I geni mitonucleari delle piante: tra mitocondrio e nucleo

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Lo annuncia il biologo evolutivo Michael J. Wade, della Indiana University,  dalle pagine di Science. La scoperta e’ per l’appunto sorprendente, in quanto questi organismi sembrerebbero beneficiare poco o nulla di tale trasferimento, visto che sembra mancare il vantaggio piu’ evidente, e cioe’ la ricombinazione sessuale. E allora, perche’ portarsi in un genoma complesso quale quello nucleare, se non c’e’ […]

Lo annuncia il biologo evolutivo Michael J. Wade, della Indiana University,  dalle pagine di Science. La scoperta e’ per l’appunto sorprendente, in quanto questi organismi sembrerebbero beneficiare poco o nulla di tale trasferimento, visto che sembra mancare il vantaggio piu’ evidente, e cioe’ la ricombinazione sessuale. E allora, perche’ portarsi in un genoma complesso quale quello nucleare, se non c’e’ apparentemente alcun vantaggio? Qual e’ il significato evolutivo di questo fenomeno? Secondo l’autore e i suoi collaboratori, i geni mitocondriali che nel corso dell’evoluzione hanno avuto maggiore successo si sono combinati con geni nucleari correlati che ne hanno favorito il trasferimento funzionale, e dato che con le modalita’ riproduttive di queste piante ci sono scarsissime possibilita’ di ricombinazione, con la potenziale possibilita’ di perdita della funzionalita’ (viene anzi  favorito il fenomeno della co-eredita’ di tali combinazioni mitonucleari), questo meccanismo si e’ affermato nel corso dell’evoluzione.

L’autore attende la conferma alle sue speculazioni sull’evoluzione dell’architettura del genoma guidata dalla co-eredita’ delle combinazioni mitonucleari attraverso studi analoghi sui trasferimenti genici tra cloroplasti e nucleo, oppure di geni nucleari fra i vari cromosomi del genoma, nonche’ tra i genomi di ospiti ed endosimbionti.

Paola Nardi