Il mondo pericoloso e violento dei trafficanti di natura

copertin trafficanti di natura

“Trafficanti di natura” ci porta nel mondo del commercio illegale di specie selvatiche, un pericolo per la conservazione e per le persone

Ogni anno sono tantissimi gli organismi che vengono venduti o uccisi illecitamente, e che alimentano uno dei mercati più oscuri e dannosi presenti sul pianeta: quello che fa capo ai trafficanti di specie selvatiche. Il giro di affari è da capogiro: fino a 23 miliardi di dollari. E tra rinoceronti africani, squali, grandi felini (come tigri o leoni) e uccelli e piante esotiche, sono migliaia le specie che vengono illegalmente prelevate in natura e spedite – tramite complessi sistemi – verso i principali mercati americani, asiatici ed europei, per trasformare in oggetti da esposizione alcuni degli organismi più maestosi e belli della Terra. Nel vasto e violento mondo del bracconaggio e degli allevamenti illegali, non c’è alcuna pietà per le vittime. Il sangue scorre a fiumi per alimentare questa tipologia di mercato, tra agguati e sparatorie che uccidono e feriscono non soltanto gli animali coinvolti, ma anche le stesse persone che cercano di difendere o impadronirsi di queste risorse. Tra scontri a fuoco e depistaggi, allevamenti su cui si riportano terribili storie di torture e violenze, un giornalista deve avere pazienza e un certo stomaco per raccontare al grande pubblico queste vicende e i loro effetti. Rudi Bressa, grazie al suo impegno sociale e alle sue grandi capacità giornalistiche, lo fa nel suo ultimo libro Trafficanti di Natura (Codice, 2023). Bressa ci spiega infatti chiaramente i problemi connessi al commercio illegale delle specie esotiche, mostrandoci il significato di quei dati che, spesso, percepiamo soltanto come numeri ostici senz’anima – sia per la loro complessità sia per la sofferenza che essi si portano dietro. Infatti, delle scene descritte da Bressa nel suo saggio non sono particolarmente piacevoli – tra squali e orsi mutilati e cuccioli di coccodrilli venduti come oggetti). Ma non sono mai macabre: l’autore punta a farci comprendere la gravità della situazione con una narrazione precisa e il più possibile accurata, senza cercare le “lacrime facili” o di far empatizzare eccessivamente il pubblico. D’altra parte piangere sui danni provocati dai bracconieri sarebbe sbagliato, visto che dopo la Cina è proprio la società occidentale il principale acquirente dei “trafficanti di natura”, e che da sempre il Vecchio come il Nuovo continente sfruttano a loro piacimento il patrimonio naturale del resto del mondo per ogni necessità. Ogni capitolo di Trafficanti di natura tratta una diversa forma di commercio illegale e si pone così come un utile compendio per i cittadini e gli studenti curiosi interessati agli attuali limiti alla lotta contro questo fenomeno, chiarendo anche quali potrebbero essere invece le potenziali soluzioni e i miglioramenti per contrastare queste attività illegali. Trafficanti di natura ha anche il grande pregio di stupire il lettore. Per esempio dedicando un intero capitolo al commercio illegale di una specie non particolarmente conosciuta come “a rischio”, l’asino. Un altro capitolo invece affronta il commercio specie di cui raramente si sente parlare. Quest’ultime risultano perfino più preziose sul mercato nero per via dei grandi volumi di scambio. Considerate per esempio i 12,3 milioni di cavallucci marini essiccati che sono stati sequestrati dalla marina peruviana nel corso del solo 2019, o le 7 tonnellate di scaglie di pangolino sequestrate a maggio in Nigeria, che avrebbero fruttato miliardi di dollari come ingrediente della medicina tradizionale cinese.

Non bisogna però dimenticare le vittime umane. Come i lavoratori costretti, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, a guadagnarsi da vivere con le specie selvatiche. Per un misero stipendio queste persone rischiano la vita catturando gli squali nelle barriere coralline o allevando coccodrilli.

Il problema principale per la conservazione delle specie selvatiche e delle persone che finiscono nelle mani dei contrabbandieri è la difficoltà della scienza e della politica nell’intercettare questi traffici. Le difficoltà dei ricercatori che studiano il traffico della fauna selvatica, spesso sottofinanziati, si ripercuotono infatti sulla lotta contro al contrabbando: se i ricercatori non sanno quali sono le specie interessate dalla cattura e dall’allevamento illegale, è impossibile reagire adeguatamente, per limitare queste pratiche. Il mercato illecito delle specie selvatiche non avviene sempre in angoli nascosti o sul dark web. Gran parte degli scambi avviene infatti alla luce del sole, sfruttando canali e piattaforme di vendita come Marketplace di Facebook e Ebay, che eppure dichiarano – come sottolineato da Bressa – di impegnarsi «per il benessere degli animali e la protezione delle specie autoctone, in via di estinzione e minacciate, quindi i prodotti di specie in via di estinzione o protette non possono essere venduti». Nel corso del 2016, infatti, i ricercatori di TRAFFIC hanno monitorato circa 90 gruppi Facebook, registrando oltre 2200 post che prevedevano la vendita di 5.082 esemplari di rettili. Un numero enorme, che però va riportato ai soli 3 mesi di monitoraggio effettuato dagli esperti.
«Di questi (animali) oltre la metà risultavano protetti dalla CITES, mentre tutte le specie erano protette ai sensi della Filippine Wildlife Act di quegli anni» chiarisce Bressa.

Le quantità di animali selvatici venduti nell’arco di un anno sono spaventose, ma per fortuna a limitare i danni ci sono centinaia di volontari e di giornalisti sparsi per il mondo, che collaborano con le forze di polizia per far rispettare il trattato CITES (Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora), agendo contro il commercio illegale di specie selvatiche e rendendo pubbliche le vie di contrabbando usate dai trafficanti per raggiungere i compratori. Il libro di Rudi Bressa ci svela la complessità di tutto questo, senza allarmismi o inibizioni campanilistiche. Per esempio, all’interno della lista dei mercati più famosi al mondo in cui è possibile trovare animali selvatici di contrabbando Bressa inserisce (a ragione) il mercato storico di Ballarò a Palermo, dove sono stati effettuati diversi sequestri da parte dei Carabinieri forestali e dove «un solo banchetto poteva avere in esposizione anche 200 uccelli, stipati nelle gabbie».