Il misfatto del trasferimento larvale
OK, l’ipotesi del trasferimento larvale non era certo una delle ipotesi più probabili ma quanto ci avete messo a confutarla pubblicamente… Come? Non sapete cosa sia? Cominciamo dall’inizio, allora. Nel lontano 1992 (che negli anni attuali scanditi da Internet equivale a 200 anni circa), uscì un libro di biologia marina, Larvae and Evolution: Toward a New Zoology, di un certo […]
OK, l’ipotesi del trasferimento larvale non era certo una delle ipotesi più probabili ma quanto ci avete messo a confutarla pubblicamente… Come? Non sapete cosa sia? Cominciamo dall’inizio, allora. Nel lontano 1992 (che negli anni attuali scanditi da Internet equivale a 200 anni circa), uscì un libro di biologia marina, Larvae and Evolution: Toward a New Zoology, di un certo carcinologo inglese Donald I. Williamson. Non ho idea di quante copia abbia venduto, ma il titolo era ambizioso e la prefazione di Lynn Margulis preannuncia l’incresciosa vicenda che, 17 anni dopo, avrebbe colpito PNAS.
Williamson, evidentemente afflitto dallo stesso vittimismo accademico che contraddistingue Margulis, si è scoperto accademicamente affine a lei. Convinto di essere destinato ad un riconoscimento postumo scrive, chiedendo aiuto a Margulis e lei risponde accorata, con qualcosa del genere: “Com’è possibile che, un’altra volta, un’ipotesi basata sull’ibridogenesi possa essere così osteggiata? Tutta colpa della “setta degli ultradarwisti”!” (citazione: “Una setta religiosa minore del ventesimo secolo, all’interno della serpeggiante convinzione religiosa della biologia anglosassone.”) che già aveva rifiutato i suoi articoli sulla teoria endosimbiotica una ventina di volte e dopo di che avevano criticato la versione dura dell’ipotesi di Gaia (Gaia è un organismo vivente a tutti gli effetti, e non “solo” un sistema autopoietico, sottoprodotto della competizione degli organismi viventi).
L’ipotesi proposta nel libro era l’elaborazione di alcuni articoli pubblicati alla fine degli anni ’80, e si prometteva di spiegare: qual è l’origine della metamorfosi negli animali? Per quale motivo vi è bisogno di riorganizzare completamente un corpo, quando vi sono organismi strettamente imparentati che non lo fanno? La risposta, secondo Williamson e Margulis sta in eventi di ibridogenesi multipli in cui, organismi dotati di fecondazione esterna, avrebbero dopo erronea fecondazione, fuso i loro genomi per un fruttuoso errore (e vorrei che ricordaste questo particolare per dopo). E così inizia una parata di fecondazioni estreme: onicofori che fecondano uova di insetti e producono la fase larvale eruciforme degli insetti olometaboli (a metamorfosi completa), lo stesso sarebbe accaduto a trocofore, nauplius, plutei, larva girini-forme… tutte le forme larvali marine, insomma, larve e adulti sarebbero adulti di specie diverse, prima appartenenti a linee filetiche separate.
Ma qui cade nell’abisso. Nessuno ne sa più nulla e la teoria così come era stata proposta – cioè in sordina – rimane (nonostante un secondo libro, ancora più sfacciato: “The Origins of Larvae“, del 2003). Nessuno se ne cura finché Margulis, nell’agosto di quest’anno, evidentemente preoccupata dallo stato di salute di Williamson (ormai 87enne ed infermo) decide di giocarsi il tutto per tutto e di avvalersi della famigerata “comunicazione”: un metodo di pubblicazione alquanto balzano in cui un membro della National Academy of Science può pretendere la pubblicazione di un articolo scientifico senza che venga sottoposto a una completa peer review. L’articolo viene pubblicato su PNAS e improvvisamente il mondo scientifico sembra essersi accorto dell’esistenza di quest’ipotesi: la critica comincia ed assumere connotati di isteria di massa fino a terminare con un articolo di risposta, e la morte in differita dell’ipotesi del trasferimento larvale e del meccanismo di “comunicazione” di PNAS (fortunatamente).
Ora, questo esempio è alquanto triste poiché ci indica come non dovrebbe andare la pubblicazione e la critica di un’ipotesi scientifica. A parte il meccanismo di comunicazione, se l’ipotesi era in giro già da un po’ di anni, qualcuno poteva anche confutarla chiaramente e ben prima (appena rese disponibili le tecniche adeguate). L’ipotesi, infatti, non è che una versione specifica dei “mostri promettenti” di Goldschmidt e secondariamente riesumata da Gould (nella speranza filosofica di separare violentemente macroevoluzione e microevoluzione): due gameti, per esempio di onicoforo ed insetto, si fondono e – in una generazione – “inventano” la metamorfosi. L’organismo ricapitola la fase onicoforo e poi, produce la crisalide e da questa l’insetto adulto. La teoria lasciava creava più problemi che soluzioni (esempio: “Come sarà stato deciso l’ordine di apparizione?” Mah…), ma poteva avere il suo fascino e, soprattutto, per quanto estremamente improbabile, era almeno una versione dei mostri promettenti che potesse essere sottoposta a verifica sperimentale (una delle poche), attraverso test di genetica, genomica e biologia molecolare sulle previsioni dell’ipotesi stessa. Bastava confutarla a suo tempo.
Forse questo misfatto servirà almeno a spingere le indagini sul fenomeno della metamorfosi (… anche se, certamente, acutizzerà il vittimismo di Margulis).
Giorgio Tarditi Spagnoli
Williamson, evidentemente afflitto dallo stesso vittimismo accademico che contraddistingue Margulis, si è scoperto accademicamente affine a lei. Convinto di essere destinato ad un riconoscimento postumo scrive, chiedendo aiuto a Margulis e lei risponde accorata, con qualcosa del genere: “Com’è possibile che, un’altra volta, un’ipotesi basata sull’ibridogenesi possa essere così osteggiata? Tutta colpa della “setta degli ultradarwisti”!” (citazione: “Una setta religiosa minore del ventesimo secolo, all’interno della serpeggiante convinzione religiosa della biologia anglosassone.”) che già aveva rifiutato i suoi articoli sulla teoria endosimbiotica una ventina di volte e dopo di che avevano criticato la versione dura dell’ipotesi di Gaia (Gaia è un organismo vivente a tutti gli effetti, e non “solo” un sistema autopoietico, sottoprodotto della competizione degli organismi viventi).
L’ipotesi proposta nel libro era l’elaborazione di alcuni articoli pubblicati alla fine degli anni ’80, e si prometteva di spiegare: qual è l’origine della metamorfosi negli animali? Per quale motivo vi è bisogno di riorganizzare completamente un corpo, quando vi sono organismi strettamente imparentati che non lo fanno? La risposta, secondo Williamson e Margulis sta in eventi di ibridogenesi multipli in cui, organismi dotati di fecondazione esterna, avrebbero dopo erronea fecondazione, fuso i loro genomi per un fruttuoso errore (e vorrei che ricordaste questo particolare per dopo). E così inizia una parata di fecondazioni estreme: onicofori che fecondano uova di insetti e producono la fase larvale eruciforme degli insetti olometaboli (a metamorfosi completa), lo stesso sarebbe accaduto a trocofore, nauplius, plutei, larva girini-forme… tutte le forme larvali marine, insomma, larve e adulti sarebbero adulti di specie diverse, prima appartenenti a linee filetiche separate.
Ma qui cade nell’abisso. Nessuno ne sa più nulla e la teoria così come era stata proposta – cioè in sordina – rimane (nonostante un secondo libro, ancora più sfacciato: “The Origins of Larvae“, del 2003). Nessuno se ne cura finché Margulis, nell’agosto di quest’anno, evidentemente preoccupata dallo stato di salute di Williamson (ormai 87enne ed infermo) decide di giocarsi il tutto per tutto e di avvalersi della famigerata “comunicazione”: un metodo di pubblicazione alquanto balzano in cui un membro della National Academy of Science può pretendere la pubblicazione di un articolo scientifico senza che venga sottoposto a una completa peer review. L’articolo viene pubblicato su PNAS e improvvisamente il mondo scientifico sembra essersi accorto dell’esistenza di quest’ipotesi: la critica comincia ed assumere connotati di isteria di massa fino a terminare con un articolo di risposta, e la morte in differita dell’ipotesi del trasferimento larvale e del meccanismo di “comunicazione” di PNAS (fortunatamente).
Ora, questo esempio è alquanto triste poiché ci indica come non dovrebbe andare la pubblicazione e la critica di un’ipotesi scientifica. A parte il meccanismo di comunicazione, se l’ipotesi era in giro già da un po’ di anni, qualcuno poteva anche confutarla chiaramente e ben prima (appena rese disponibili le tecniche adeguate). L’ipotesi, infatti, non è che una versione specifica dei “mostri promettenti” di Goldschmidt e secondariamente riesumata da Gould (nella speranza filosofica di separare violentemente macroevoluzione e microevoluzione): due gameti, per esempio di onicoforo ed insetto, si fondono e – in una generazione – “inventano” la metamorfosi. L’organismo ricapitola la fase onicoforo e poi, produce la crisalide e da questa l’insetto adulto. La teoria lasciava creava più problemi che soluzioni (esempio: “Come sarà stato deciso l’ordine di apparizione?” Mah…), ma poteva avere il suo fascino e, soprattutto, per quanto estremamente improbabile, era almeno una versione dei mostri promettenti che potesse essere sottoposta a verifica sperimentale (una delle poche), attraverso test di genetica, genomica e biologia molecolare sulle previsioni dell’ipotesi stessa. Bastava confutarla a suo tempo.
Forse questo misfatto servirà almeno a spingere le indagini sul fenomeno della metamorfosi (… anche se, certamente, acutizzerà il vittimismo di Margulis).
Giorgio Tarditi Spagnoli