Il tuatara è un fossile vivente?
Il concetto di fossile vivente proposto finora è ritenuto discutibile perché implica una concezione evoluzionistica falsamente progressiva. Un gruppo di scienziati ne ha proposto una definizione alternativa misurabile, e l’ha applicata al caso di Sphenodon punctuatus, supportando l’idea che possa effettivamente rientrare nella descrizione
Il tuatara (Sphenodon punctuatus) è l’unica specie vivente a rappresentare i Rincocefali, un ordine di rettili emerso nel Triassico. Una volta endemico della Nuova Zelanda, è ora relegato a una trentina di isole al largo a causa soprattutto dell’introduzione di specie alloctone da parte dell’uomo. Descritto per la prima volta nel 1831, fu scambiato per una lucertola e successivamente riclassificato in un gruppo a sé stante, le cui altre specie sono ora estinte. Con le lucertole, ha un progenitore comune risalente a 240 milioni di anni fa; da allora, è sopravvissuto su una linea evolutiva indipendente.
S. punctuatus è spesso descritto, nella letteratura accademica, come “fossile vivente”. Questo concetto fu introdotto da Charles Darwin nel 1859 a indicare una specie che, sopravvivendo in nicchie isolate dal mondo, è sfuggito alla competizione con altre specie mantenendosi pressoché identico al proprio progenitore. Il tuatara sembra rispecchiare questa descrizione perché, a un primo esame superficiale, mostra pochissime differenze morfologiche rispetto ai suoi antenati del Mesozoico, il che ha suggerito che i Rincocefali fossero un ordine poco diversificato.
Tuttavia, il concetto di fossile vivente è guardato con scetticismo dai biologi, perché spesso sottende l’idea che esistano specie più “primitive” di altre secondo una visione evoluzionistica che segue un progresso lineare verso forme di vita sempre più complesse, mentre i rapporti di parentela tra specie sono meglio descritti dagli alberi filogenetici. Esiste un’altra accezione di fossile vivente, che implica una mancata evoluzione morfologica nel corso del tempo; tuttavia, viene spesso usata in modo improprio in quanto nella maggior parte dei casi mancano sufficienti reperti fossili per poter fare paragoni quantitativi.
La congettura che i Rincocefali sia (e sia stato) un ordine con poca diversità è stata parzialmente confutata, poiché sono ormai stati descritti numerosi esemplari fossili di rincocefalo adattate a una serie di ambienti (sia marini, sia terrestri) e ad almeno cinque stili alimentari differenti. Non si tratta dunque di un ordine rimasto immutato nel tempo, anzi in passato la disparità morfologica pare essere stata notevole. Tuttavia, il tuatara, pur avendo sviluppato degli adattamenti specifici, sembra effettivamente essere rimasto affine ai progenitori più antichi.
Per definire meglio la somiglianza di S. punctuatis con i suoi parenti mesozoici, un gruppo di lavoro afferente all’Università di Bristol ha elaborato una definizione quantitativamente verificabile di fossile vivente. Secondo i ricercatori, una specie si può definire “fossile vivente” se soddisfa due requisiti: una trasformazione nel tempo statisticamente lenta, se confrontata con i gruppi tassonomici più prossimi (come gli squamati e i coccodrilli), e una posizione centrale in quello che viene chiamato “morfospazio” dei Rincocefali (una rappresentazione a più dimensioni della variabilità anatomica di tutte le specie appartenenti all’ordine).
Nello studio, pubblicato sulla rivista Palaeontology, sono confrontate le immagini delle dentature e degli ossi mascellari di 44 specie di rincocefali estinti per valutare la diversificazione e gli adattamenti alimentari presenti nel gruppo. I risultati della ricerca hanno confermato che, in effetti, i vari rincocefali sono evoluti a velocità molto diverse tra di loro, producendo nel Triassico un’ampia diversificazione e andando a occupare molte nicchie ecologiche nelle quali, nel corso del Giurassico e del Cretaceo, sono stati via via soppiantati dalle lucertole. Nell’ambito di questa varietà, il tuatara, pur mostrando alcuni adattamenti specifici, sembra comunque aver subito poche modifiche essenziali rispetto ai suoi antenati del Triassico, comunque in misura molto minore rispetto alle specie estinte dello stesso ordine. Si può affermare che le sue caratteristiche morfologiche rappresentino una media delle variazioni esibite dai Rincocefali.
La definizione di fossile vivente comunque non deve trarre in inganno, dato che nell’accezione qui presentata riguarda unicamente gli aspetti anatomici delle specie. Infatti, S. punctuatus mostra un tasso sostenuto di evoluzione genetica; gli autori dello studio sostengono tuttavia che le due evoluzioni (molecolare e morfologica) non siano necessariamente interdipendenti. Futuri ritrovamenti fossili di Rincocefali potranno colmare l’ampia distanza temporale tra la specie vivente e quelle fossili, confermando o confutando la designazione di S. punctuatus come fossile vivente.
Fonte:
Jorge A. Herrera-Flores, Thomas L. Stubbs, Michael J. Benton, Macroevolutionary patterns in Rhynchocephalia: is the tuatara (Sphenodon punctatus) a living fossil? Palaeontology (2017); doi:10.1111/pala.12284
Immagine di dominio pubblico (licenza CC0 1.0)
S. punctuatus è spesso descritto, nella letteratura accademica, come “fossile vivente”. Questo concetto fu introdotto da Charles Darwin nel 1859 a indicare una specie che, sopravvivendo in nicchie isolate dal mondo, è sfuggito alla competizione con altre specie mantenendosi pressoché identico al proprio progenitore. Il tuatara sembra rispecchiare questa descrizione perché, a un primo esame superficiale, mostra pochissime differenze morfologiche rispetto ai suoi antenati del Mesozoico, il che ha suggerito che i Rincocefali fossero un ordine poco diversificato.
Tuttavia, il concetto di fossile vivente è guardato con scetticismo dai biologi, perché spesso sottende l’idea che esistano specie più “primitive” di altre secondo una visione evoluzionistica che segue un progresso lineare verso forme di vita sempre più complesse, mentre i rapporti di parentela tra specie sono meglio descritti dagli alberi filogenetici. Esiste un’altra accezione di fossile vivente, che implica una mancata evoluzione morfologica nel corso del tempo; tuttavia, viene spesso usata in modo improprio in quanto nella maggior parte dei casi mancano sufficienti reperti fossili per poter fare paragoni quantitativi.
La congettura che i Rincocefali sia (e sia stato) un ordine con poca diversità è stata parzialmente confutata, poiché sono ormai stati descritti numerosi esemplari fossili di rincocefalo adattate a una serie di ambienti (sia marini, sia terrestri) e ad almeno cinque stili alimentari differenti. Non si tratta dunque di un ordine rimasto immutato nel tempo, anzi in passato la disparità morfologica pare essere stata notevole. Tuttavia, il tuatara, pur avendo sviluppato degli adattamenti specifici, sembra effettivamente essere rimasto affine ai progenitori più antichi.
Per definire meglio la somiglianza di S. punctuatis con i suoi parenti mesozoici, un gruppo di lavoro afferente all’Università di Bristol ha elaborato una definizione quantitativamente verificabile di fossile vivente. Secondo i ricercatori, una specie si può definire “fossile vivente” se soddisfa due requisiti: una trasformazione nel tempo statisticamente lenta, se confrontata con i gruppi tassonomici più prossimi (come gli squamati e i coccodrilli), e una posizione centrale in quello che viene chiamato “morfospazio” dei Rincocefali (una rappresentazione a più dimensioni della variabilità anatomica di tutte le specie appartenenti all’ordine).
Nello studio, pubblicato sulla rivista Palaeontology, sono confrontate le immagini delle dentature e degli ossi mascellari di 44 specie di rincocefali estinti per valutare la diversificazione e gli adattamenti alimentari presenti nel gruppo. I risultati della ricerca hanno confermato che, in effetti, i vari rincocefali sono evoluti a velocità molto diverse tra di loro, producendo nel Triassico un’ampia diversificazione e andando a occupare molte nicchie ecologiche nelle quali, nel corso del Giurassico e del Cretaceo, sono stati via via soppiantati dalle lucertole. Nell’ambito di questa varietà, il tuatara, pur mostrando alcuni adattamenti specifici, sembra comunque aver subito poche modifiche essenziali rispetto ai suoi antenati del Triassico, comunque in misura molto minore rispetto alle specie estinte dello stesso ordine. Si può affermare che le sue caratteristiche morfologiche rappresentino una media delle variazioni esibite dai Rincocefali.
La definizione di fossile vivente comunque non deve trarre in inganno, dato che nell’accezione qui presentata riguarda unicamente gli aspetti anatomici delle specie. Infatti, S. punctuatus mostra un tasso sostenuto di evoluzione genetica; gli autori dello studio sostengono tuttavia che le due evoluzioni (molecolare e morfologica) non siano necessariamente interdipendenti. Futuri ritrovamenti fossili di Rincocefali potranno colmare l’ampia distanza temporale tra la specie vivente e quelle fossili, confermando o confutando la designazione di S. punctuatus come fossile vivente.
Fonte:
Jorge A. Herrera-Flores, Thomas L. Stubbs, Michael J. Benton, Macroevolutionary patterns in Rhynchocephalia: is the tuatara (Sphenodon punctatus) a living fossil? Palaeontology (2017); doi:10.1111/pala.12284
Immagine di dominio pubblico (licenza CC0 1.0)