I polifosfati organici galleggiano sull’acqua
Una nuova, ma vecchissima teoria, ‘sconvolge’ la paleontologia dei dinosauri. Solo una bufala…
Ci voleva questa ventata di aria nuova e fresca, questo liberatorio aprire le finestre per fare uscire lo stantio, il vecchio, la troppa condensa ed il frittume di chi per troppo tempo è rimasto chiuso ed ottuso in sé e nella propria miopia! Viva la primavera!
Un’aria nuova, un vento d’Aprile, spira dentro le muffite stanze della scienza dinosaurologica. Un vento che sa di rinnovamento e freschezza, un cambio deciso che dal nord porta pungente acume e ossigeno libero. Un vento che ci porta una nuova teoria. Anzi, no, una nuova idea. Anzi, no, una nuova congettura. Anzi, no. Solo una vecchia iconografia. Vecchia e defunta.
Il post di oggi parla di una notizia che in sé non sarebbe una notizia, che in un mondo ideale non verrebbe nemmeno diffusa come barzelletta.
Un cialtrone il cui curriculum è superato in inconstistenza solamente dalla pochezza di prove a sostegno di ciò che vado a descrivere è salito in queste ore nel clamore pandemico ed effimero che caratterizza Internet, dopo che un mediocre giornalista lo ha intervistato in qualità di esponente di una fantomatica nuova controversa teoria che rivoluzionerebbe l’intera nostra concezione dei dinosauri. Notare le iperboli. Tralascio il nome del cialtrone, non ho interesse a fargli pubblicità più del dovuto, basti come nota che egli non è un paleontologo, non ha alcuna formazione accademica nel campo, e pare si sia occupato di autocombustione umana e forse biologia cellulare. Insomma, un po’ Giacobbo di Voyager e un po’ agente speciale del FBI. Il nostro novello Galileo (così è stato – veramente – irrispettosamente evocato uno dei padri della scienza moderna), solo ed eroico paladino di un nuovo paradigma che in futuro sarà ortodossia (ma quando mai?) contro la muffita lobby dei paleontologi, forte di una base empirica formidabile (ovvero, il fatto che al suo cervello qualcosa dei dinosauri non quadri) è salito nell’agone delle discussioni paleontologiche per aver proposto che i dinosauri fossero troppo massicci per vivere sulla terraferma, e che quindi fossero completamente acquatici.
I dinosauri acquatici. Quelli dipinti da Burian quando l’Asse Roma-Berlino era padrone dell’Europa (più Berlino che Roma, ad esser sinceri). I dinosauri colossali ed enormi, con code pesanti 20 tonnellate (così dichiara il nostro eroe, senza uno straccio di evidenze), che quindi potrebbero muoversi solo grazie alla spinta idrostatica, grazie al principio di Archimede (questo post abbonda di illustri italiani). Attenzione! Il nostro eroe va oltre la vecchia iconografia, e sostiene che TUTTI i grandi dinosauri, compresi theropodi come Tyrannosaurus e Spinosaurus, fossero esclusivamente acquatici! I dinosauri acquatici, come se quaranta anni di rivalutazione critica della loro morfologia appendicolare, il riconoscimento che arti colonnari, dei piedi stretti e non divaricati, delle gabbie toraciche strette ben diverse dalle ampie gabbie degli animali acquatici, dell’impossibilità fisica per il polmone di un animale a collo lungo di pompare l’aria vincendo la pressione dell’acqua sul torace, delle piste fossili formatesi esclusivamente seccando all’asciutto, e della abbondanza di scheletri in formazioni che all’origine erano ambienti aridi o semiaridi, se tutto ciò non fosse più che sufficiente per abbandonare una vecchia iconografia, essa stessa più figlia dei paleoartisti che dei paleontologi. No, ci saremmo sbagliati tutti, ottusi ideologicizzati dal dinosauro terricolo, nonostante la sua assurdità. Forse. Ovviamente, la lista che ho appena mostrato avrebbe un valore se il nostro fantomatico Nuovo Owen fondatore della Nuova Dinosauria acquatica avesse mai letto qualcosa di ciò che ho citato. Nel sito e nella intervista nelle quali il cialtrone “espone” la sua novella ipotesi vintage non è portata alcuna evidenza se non il fatto che, incredibile dictu, il nostro Newton della paleontologia trovi lo spessore delle impronte fossili troppo basso e sottile per essere stato lasciato da animali con code di 20 tonnellate. (Beh, certo, un dinosauro camminando produrrebbe dei crateri!) Forse perché tali animali non pesavano così tanto come Mister Autocombustione dice. Forse perché una coda di 20 tonnellate non è mai esistita. Forse perché un animale terrestre che cammina su un terreno fangoso evita di avventurarsi dove lo spessore del fango potrebbe impantanarlo pericolosamente, e quindi cammina solo dove il fango è spesso pochi centimentri. Forse perché le impronte che rinveniamo sovente non sono l’orma diretta lasciata dal piede, ma la traccia impressa dal sedimento a sua volta compresso dal piede su un sedimento sottostante. Forse perché, semplicemente, l’impossibilità di capire è un limite soggettivo del nostro neofita con la passione per le code obese, e non un vicolo cieco concettuale nel quale, a sentir lui, la disciplina paleontologica si sarebbe impantanata.
Va bene, noterete che oltre alla polemica l’ho buttata sull’ironia, sulla dissacrazione. Ma come altro reagire? Argomentando pacatamente ciò che conosciamo bene da mezzo secolo? Ripetendo ciò che è ovvio a chiunque abbia un minimo di formazione nella materia? L’ironia è il solo modo per non farmi abbattare dal significato nascosto dietro la buffonata di un’ipotesi così cialtrona.
Ciò che rende la mia invettiva così aspra e tagliente è una doppia constatazione.
Oggi, il valore di una notizia è spesso spogliato dal suo valore “reale” come evento. I giornalisti scientifici non puntano alla divulgazione del sapere, ma allo scoop. E lo scoop scientifico, nel mondo avido di emozioni in cui viviamo, è possibile solo tramite una rivoluzione, anche solo concettuale, uno strepitio di spade e scudi tra una fazione di ribelli iconoclasti (per i quali è facile fare il tifo) e le ottuse elefantiasi dell’Impero (in questo caso, gli zotici paleontologi che nella torre d’avorio credono ai dinosauri che camminano nell’asciutto). Il mare di fango del nostro zombie pseudo-scienziato riemerso dal 1950, senza una laurea (la laurea non rende dei geni, ma sicuramente è qualcosa che attesta un qualche grado di esperienza nel settore, a sua volta prerequisito per dire qualcosa di decente scientificamente), la sua foto farlocca in cui maneggia dei brutti modellini di dinosauro come Newton con la mela del mito, essi sono più che sufficienti ad un mediocre cronista incapace di separare scienza da favola per imbastire lo scoop. La verità, ovvero che non esiste alcuna controversia e che tutto il mondo della paleontologia sostiene i dinosauri pienamente terrestri, è irrilevante. Un albero che cade in acqua fa più rumore della foresta che cresce all’asciutto, ed un singolo eretico senza motivo per motivare l’eresia fa più audiance di migliaia di silenziosi ricercatori che costruiscono il nostro sapere.
Infine, il secondo, e più amaro, motivo. La paleontologia è evidentemente una scienza verginale e indifesa, se basta il primo fesso ubriaco a deflorarla. La paleontologia, sopratutto quella dinosaurologica, è ancora purtroppo una scienza di serie B, una disciplina etichettata come infantile, e pertanto facile e immediata come un gioco per bambini. Se questo pregiudizio infanga la tua capacità critica, ti sarà facile ergerti a persona meritevole di essere ascoltata in paleontologia nonostante l’assenza totale di un curriculum paleontologico alle tue spalle. Tu sbagli a farlo, ma non lo sai, perché sei cresciuto con l’idea che la paleontologia sia una mezza minchiata che chiunque può maneggiare. Nessuno sano di mente oserebbe fare lo stesso con la fisica, la genetica o la biochimica. Diamine: quelle sono cose serie, che si imparano con decenni di studio! Vi immaginate le risa e il bombardamento di ortaggi se io osassi dichiarare in un’intervista che il codice genetico è trasmesso dalle proteine invece che dal DNA (come si riteneva al tempo in cui Burian dipingeva brachiosauri sommersi)? Vi immaginate con quanta veemenza verrei sepolto da motivati insulti verso l’arroganza con la quale ho negato 60 anni di scienza mondiale e riesumato un cadavere di ipotesi falsificata da migliaia di esperimenti e osservazioni? Eppure, in paleontologia è plausibile che un cialtrone possa fare ciò che altrove non è nemmeno tabù, ma puro nonsenso.
Se il cialtrone è solo un avventuriero in cerca di notorietà a tutti i costi (ed io ho evitato di menzionarlo direttamente per non dargli alcunché), la vera costernazione sta per il giornalista. Un buon giornalismo scientifico è il primo tassello della necessaria osmosi tra comunità scientifica e resto della popolazione, la quale fornisce i fondi alla ricerca e acquisce i progressi conoscitivi e tecnologici. Un pessimo giornalismo inceppa il salutare scambio di informazione, conoscenza e rispetto reciproco. Il meccanismo inceppato può quindi girare a vuoto, freneticamente, spinto dal mero sensazionalismo, oppure bloccarsi, incastrarsi per colpa di schegge vaganti, o perché il pubblico, stanco di fuochi di paglia e diatribe sui genitali degli angeli, lo rifiuta e lo ritiene superfluo.
Da Theropoda, il blog di Andrea Cau
Immagine:
Opera di Burian della metà del XX secolo, quando tale interpretazione era ritenuta plausibile. Oggi, no, nessun paleontologo considera lontanamente plausibile che Brachiosaurus vivesse sommerso.
Un’aria nuova, un vento d’Aprile, spira dentro le muffite stanze della scienza dinosaurologica. Un vento che sa di rinnovamento e freschezza, un cambio deciso che dal nord porta pungente acume e ossigeno libero. Un vento che ci porta una nuova teoria. Anzi, no, una nuova idea. Anzi, no, una nuova congettura. Anzi, no. Solo una vecchia iconografia. Vecchia e defunta.
Il post di oggi parla di una notizia che in sé non sarebbe una notizia, che in un mondo ideale non verrebbe nemmeno diffusa come barzelletta.
Un cialtrone il cui curriculum è superato in inconstistenza solamente dalla pochezza di prove a sostegno di ciò che vado a descrivere è salito in queste ore nel clamore pandemico ed effimero che caratterizza Internet, dopo che un mediocre giornalista lo ha intervistato in qualità di esponente di una fantomatica nuova controversa teoria che rivoluzionerebbe l’intera nostra concezione dei dinosauri. Notare le iperboli. Tralascio il nome del cialtrone, non ho interesse a fargli pubblicità più del dovuto, basti come nota che egli non è un paleontologo, non ha alcuna formazione accademica nel campo, e pare si sia occupato di autocombustione umana e forse biologia cellulare. Insomma, un po’ Giacobbo di Voyager e un po’ agente speciale del FBI. Il nostro novello Galileo (così è stato – veramente – irrispettosamente evocato uno dei padri della scienza moderna), solo ed eroico paladino di un nuovo paradigma che in futuro sarà ortodossia (ma quando mai?) contro la muffita lobby dei paleontologi, forte di una base empirica formidabile (ovvero, il fatto che al suo cervello qualcosa dei dinosauri non quadri) è salito nell’agone delle discussioni paleontologiche per aver proposto che i dinosauri fossero troppo massicci per vivere sulla terraferma, e che quindi fossero completamente acquatici.
I dinosauri acquatici. Quelli dipinti da Burian quando l’Asse Roma-Berlino era padrone dell’Europa (più Berlino che Roma, ad esser sinceri). I dinosauri colossali ed enormi, con code pesanti 20 tonnellate (così dichiara il nostro eroe, senza uno straccio di evidenze), che quindi potrebbero muoversi solo grazie alla spinta idrostatica, grazie al principio di Archimede (questo post abbonda di illustri italiani). Attenzione! Il nostro eroe va oltre la vecchia iconografia, e sostiene che TUTTI i grandi dinosauri, compresi theropodi come Tyrannosaurus e Spinosaurus, fossero esclusivamente acquatici! I dinosauri acquatici, come se quaranta anni di rivalutazione critica della loro morfologia appendicolare, il riconoscimento che arti colonnari, dei piedi stretti e non divaricati, delle gabbie toraciche strette ben diverse dalle ampie gabbie degli animali acquatici, dell’impossibilità fisica per il polmone di un animale a collo lungo di pompare l’aria vincendo la pressione dell’acqua sul torace, delle piste fossili formatesi esclusivamente seccando all’asciutto, e della abbondanza di scheletri in formazioni che all’origine erano ambienti aridi o semiaridi, se tutto ciò non fosse più che sufficiente per abbandonare una vecchia iconografia, essa stessa più figlia dei paleoartisti che dei paleontologi. No, ci saremmo sbagliati tutti, ottusi ideologicizzati dal dinosauro terricolo, nonostante la sua assurdità. Forse. Ovviamente, la lista che ho appena mostrato avrebbe un valore se il nostro fantomatico Nuovo Owen fondatore della Nuova Dinosauria acquatica avesse mai letto qualcosa di ciò che ho citato. Nel sito e nella intervista nelle quali il cialtrone “espone” la sua novella ipotesi vintage non è portata alcuna evidenza se non il fatto che, incredibile dictu, il nostro Newton della paleontologia trovi lo spessore delle impronte fossili troppo basso e sottile per essere stato lasciato da animali con code di 20 tonnellate. (Beh, certo, un dinosauro camminando produrrebbe dei crateri!) Forse perché tali animali non pesavano così tanto come Mister Autocombustione dice. Forse perché una coda di 20 tonnellate non è mai esistita. Forse perché un animale terrestre che cammina su un terreno fangoso evita di avventurarsi dove lo spessore del fango potrebbe impantanarlo pericolosamente, e quindi cammina solo dove il fango è spesso pochi centimentri. Forse perché le impronte che rinveniamo sovente non sono l’orma diretta lasciata dal piede, ma la traccia impressa dal sedimento a sua volta compresso dal piede su un sedimento sottostante. Forse perché, semplicemente, l’impossibilità di capire è un limite soggettivo del nostro neofita con la passione per le code obese, e non un vicolo cieco concettuale nel quale, a sentir lui, la disciplina paleontologica si sarebbe impantanata.
Va bene, noterete che oltre alla polemica l’ho buttata sull’ironia, sulla dissacrazione. Ma come altro reagire? Argomentando pacatamente ciò che conosciamo bene da mezzo secolo? Ripetendo ciò che è ovvio a chiunque abbia un minimo di formazione nella materia? L’ironia è il solo modo per non farmi abbattare dal significato nascosto dietro la buffonata di un’ipotesi così cialtrona.
Ciò che rende la mia invettiva così aspra e tagliente è una doppia constatazione.
Oggi, il valore di una notizia è spesso spogliato dal suo valore “reale” come evento. I giornalisti scientifici non puntano alla divulgazione del sapere, ma allo scoop. E lo scoop scientifico, nel mondo avido di emozioni in cui viviamo, è possibile solo tramite una rivoluzione, anche solo concettuale, uno strepitio di spade e scudi tra una fazione di ribelli iconoclasti (per i quali è facile fare il tifo) e le ottuse elefantiasi dell’Impero (in questo caso, gli zotici paleontologi che nella torre d’avorio credono ai dinosauri che camminano nell’asciutto). Il mare di fango del nostro zombie pseudo-scienziato riemerso dal 1950, senza una laurea (la laurea non rende dei geni, ma sicuramente è qualcosa che attesta un qualche grado di esperienza nel settore, a sua volta prerequisito per dire qualcosa di decente scientificamente), la sua foto farlocca in cui maneggia dei brutti modellini di dinosauro come Newton con la mela del mito, essi sono più che sufficienti ad un mediocre cronista incapace di separare scienza da favola per imbastire lo scoop. La verità, ovvero che non esiste alcuna controversia e che tutto il mondo della paleontologia sostiene i dinosauri pienamente terrestri, è irrilevante. Un albero che cade in acqua fa più rumore della foresta che cresce all’asciutto, ed un singolo eretico senza motivo per motivare l’eresia fa più audiance di migliaia di silenziosi ricercatori che costruiscono il nostro sapere.
Infine, il secondo, e più amaro, motivo. La paleontologia è evidentemente una scienza verginale e indifesa, se basta il primo fesso ubriaco a deflorarla. La paleontologia, sopratutto quella dinosaurologica, è ancora purtroppo una scienza di serie B, una disciplina etichettata come infantile, e pertanto facile e immediata come un gioco per bambini. Se questo pregiudizio infanga la tua capacità critica, ti sarà facile ergerti a persona meritevole di essere ascoltata in paleontologia nonostante l’assenza totale di un curriculum paleontologico alle tue spalle. Tu sbagli a farlo, ma non lo sai, perché sei cresciuto con l’idea che la paleontologia sia una mezza minchiata che chiunque può maneggiare. Nessuno sano di mente oserebbe fare lo stesso con la fisica, la genetica o la biochimica. Diamine: quelle sono cose serie, che si imparano con decenni di studio! Vi immaginate le risa e il bombardamento di ortaggi se io osassi dichiarare in un’intervista che il codice genetico è trasmesso dalle proteine invece che dal DNA (come si riteneva al tempo in cui Burian dipingeva brachiosauri sommersi)? Vi immaginate con quanta veemenza verrei sepolto da motivati insulti verso l’arroganza con la quale ho negato 60 anni di scienza mondiale e riesumato un cadavere di ipotesi falsificata da migliaia di esperimenti e osservazioni? Eppure, in paleontologia è plausibile che un cialtrone possa fare ciò che altrove non è nemmeno tabù, ma puro nonsenso.
Se il cialtrone è solo un avventuriero in cerca di notorietà a tutti i costi (ed io ho evitato di menzionarlo direttamente per non dargli alcunché), la vera costernazione sta per il giornalista. Un buon giornalismo scientifico è il primo tassello della necessaria osmosi tra comunità scientifica e resto della popolazione, la quale fornisce i fondi alla ricerca e acquisce i progressi conoscitivi e tecnologici. Un pessimo giornalismo inceppa il salutare scambio di informazione, conoscenza e rispetto reciproco. Il meccanismo inceppato può quindi girare a vuoto, freneticamente, spinto dal mero sensazionalismo, oppure bloccarsi, incastrarsi per colpa di schegge vaganti, o perché il pubblico, stanco di fuochi di paglia e diatribe sui genitali degli angeli, lo rifiuta e lo ritiene superfluo.
Da Theropoda, il blog di Andrea Cau
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