Il segreto della biodiversità delle barriere coralline nella competizione reciproca tra le specie
In natura, la coesistenza di tante specie in competizione per la stessa risorsa è possibile solo se si instaurano delle reti di competizione reciproca, nelle quali non c’è vincitore assoluto, ma, come avviene nella morra cinese, ciascuna specie vince su una seconda ma risulta perdente nei confronti di una terza
Un paradosso di lunga data nell’ecologia è il modo in cui la biodiversità di un ecosistema possa essere mantenuta nonostante le specie siano in concorrenza per le stesse risorse limitanti. Infatti, secondo il principio di esclusione competitiva (formulato da Gause nel 1934), due specie che occupano la stessa nicchia ecologica non possono coesistere nello stesso ambiente perché, a lungo andare, a causa della competizione interspecifica, la specie più abile ad utilizzare le risorse, prenderà il sopravvento sull’altra fino a farla scomparire.
In barba al principio di Gause, però, in natura esistono molti ecosistemi caratterizzati da un’alta biodiversità, dove molte specie con bisogni e specializzazioni simili coesistono in equilibrio. Per spiegare questo apparente paradosso sono state proposte molte ipotesi: dalla parziale separazione delle nicchie ecologiche, dove lievi differenze a livello di dieta o di habitat di fatto evitano la totale competizione intraspecifica; all’ipotesi delle reti di competizione, nelle quali la competizione tra le specie non ha un vincitore assoluto, ma, come avviene nella morra cinese, ciascuna specie vince su una seconda ma risulta perdente nei confronti di una terza.
Secondo questo modello, quindi, le relazioni concorrenziali che si instaurano nelle comunità naturali non seguono lo schema gerarchico per il quale se la specie A batte la specie B e la specie B batte la specie C, allora la specie A batte anche specie C. Al contrario sono interazioni non-transitive che seguono lo schema circolare secondo cui se la specie A batte la specie B e la specie B batte la specie C, allora la specie C batte specie A.
Sebbene i modelli teorici abbiano da tempo riconosciuto che le interazioni non gerarchiche e non-transitive possono consentire una elevata diversità delle specie, finora pochissimi studi hanno tentato di testare questa ipotesi empiricamente usando dati raccolti sul campo. Tra questi, nuovi risultati recentemente pubblicati dall’Università Macquarie dimostrano che la biodiversità delle barriere coralline dipende proprio dalle interazioni non-transitive che si instaurano tra le specie di coralli.
Lo studio ha mostrato che la coesistenza nella stessa area di centinaia di specie che utilizzano le stesse risorse (spazio e luce) è possibile grazie alla diversificazione nelle strategie di competizione che ciascuna specie ha evoluto. Come in un immenso gioco di carta-sasso-forbice, ogni corallo ha sviluppato delle abilità competitive che gli permettono di “vincere” su alcuni competitori ma non su tutti, impedendo così che una sola specie possa consumare tutte le risorse disponibili.
Per giungere queste conclusioni i ricercatori prima hanno analizzato i risultati della competizione reciproca tra centinaia di coppie di specie di coralli presenti in diversi ambienti di tutto il mondo (tra cui la Grande Barriera Corallina, i Caraibi, Taiwan, Hawaii e il Mar Rosso) stilando un elenco di “vittorie” e “sconfitte” di tutti i confronti. Poi hanno individuato quali fossero i tratti che potessero influenzare le capacità e le strategie di competizione di ciascuna specie (ad esempio, le specie con i tentacoli più grandi potevano essere favorite nella competizione con le specie piatte); quindi hanno cercato di capire se ci fossero delle caratteristiche che più di altre avevano determinato un significativo incremento della probabilità di “vittoria” di una specie nel confronto con un’altra.
La conclusione è stata che, sebbene alcune caratteristiche morfologiche ed ecologiche, come la larghezza dello scheletro calcareo o l’estensione dell’areale di diffusione, conferissero un vantaggio nella competizione. Tuttavia, l’esito del confronto fra le coppie di specie era influenzato anche da altri fattori non ancora spiegati, e la stessa specie in una data coppia non vinceva sempre, dimostrando che il vantaggio fornito da un tratto in una specifica condizione poteva essere uno svantaggio in un contesto diverso.
Riferimenti:
Precoda,et al. Using Traits to Assess Nontransitivity of Interactions among Coral Species. The American Naturalist 190.3 (2017) doi.org/10.1086/692758
Immagine: di Andrepiazza , licenza di pubblioc dominio CC BY-SA 3.0