I pipistrelli modulano i loro ultrasuoni in risposta ad un overlap acustico

800px Pipistrellus kuhlii adult

I pipistrelli possono alterare il volume, la durata e la ripetizione dei loro segnali sonori, in risposta ad una forte sovrapposizione di ultrasuoni con i loro conspecifici

Specie animali che vivono in ambienti con scarsa visibilità, o che semplicemente sono adattate ad una vita notturna, possono sviluppare, alle volte, particolari strategie di orientamento e di caccia, quali, ad esempio, l’elettrocezione nei pesci e l’ecolocalizzazione. Quest’ultima è una sorta di comunicazione acustica, che prevede l’emissione di segnali e la ricezione di echi da parte dell’animale, al fine di creare una mappa dell’ambiente circostante. Le forme più semplici di ecolocalizzazione si ritrovano in alcuni mammiferi insettivori notturni, mentre quelle più complesse nei cetacei e pipistrelli. In particolare, i microchirotteri (sottordine Microchiroptera) emettono gli ultrasuoni dalla laringe, che fuoriescono dalla bocca o dalle narici, e ricevono gli echi di ritorno da un corpo o da una superficie, attraverso l’orecchio esterno. Uno dei vantaggi dell’ecolocalizzazione è la modulazione della quantità di informazioni che arrivano all’animale, grazie alla semplice regolazione del segnale emesso. Tuttavia, questa strategia comporta anche la rilevazione del pipistrello da parte delle prede che riescono a percepire gli ultrasuoni, degli elevati costi energetici e un forte disturbo acustico, dovuto alla presenza di eventuali conspecifici nelle vicinanze.

Quest’ultimo problema può avere delle ripercussioni sull’efficacia della caccia, perché gli echi del pipistrello potrebbero venir mascherati da altri segnali, che dunque rendono problematica la localizzazione della preda. Tuttavia, quando l’ambiente si fa troppo affollato, i microchirotteri tendono a modificare e personalizzare le proprie vocalizzazioni, proprio per ridurre al minimo la sovrapposizione dei loro ultrasuoni (risposta di contenimento del disturbo di trasmissione, Jamming Avoidance Response, JAR). È finora noto che questi modulino principalmente la frequenza delle emissioni sonore, ma gli studi al riguardo hanno solitamente analizzato gli effetti di questo cocktail di ultrasuoni in situazioni con un basso numero di conspecifici, costretti a foraggiare in un ambiente ristretto.

Uno studio, pubblicato su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, ha invece testato le reazioni di quattro femmine adulte di pipistrello albolimbato (Pipistrellus kuhlii KUHL, 1817) alla stimolazione con playback, di un elevato numero di segnali, appartenenti sia ai loro conspecifici, che agli individui presi in esame, mentre cacciavano in spazi chiusi, con e senza ostacoli. Questa condizione si avvicina di più a quella a cui sono abituati in natura, dato che, in generale, i microchirotteri foraggiano quasi sempre in gruppi numerosi. Infatti, P. kuhlii, nativo dell’area mediterranea, Asia meridionale e Medio Oriente, si muove tipicamente in gruppi di cinque o più individui. Ciò che è emerso dai risultati ha sorpreso gli autori, perché, diversamente dalle  previsioni effettuate, hanno osservato una variazione della durata, intensità e ripetizione, anziché della frequenza, del segnale sonoro. Il vantaggio, ad esempio, di produrre un ultrasuono più lungo risiede nell’avere una migliore performance di caccia, poiché, captando meglio questi echi più lunghi, l’animale può rilevare più facilmente la posizione delle sue prede. Quindi, la simulata convivenza con altri pipistrelli non ha alterato le capacità di orientamento e movimento delle femmine. Quindi, grazie a questo studio, abbiamo una visione più approfondita dell’ecolocalizzazione dei pipistrelli e una conoscenza, forse, più realistica su come questi animali riescano ad adattarsi alle problematiche a cui devono far fronte in natura.


Riferimenti:
Amichai E., Blumrosen G. et Yovel Y. (2015). Calling louder and longer: how bats use biosonar under severe acoustic interference from other bats. Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, DOI: 10.1098/rspb.2015.2064

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