Il cancro e la biologia evolutiva

La ricerca, recentemente pubblicata su Nature Genetics, reca la firma di Carlo Maley, studioso di oncogenesi cellulare e molecolare presso il Wistar Institute di Philadelphia, e di numerosi altri ricercatori del prestigioso Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e della University of Washington. Maley e’ convinto che l’approccio evolutivo nello studio dell’oncogenesi sia fondamentale per determinare la probabilita’ che

La ricerca, recentemente pubblicata su Nature Genetics, reca la firma di Carlo Maley, studioso di oncogenesi cellulare e molecolare presso il Wistar Institute di Philadelphia, e di numerosi altri ricercatori del prestigioso Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle e della University of Washington. Maley e’ convinto che l’approccio evolutivo nello studio dell’oncogenesi sia fondamentale per determinare la probabilita’ che un tessuto precanceroso (o tumorale) si trasformi in cancro vero e proprio. Come e’ noto, spesso la condizione precancerosa di un tessuto viene conservata per tutta la vita dell’organismo, senza che questa evolva in cancro: alcuni studiosi hanno paragonato la progressione di un tumore alla stasi macroevolutiva invocata nella teoria degli equilibri punteggiati di Gould e Eldredge. Nonostante la gran parte dei tumori abbia un’origine monoclonale, cioe’ da una sola cellula, durante la storia naturale di questi insorge una certa eterogeneita’ cellulare, sulla quale puo’ agire la selezione: con la proliferazione di genotipi dominanti si riscontra la progressione del fenomeno oncogenetico.

Per dimostrare la validita’ di tale approccio, i ricercatori hanno esaminato per piu’ di quattro anni i dati genetici provenienti da 268 pazienti affetti dal cosiddetto “esofago di Barrett”: questi presentano una modificazione delle cellule della giunzione gastroesofagea, dovuta all’azione dei succhi gastrici che risalgono a causa di un reflusso. Coloro che soffrono di questa patologia non vengono trattati, ma costantemente monitorati dai medici (mediante endoscopie e biopsie), dato che solo in meno del dieci per cento dei casi essa si trasforma in adenocarcinoma esofageo, un cancro vero e proprio. Durante il periodo di studio e’ stato raccolto un database che contiene piu’ di 30000 diversi genotipi appartenenti alle cellule dei tessuti precancerosi: questo database e’ stato trattato con varie tecniche computazionali, allo scopo di misurare la diversita’ genetica all’interno delle cellule tumorali. I risultati hanno fornito una straordinaria correlazione tra diversita’ genetica dei tessuti tumorali e probabilita’ di progressione verso lo stato canceroso vero e proprio: in particolare, per ogni diverso genotipo di cellule che si va ad aggiungere in un tessuto tumorale, raddoppia la probabilita’ che lo stesso si trasformi in tessuto canceroso. Come per qualsiasi organismo vivente, la capacita’ di generare un alto numero di mutanti fornisce materiale per la selezione naturale, che guida l’adattamento e il sopravvento delle cellule cancerose sull’organismo ospite.

L’analisi della diversita’ genetica delle cellule precancerose potrebbe essere un utile marcatore clinico per determinare il rischio di ammalarsi di un certo tipo di cancro e potrebbe inoltre indirizzare la ricerca farmacologica verso molecole piu’ efficaci: secondo Maley, infatti, il fallimento di determinate terapie mediche puo’ essere determinato dal fatto che solo alcuni genotipi vengono distrutti dai farmaci, mentre altri, poiche’ diversi geneticamente, avranno una certa probabilita’ di resistere al trattamento. Il gruppo sta proseguendo nella ricerca, con l’obiettivo di confermare questi risultati su diversi tipi di cancro. Paola Nardi