i batteri che colonizzano i neonati anche se sono state fatte diverse ipotesi. Infatti, a partire dalla nascita, l’intestino viene colonizzato da batteri che provengono dalla madre, dalle persone che vengono a contatto con il neonato come il padre, altri parenti e il personale dell’ospedale, il cibo tra cui il latte materno, e dall’ambiente circostante. Inoltre molti batteri vivono solo nel nostro intestino e non sono stati ritrovati nell’ambiente esterno.
Due gruppi di ricerca, uno del Max Planck Institute e uno dell’Università di Tubinga hanno ipotizzato che queste specie vivano con noi fin dalle prime migrazioni dell’uomo fuori dall’Africa. Secondo questa idea quindi poi i batteri si sarebbero evoluti e differenziati simultaneamente con le cellule umane.
Per verificare questa ipotesi hanno analizzato il DNA presente nell’intestino di 1225 persone del Gabon, Vietnam, Germania, Camerun, Sud Corea e Inghilterra.
Questa analisi ha permesso di costruire un albero filogenetico delle cinquantanove diverse specie batteriche individuate. Gli scienziati hanno ottenuto anche un albero filogenetico con il DNA delle persone che hanno partecipato allo studio e hanno utilizzato modelli statistici per capire quanto questi due alberi si somiglino.
L’ambiente intestinale ha plasmato i batteri
I risultati sono stati abbastanza chiari: più del 60% delle specie analizzate condividono la propria storia evolutiva con il proprio ospite umano.
Le specie che più sono evolute assieme a noi sono quelle che sono anche diventate più dipendenti dell’ambiente intestinale.
I batteri possono essere divisi secondo una sorta di “gradiente di dipendenza“. A un estremo ci sono batteri che non si sono evoluti assieme alle nostre cellule e presentano caratteristiche simili a batteri che si trovano anche al di fuori del nostro corpo. Dall’altra parte invece ci sono microrganismi che si sono fortemente differenziati assieme a noi e hanno subito cambiamenti tali da renderli dipendenti all’ambiente intestinale. Questi batteri infatti hanno ridotto le dimensioni del proprio genoma ed è aumentata la loro sensibilità nei confronti dei livelli di ossigeno e della temperatura. Difficilmente riuscirebbero a sopravvivere con queste caratteristiche nell’ambiente esterno.
Per la prima volta è stato osservato quanto forte può essere la dipendenza dall’ospite di alcuni dei batteri presenti nel nostro intestino. Lo studio è un ulteriore passo verso la comprensione della peculiarità locali che i batteri hanno con le popolazioni. Il microbiota può essere un target terapeutico e probabilmente, per essere efficaci, eventuali trattamenti dovranno tenere conto della specificità di popolazione dei batteri intestinali.
Riferimenti: Codiversification of gut microbiota with humans, Taichi A. SuzukiJ. Liam FitzstevensVictor T. SchmidtHagay EnavKelsey E. HuusMirabeau Mbong NgweseAnne
GrießhammerAnne PfleidererBayode R. AdegbiteJeannot F. ZinsouMeral EsenThirumalaisamy P. VelavanAyola A.AdegnikaLe Huu SongTimothy D. SpectorAmanda L. MuehlbauerNina MarchiHyena KangLisa MaierRan BlekhmanLaure
SégurelGwangPyo KoNicholas D. YoungblutPeter KremsnerRuth E. Ley
Science, 377 (6612), DOI: 10.1126/science.abm7759
Immagine: Wikimages via Pixabay
A cosa ci serve il microbiota
Il microbiota intestinale si sviluppa nelle prime fasi della nostra vita e ci accompagna svolgendo alcune funzioni essenziali. Grazie ai batteri infatti riusciamo a digerire alcune sostanze altrimenti indigeribili. Inoltre hanno un ruolo anche nella sintesi della vitamina B e della vitamina K.
A testimoniare l’importanza che questi organismi svolgono per un corretto metabolismo, sono state individuate diverse malattie legate a un malfunzionamento del microbiota intestinale.
Innanzitutto questi batteri che hanno un rapporto di simbiosi con il nostro corpo forniscono una barriera fisica a eventuali microrganismi patogeni che possiamo ingerire. Inoltre sono fondamentali per un corretto sviluppo dell’epitelio intestinale.
Più genericamente il microbiota umano sembra avere un ruolo nella prevenzione di un ampio numero di malattie: dal diabete di tipo 2 alle allergie, all’obesità
e alle infiammazioni.
Paese che vai, microbiota che trovi
Le specie batteriche che popolano il nostro intestino sono simili in individui diversi in tutto il mondo ma alcuni ceppi hanno sviluppato delle specificità locali. Nonostante il ruolo che questi microrganismi hanno sulla salute umana, ben poco si sa come si siano formati questi ceppi così diversi da persona a persona. Non è nemmeno chiarissimo, tra l’altro, da dove arrivino i batteri che colonizzano i neonati anche se sono state fatte diverse ipotesi. Infatti, a partire dalla nascita, l’intestino viene colonizzato da batteri che provengono dalla madre, dalle persone che vengono a contatto con il neonato come il padre, altri parenti e il personale dell’ospedale, il cibo tra cui il latte materno, e dall’ambiente circostante. Inoltre molti batteri vivono solo nel nostro intestino e non sono stati ritrovati nell’ambiente esterno.
Due gruppi di ricerca, uno del Max Planck Institute e uno dell’Università di Tubinga hanno ipotizzato che queste specie vivano con noi fin dalle prime migrazioni dell’uomo fuori dall’Africa. Secondo questa idea quindi poi i batteri si sarebbero evoluti e differenziati simultaneamente con le cellule umane.
Per verificare questa ipotesi hanno analizzato il DNA presente nell’intestino di 1225 persone del Gabon, Vietnam, Germania, Camerun, Sud Corea e Inghilterra.
Questa analisi ha permesso di costruire un albero filogenetico delle cinquantanove diverse specie batteriche individuate. Gli scienziati hanno ottenuto anche un albero filogenetico con il DNA delle persone che hanno partecipato allo studio e hanno utilizzato modelli statistici per capire quanto questi due alberi si somiglino.
L’ambiente intestinale ha plasmato i batteri
I risultati sono stati abbastanza chiari: più del 60% delle specie analizzate condividono la propria storia evolutiva con il proprio ospite umano.
Le specie che più sono evolute assieme a noi sono quelle che sono anche diventate più dipendenti dell’ambiente intestinale.
I batteri possono essere divisi secondo una sorta di “gradiente di dipendenza“. A un estremo ci sono batteri che non si sono evoluti assieme alle nostre cellule e presentano caratteristiche simili a batteri che si trovano anche al di fuori del nostro corpo. Dall’altra parte invece ci sono microrganismi che si sono fortemente differenziati assieme a noi e hanno subito cambiamenti tali da renderli dipendenti all’ambiente intestinale. Questi batteri infatti hanno ridotto le dimensioni del proprio genoma ed è aumentata la loro sensibilità nei confronti dei livelli di ossigeno e della temperatura. Difficilmente riuscirebbero a sopravvivere con queste caratteristiche nell’ambiente esterno.
Per la prima volta è stato osservato quanto forte può essere la dipendenza dall’ospite di alcuni dei batteri presenti nel nostro intestino. Lo studio è un ulteriore passo verso la comprensione della peculiarità locali che i batteri hanno con le popolazioni. Il microbiota può essere un target terapeutico e probabilmente, per essere efficaci, eventuali trattamenti dovranno tenere conto della specificità di popolazione dei batteri intestinali.
Riferimenti: Codiversification of gut microbiota with humans, Taichi A. SuzukiJ. Liam FitzstevensVictor T. SchmidtHagay EnavKelsey E. HuusMirabeau Mbong NgweseAnne
GrießhammerAnne PfleidererBayode R. AdegbiteJeannot F. ZinsouMeral EsenThirumalaisamy P. VelavanAyola A.AdegnikaLe Huu SongTimothy D. SpectorAmanda L. MuehlbauerNina MarchiHyena KangLisa MaierRan BlekhmanLaure
SégurelGwangPyo KoNicholas D. YoungblutPeter KremsnerRuth E. Ley
Science, 377 (6612), DOI: 10.1126/science.abm7759
Immagine: Wikimages via Pixabay
Mi sono laureato in Biotecnologie Industriali, e lavoro per una multinazionale che sviluppa test diagnostici per l’industria agroalimentare. Interessato alla comunicazione scientifica per passione, dopo qualche esperienza con un’associazione di divulgazione mi sono iscritto al Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della Scienza dell’Università di Ferrara.