Il fallimento e la vittoria di Darwin

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Il successo dell’idea dell’evoluzione e del meccanismo della selezione naturale è stato travolgente tra gli scienziati. Gli studi si sono moltiplicati, nei più disparati ambiti della scienze naturali, ed hanno supportato le ipotesi e le osservazioni di Darwin, confermando, nel corso del tempo l’evoluzione come fatto. Perfino la “mistica riverenza” che era concessa alla cosiddetta “esplosione cambriana” è andata riducendosi, […]

Il successo dell’idea dell’evoluzione e del meccanismo della selezione naturale è stato travolgente tra gli scienziati. Gli studi si sono moltiplicati, nei più disparati ambiti della scienze naturali, ed hanno supportato le ipotesi e le osservazioni di Darwin, confermando, nel corso del tempo l’evoluzione come fatto. Perfino la “mistica riverenza” che era concessa alla cosiddetta “esplosione cambriana” è andata riducendosi, dai tempi di Darwin ad oggi, in cui abbiamo testimonianza, diretta ed indiretta dell’esistenza di organismi a corpo molle, che, anno dopo anno, rientrano nei ranghi – conosciuti – della tassonomia.

Ma il creazionismo non è stato mai debellato, anzi, da fronte prettamente religioso ha assunto un’indipendenza ideologica, divenendo una pseudoscienza a pieno titolo (ammesso che questo sia un vanto), con i suoi fallaci “metodi di ricerca” e sillogismi infantili. Si può dire che più la teoria dell’evoluzione andava maturando, riducendo e smentendo le obiezioni ad essa rivolte, più il creazionismo è andato individuandosi e differenziandosi.

L’articolo di Spiegel Online, Has Darwin Failed?, s’interroga sull’azione del pensiero evoluzionistico alle porte del compleanno di Darwin. Secondo un’indagine della Commissione Europea, a inizio 2005, il 52% dei cittadini dell’Unione Europea crede in Dio. 1 su 4, ha affermato che pur non credendo in un dio personale, credono in “una sorta di spirito o forza vitale”. Il 18% si dichiara non credente. Nonostante ciò, in USA, le cose vanno decisamente peggio. Tanto per non dimenticare: solo il 14% crede che l’uomo si sia evoluto senza un intervento divino, il 36% crede che l’evoluzione sia guidata da Dio (“intelligent design”) e il 44% crede che dio abbia creato l’uomo non più di 10,000 anni fa (“scienza della creazione”). In Inghilterra solo il 48% pensa che la teoria dell’evoluzione sia vera, più del 40% invece, desidera vedere il creazionismo insegnato nelle scuole pubbliche (perché in molte scuole private è già così…).

È così che sono state gettate le basi per un nuovo round apertamente pubblico di “scienza VS. religione”. Richard Dawkins, Daniel Dennet, Susan Blackmore e altri scienziati e pensatori hanno portato agli occhi e alle orecchie del grande pubblico l’alternativa atea, chiamata subito “nuovo ateismo”, in cui l’evoluzione gioca ovviamente un ruolo cruciale. Dawkins con il suo L’illusione di Dio, raggiunge nel 2006 lo status di autore di bestseller, vendendo in quell’anno più di chiunque altro. “Le religioni fanno affermazioni sull’esistenza, e ciò significa affermazioni scientifiche” “Un universo con una presenza sovrannaturale sarebbe di tipo fondamentalmente e qualitativamente diverso, rispetto ad un universo che ne fosse privo”.

L’alternativa all’ateismo scientifico è stata proposta dal paleontologo Stephen J. Gould, con i suoi NOMA “Non Overlapping MAgisteria”, i magisteri non sovrapposti, secondo cui lo scontro scienza VS. religione non si pone, in quanto non vi sarebbe sovrapposizione negli ambiti di indagine di queste due “imprese umane”. “O metà dei miei colleghi sono enormemente stupidi, o la scienza del darwinismo è completamente compatibile con le credenze religiose convenzionali – ed egualmente compatibile con l’ateismo”. Tuttavia, questo approccio risulta ottimistico, in un mondo in cui le varie religioni fanno affermazioni e pressioni politiche sull’etica, affermando che la castità sia la soluzione all’infezione dell’HIV, o la limitazione della ricerca sulle cellule staminali, sull’aborto, sull’eutanasia e, non ultimo, sulla non verificabilità del fatto dell’evoluzione. Dopotutto sembra che tutti vogliano sempre un pezzo in più della “torta della realtà”.

L’ultima frontiera della guerra tra scienza VS. religione si svolge nelle neuroscienze. Mentre la posizione religiosa è quella di “non fare domande”, l’indagine scientifica si pone più domande che mai, e azzarda pure le risposte, di cui molte si sono rivelate corrette. Non ultima la domanda “perché, nonostante l’evoluzione sia un fatto assodato, la maggior parte delle persone trovi così difficile accettarlo?”.  La maggior parte delle ricerche porta a riconoscere nei processi di funzionamento del nostro cervello una tendenza alla religiosità che si traduce poi, socialmente, nell’aderenza ad una particolare religione istituzionalizzata.

Lo psicologo americano Pascal Boyer indica che l’instaurazione di alleanze e gerarchie sia basta sulla tendenza “le persone sono molto brave a mantenere e relazioni con gli individui, oltre la loro presenza fisica”. I riti religiosi poi si instaurano sui processi cognitivi adatti ad evitare il pericolo. Lo psicologo americano Michael McCullough (di cui abbiamo parlato qui) sostiene che i rituali religiosi siano adatti a mantenere l’autocontrollo degli individui e quindi funzioni di coesione sociale.

Non credere è quindi controintuitivo, il concetto stesso di selezione naturale è controintuitivo ed esso può aver lavorato per farci credere nel sovrannaturale. Nelle parole di Boyer, il pensiero religioso “è il percorso di minima resistenza per il nostro sistema cognitivo”.

Darwin ha fallito? A giudicare da come la religiosità sia spiegabile in termini di evoluzione per selezione naturale, decisamente no.

Giorgio Tarditi Spagnoli