I piccoli gibboni battono le grandi scimmie in velocità evolutiva

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Scoperti degli elementi mobili del DNA dei gibboni che permettono un numero più elevato di riarrangiamneti cromosomici e che avrebbero permesso veloci processi di speciazione

Parla anche italiano uno studio che ha permesso di individuare il probabile meccanismo alla base della rapida evoluzione genomica dei gibboni. Queste piccole scimmie arboricole, che vivono nel sud-Est Asiatico, dal punto di vista evolutivo si collocano subito dopo il punto di divergenza tra le scimmie del Vecchio mondo e le grandi scimmie antropomorfe, rappresentando quindi una prospettiva unica da cui partire per studiare le origini delle caratteristiche degli ominidi. 
L’analisi del genoma di cinque specie diverse di gibbone (Nomascus leucogenys, Hylobates pileatus, Hylobates moloch, Hoolock leuconedys e Symphalangus syndactylus), pubblicata su Nature, che alla ricerca ha dedicato la copertina dell’ultimo numero, è stata svolta principalmente per indagare uno dei tratti distintivi di queste scimmie, ovvero la diversità strutturale dei cromosomi delle diverse specie, superiore a quella che si riscontra fra le grandi scimmie antropomorfe. Le singole specie in esame, oltre a presentare un numero diverso di cromosomi (unità in cui il Dna si organizza all’interno delle cellule), hanno rivelato un numero insolitamente elevato di riarrangiamenti cromosomici. 
A seguito dei risultati conseguiti, gli studiosi, afferenti a diversi gruppi di ricerca, hanno ipotizzato che l’alto tasso di questi riarrangiamenti possa essere dovuto ad una particolare famiglia di elementi mobili di DNA (trasposoni) riscontrata nelle specie di gibboni e non in quelle degli altri primati e denominata LAVA. I trasposoni possono spostarsi da una posizione a un’altra sul Dna e gli studiosi hanno ipotizzato che alcuni elementi LAVA si siano inseriti in geni che controllano la corretta segregazione dei cromosomi durante la divisione cellulare, causando indirettamente l’elevato numero di riarrangiamenti. Questa caratteristica avrebbe contribuito al rapido processo di speciazione cha ha portato alla formazione degli attuali quattro generi esistenti  nel corso di circa 5 milioni di anni (Nomascus, Hylobates, Hoolock e Symphalangus). Gli studiosi hanno inoltre ipotizzato che l’elevato numero di riarrangiamenti possa essersi fissato in un periodo geologicamente così breve anche a causa dell’insorgenza di barriere di isolamento geografico, poi divenute barriere riproduttive, venutesi a creare nel periodo in questione (qui una mappa sulla loro distribuzione).
Attualmente, infatti, i quattro genere di gibboni occupano diverse regioni del sud-est asiatico e le stime calcolate durante questo studio datano il lignaggio tra le quattro specie in questione in corrispondenza della transizione Miocene-Pliocene, quando grandi cambiamenti nella distribuzione delle foreste tropicali e subtropicali sono stati causati dal sollevamento del plateau di Yunnan e dall’aumento del livello del mare e dalla sua successiva fluttuazione a partire da inizio Pliocene. 
NelI’insieme, i ricercatori ritengono che questi risultati possano permettere di aumentare la nostra conoscenza riguardo alle caratteristiche uniche di queste piccole scimmie, evidenziandone la complessa storia evolutiva e fornendo nuove informazioni sui meccanismi di evoluzione cromosomica.
Ilaria Pietrini
Riferimenti:
Lucia Carbone et al. Gibbon genome and the fast karyotype evolution of small apes. Nature, 2014; 513 (7517): 195 DOI: 10.1038/nature13679