I denti che riscrivono il viaggio di Homo sapiens

I primi uomini moderni avrebbero raggiunto l’estremo oriente almeno 80.000 anni fa, molto prima di quanto si pensasse finora: una scoperta che potrebbe riscrivere la cronologia del popolamento del pianeta da parte della nostra specie

Sono probabilmente i più vecchi resti di Homo sapiens moderno mai ritrovati al di fuori del continente africano. Già questo renderebbe particolarmente degni di nota i denti ritrovati in una grotta nella Cina meridionale. Ma a questo bisogna aggiungere che la loro datazione indica con chiarezza che Homo sapiens aveva già raggiunto l’Asia Meridionale tra i 30 e i 70.000 anni prima di arrivare nel nord del continente o in Europa. Una scoperta che costringe gli studiosi a ripensare alle ipotesi di migrazione della nostra specie nel tempo.

La grotta di Fuyan si trova nel sud della Cina, nella provincia dell’Hunan. Qui, tra il 2011 e il 2013, Wu Liu dell’Accademia delle Scienze di Pechino e i suoi colleghi hanno ritrovato 47 denti umani, in compagnia dei fossili di altri mammiferi, alcuni dei quali ormai estinti. Gli studi condotti sui denti hanno mostrato che si tratta di reperti risalenti almeno a 80.000 anni fa, ma potrebbero essere addirittura più vecchi, fino a 120.000 anni. Rispetto ai campioni dello stesso periodo, scoperti in altre regioni, questi denti sono più piccoli e hanno numerose somiglianze con i denti dell’uomo moderno, nonché con quelli di popolazioni contemporanee, al punto che gli archeologi li attribuiscono “inequivocabilmente” a H. sapiens.

Tali risultati certificano quindi la presenza dell’uomo moderno in una regione in cui si pensava non fosse arrivato prima di 20.000 anni più tardi, almeno. Si riteneva infatti che la nostra specie, comparsa in Africa orientale tra i 190 e i 160.000 anni fa, fosse migrata nelle regioni del Mediterraneo orientale tra i 100 e i 60.000 anni fa (Pikaia ne ha parlato qui e qui) e che avesse colonizzato le terre a est solo negli ultimi 60.000 anni. Questa teoria era supportata soprattutto dalla totale di assenza di reperti di umani moderni nelle regioni dell’Asia meridionale che fossero più vecchi di 45.000 anni.

Si apre quindi un nuovo possibile scenario, che vede H. sapiens spingersi nel nord dell’Africa in tempi forse ancora più remoti di quanto supposto finora, per spostarsi quindi nelle coste orientali del Mediterraneo e poi puntare decisamente verso est, andando ad abitare le terre settentrionali, Europa e nord della Cina comprese, solo in un tempo molto più recente.

La migrazione nel nord della Cina potrebbe essere stata rallentata dalle aspre condizioni climatiche, che avrebbero fatto da barriera naturale alla diffusione e al mescolamento tra le specie meridionali e quelle settentrionali. La spiegazione di un eventuale ritardo nella diffusione di H. sapiens in Europa, invece, sarebbe diversa e potrebbe essere ricercata nella presenza, nel nostro continente, dell’uomo di Neanderthal. Se, come emerge da questo studio, i nostri antenati hanno effettivamente aspettato almeno 30.000 anni (ma forse anche 70.000) a spingersi nelle regioni europee, non è impensabile che tra le due specie si fosse instaurata una divisione territoriale ben marcata, almeno fino a prima che H. sapiens iniziasse a prendere il sopravvento.

Ancora una volta, quindi, un ritrovamento archeologico porta a ripensare le certezze che crediamo di avere sulle nostre origini. Una scoperta che implica la ridiscussione di tutte le teorie sulla diffusione nel pianeta dei nostri progenitori e, probabilmente, della loro interazione con le altre specie che hanno incontrato in questo nuovo, antico, cammino.

Riferimenti:
The earliest unequivocally modern humans in southern China, Nature, 14 october 2015. DOI: 10.1038/ nature15696

Image credit: Wu Liu et al.