Il censimento delle specie

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Le stime della diversità non microbica sulla Terra variano al momento tra 2 milioni e 50 milioni di specie: non si può dire che sia una stima precisa. Ma dov’è il problema? Perché non riusciamo a contare le specie che ci circondano? Un interessante articolo pubblicato su Trends in Ecology and Evolution cerca di fare il punto su questa tematica, […]


Le stime della diversità non microbica sulla Terra variano al momento tra 2 milioni e 50 milioni di specie: non si può dire che sia una stima precisa. Ma dov’è il problema? Perché non riusciamo a contare le specie che ci circondano? Un interessante articolo pubblicato su Trends in Ecology and Evolution cerca di fare il punto su questa tematica, partendo con il riassumere le stime più recenti per i diversi taxa, i metodi usati per ottenerle e le sfide più complicate da affrontare per migliorarle.

Una delle considerazioni più frustranti per un tassonomista, è il sapere per certo che molte delle specie attualmente “mancanti”, cioè non ancora descritte, molto probabilmente si estingueranno prima di venire scoperte e identificate. Questo comporta una costante sottostima della biodiversità realmente esistente, soprattutto in quegli ambienti che sono più in pericolo di distruzione a causa delle attività umane.

Si tratta di una corsa contro il tempo, in cui una delle sfide più importanti è capire quante specie ancora manchino all’appello e in quali ambienti queste si trovino. L’articolo passa in rassegna le diverse strategie con cui si cerca di estrapolare questi dati dal numero di specie conosciute e dalla loro distribuzione, sottolineando come questi metodi abbiano portato, nel tempo, a stime decisamente molto diverse fra loro. L’articolo si sofferma anche a riflettere sul “che cosa” si stia realmente cercando, è possibile che le specie mancanti non si trovino perché non sono abbastanza “diverse” da quelle che già conosciamo?

A gettare una luce di speranza, su questo panorama di tecniche poco affidabili e stime troppo variabili, è arrivata negli ultimi tempi la tecnica del DNA barcoding, che gli autori vedono come un importante fattore di accelerazione nella catalogazione di nuove specie. Secondo gli autori, inoltre, un importante aiuto potrebbe arrivare persino dalle fonti più improbabili, come ad esempio l’applicazione per smartphone iNaturalist. Queste tecniche nuove, quindi, più o meno convenzionali, sono tutte impegnate in un unico scopo: comprendere meglio il mondo che ci circonda, per sforzarci di preservarlo il più possibile intatto, prima che sia troppo tardi.

Silvia Demergazzi


Riferimenti:
B. R. Sheffers, L. N. Joppa, S. L. Pimm, W. F. Laurance. What we know and don’t know about Earth’s missing biodiversity. Trends in Ecology and Evolution 2012; 27(9):501-510

Immagine da Wikimedia Commons