Il comportamento antico del callorino dell’Alaska
Lo studio, recentemente pubblicato su PNAS, ricostruisce la biogeografia e l’etologia di Callorhinus ursinus, detto anche otaria orsina o callorino dell’Alaska, un otaride che oggi si riproduce quasi esclusivamente sulle isole Pribilof, nel mare di Bering. Gia’ negli anni ’90 l’antropologa e archeologa Diane Gifford-Gonzalez e il geologo Paul Koch avevano cercato di razionalizzare alcune evidenze che mostravano l’abbondanza di […]
Lo studio, recentemente pubblicato su PNAS, ricostruisce la biogeografia e l’etologia di Callorhinus ursinus, detto anche otaria orsina o callorino dell’Alaska, un otaride che oggi si riproduce quasi esclusivamente sulle isole Pribilof, nel mare di Bering. Gia’ negli anni ’90 l’antropologa e archeologa Diane Gifford-Gonzalez e il geologo Paul Koch avevano cercato di razionalizzare alcune evidenze che mostravano l’abbondanza di ossa del callorino in strati antichi della California settentrionale e centrale. Il loro interesse si e’ poi trasformato in una serie di collaborazioni con esperti in molti altri campi, culminate poi nelle conoscenze illustrate nell’odierno articolo.
Le evidenze raccolte mostrano che C. ursinus ha avuto in passato numerose e affollate colonie di riproduzione in zone piu’ temperate di quelle attuali, che andavano dalla California, al Nord-ovest degli Stati Uniti, alle isole Aleutine, e che in queste colonie le cure parentali duravano molto di piu’ dei soli quattro mesi dopo i quali i moderni callorini svezzano i propri cuccioli (caso pressoche’ unico tra le quattordici specie odierne di otaridi, se si eccettua una specie antartica): essi partoriscono a luglio e lasciano le fredde acque del mare di Bering prima dell’arrivo dell’inverno, rifugiandosi lungo le coste californiane. Le analisi di abbondanza relativa di isotopi del carbonio e dell’azoto ha inoltre permesso di fare ipotesi sull’alimentazione degli antichi animali e anche sulla loro collocazione geografica, mentre le analisi morfometriche hanno indicato l’eta’ alla morte dei soggetti che hanno fornito i reperti ossei studiati. Tutti i dati indicano che C. ursinus viveva stabilmente e si riproduceva in queste zone temperate. Anticamente le popolazioni di C. ursinus si comportavano come gli altri moderni otaridi, allattando i propri piccoli per un periodo che puo’ giungere fino a quattordici mesi: alcune evidenze raccolte sembrano indicare che il cambiamento di strategia materna abbia avuto molto a che fare con il brutale contatto con l’uomo.
Questi animali sono stati infatti sottoposti ad una selvaggia decimazione gia’ a partire da mille anni fa, probabilmente ad opera delle popolazioni locali della California centro-settentrionale. In periodo storico, e cioe’ circa 200 anni fa, l’arrivo di cacciatori russi ed europei ha decretato la scomparsa del callorino dalle altre regioni temperate. Si apre dunque un interessante dibattito: fino a che punto quello osservato oggi puo’ essere considerato un comportamento “naturale” della specie? Sarebbe possibile oggi per il callorino ri-evolvere il comportamento antico che lo ha portato un tempo a stabilirsi con successo lungo le piu’ temperate coste californiane? Come era strutturato l’antico ecosistema che vedeva popolazioni di callorini, leoni marini, foche ed elefanti marini interagire nello stesso habitat? Sono domande alle quali la Gifford-Gonzalez e i suoi colleghi cercheranno in futuro di rispondere, aiutati anche da analisi genetiche sulla diversita’ delle popolazioni attuali e preistoriche di C. ursinus.
Paola Nardi