Il lungo cammino della risata
É dai tempi di Charles Darwin che l’espressione delle emozioni nell’uomo e nelle specie a noi filogeneticamente più affini viene considerata di grande interesse, uno studio compiuto da Davila Ross dell’università di Portsmouth porta oggi nuova comprensione a uno dei fenomeni più interessanti di questo campo di studi: la risata. Fino ad ora le differenze nella risata di uomini e […]
É dai tempi di Charles Darwin che l’espressione delle emozioni nell’uomo e nelle specie a noi filogeneticamente più affini viene considerata di grande interesse, uno studio compiuto da Davila Ross dell’università di Portsmouth porta oggi nuova comprensione a uno dei fenomeni più interessanti di questo campo di studi: la risata. Fino ad ora le differenze nella risata di uomini e scimmie antropomorfe avevano fatto pensare a un origine posteriore alla divergenza tra uomini e scimpanzé di circa 5-6 milioni di anni fa, ma nessuno aveva mai svolto uno studio accurato come quello della ricercatrice inglese.
Determinata a capire quando sia comparsa per la prima volta la risata in una forma simile a quella attuale la ricercatrice ha letteralmente fatto il solletico a oranghi, scimpanzé, gorilla, bonobo e un siamango, registrando le risate che venivano emesse. Insieme ai suoi collaboratori ha poi comparato undici caratteristiche della risata di queste scimmie e di alcuni bambini umani, confermando l’esistenza di alcune differenze e scoprendo molte affinità. La risata delle antropomorfe è più irregolare e meno ricca di armonici e più simile a un grugnito prolungato, meno “vocale” se comparata con quella umana (anche se durante lo studio uno dei bonobo ha prodotto una risata del tipo umano), inoltre l’uomo ride solamente espirando e non anche inspirando come le scimmie. Tuttavia per quanto riguarda altre caratteristiche più interessanti come la frequenza dei picchi o la durata del suono non ci sono differenze sostanziali tra le grandi antropomorfe, pertanto è molto probabile che anche il nostro antenato comune vissuto circa 14 milioni di anni fa si producesse in rumorose (anche se poco “vocali”) risate, di cui quella umana sarebbe solo una versione peculiare sviluppatasi in seguito.
Un’ulteriore considerazione esposta nello studio è che se si mettono in scale le differenze fonetiche nelle risate di gibboni, grandi antropomorfe e uomo si ottiene un’albero con alla base i gibboni e a seguire oranghi, gorilla, scimpanzé e bonobo e infine l’uomo. La corrispondenza di questa scala con quella delle divergenze genetiche tra le specie, commenta deWaal a proposito riportato da NewScientist, dimostra che questo “l’evoluzione di questo comportamento, come di molti altri, può essere tracciato alla stregua di una caratteristica anatomica, perchè è ben definito e probabilmente si fonda su una forte base genetica“. La vicenda, già molto interessante di per sè, mostra quindi tutta la sua rilevanza proprio perchè promette di fare luce sull’evoluzione delle capacità vocali nelle antropomorfe e nell’uomo, che nella nostra specie sono diventate addirittura il tratto più distintivo, ad oggi ancora considerato unico.
Marco Michelutto
Riferimenti:
Marina Davila Ross, Michael J Owren, Elke Zimmermann, “Reconstructing the Evolution of Laughter in Great Apes and Humans ”, Current Biology, Published online: June 4, 2009
Determinata a capire quando sia comparsa per la prima volta la risata in una forma simile a quella attuale la ricercatrice ha letteralmente fatto il solletico a oranghi, scimpanzé, gorilla, bonobo e un siamango, registrando le risate che venivano emesse. Insieme ai suoi collaboratori ha poi comparato undici caratteristiche della risata di queste scimmie e di alcuni bambini umani, confermando l’esistenza di alcune differenze e scoprendo molte affinità. La risata delle antropomorfe è più irregolare e meno ricca di armonici e più simile a un grugnito prolungato, meno “vocale” se comparata con quella umana (anche se durante lo studio uno dei bonobo ha prodotto una risata del tipo umano), inoltre l’uomo ride solamente espirando e non anche inspirando come le scimmie. Tuttavia per quanto riguarda altre caratteristiche più interessanti come la frequenza dei picchi o la durata del suono non ci sono differenze sostanziali tra le grandi antropomorfe, pertanto è molto probabile che anche il nostro antenato comune vissuto circa 14 milioni di anni fa si producesse in rumorose (anche se poco “vocali”) risate, di cui quella umana sarebbe solo una versione peculiare sviluppatasi in seguito.
Un’ulteriore considerazione esposta nello studio è che se si mettono in scale le differenze fonetiche nelle risate di gibboni, grandi antropomorfe e uomo si ottiene un’albero con alla base i gibboni e a seguire oranghi, gorilla, scimpanzé e bonobo e infine l’uomo. La corrispondenza di questa scala con quella delle divergenze genetiche tra le specie, commenta deWaal a proposito riportato da NewScientist, dimostra che questo “l’evoluzione di questo comportamento, come di molti altri, può essere tracciato alla stregua di una caratteristica anatomica, perchè è ben definito e probabilmente si fonda su una forte base genetica“. La vicenda, già molto interessante di per sè, mostra quindi tutta la sua rilevanza proprio perchè promette di fare luce sull’evoluzione delle capacità vocali nelle antropomorfe e nell’uomo, che nella nostra specie sono diventate addirittura il tratto più distintivo, ad oggi ancora considerato unico.
Marco Michelutto
Riferimenti:
Marina Davila Ross, Michael J Owren, Elke Zimmermann, “Reconstructing the Evolution of Laughter in Great Apes and Humans ”, Current Biology, Published online: June 4, 2009