Kamikaze per la difesa della colonia

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Fino ad ora, gli studi condotti sugli insetti sociali hanno messo in evidenza che gli individui di casta operaia sono soliti sacrificare la propria vita allo scopo di difendere la colonia di appartenenza dall’attacco di predatori, andando così ad aumentare il successo riproduttivo degli individui della colonia al costo della propria fitness diretta e della propria sopravvivenza. Un esempio tipico […]

Fino ad ora, gli studi condotti sugli insetti sociali hanno messo in evidenza che gli individui di casta operaia sono soliti sacrificare la propria vita allo scopo di difendere la colonia di appartenenza dall’attacco di predatori, andando così ad aumentare il successo riproduttivo degli individui della colonia al costo della propria fitness diretta e della propria sopravvivenza. Un esempio tipico si osserva in alcune formiche operaie di diverse specie, le quali intrappolano il nemico durante la lotta, rilasciando un liquido appiccicoso dovuto alla rottura dell’addome.

Un’insolita forma di protezione del nido è stata osservata in una specie di formica, Forelius pusillus, studiata in Brasile, da alcuni ricercatori che hanno usato come oggetto d’indagine 18 colonie. Durante lo studio, pubblicato su The American Naturalist, sono state osservate molte operaie in entrata e in uscita da ogni formicaio, affaccendate nel trasportare ed accumulare detriti nei pressi dei nidi durante il giorno; ciò ha indicato la numerosità e l’operosità delle colonie. Prima del tramonto però, gli accessi ai formicai venivano chiusi da alcuni individui rimasti all’esterno, attraverso il riempimento di questi con i detriti accumulati il giorno stesso. A lavoro eseguito, le operaie rimaste all’esterno, si allontanavano dai formicai o venivano attaccate da altre specie di formiche, tanto che le mattine seguenti, non sono mai state osservate operaie vicine ai nidi nel momento in cui gli accessi venivano liberati dall’interno.

Questo comportamento si è ripresentato tutti i giorni e con le stesse modalità durante il periodo di studio. Ci sono due considerazioni che chiariscono come questo comportamento sia volontario: la prima è che le operaie rimaste fuori dai formicai, non erano vittime accidentali, in quanto non si è mai verificato un solo giorno in cui non sia rimasta qualche operaia al di fuori di essi; il secondo chiarimento è che le formiche in questione rimanevano vicine agl’ingressi, in media, per altri 50 minuti dopo la loro chiusura, continuando ad esercitare comportamenti di salvaguardia della colonia, come la mimetizzazione dei nidi col terreno circostante.

Il gruppo di ricercatori, che ha svolto le osservazioni, ha effettuato un esperimento di verifica al fine di ottenere riscontri positivi su quanto osservato in natura riguardo al comportamento e al destino delle operaie rimaste fuori dai formicai a chiusura ultimata. Gli studiosi hanno modificato le entrate di un certo numero di colonie posizionando sopra di esse una sottile tavola di legno bucata nel mezzo. Alcuni giorni dopo, le operaie utilizzavano il foro presente nelle tavole, oramai ricoperte di detriti da loro depositati, per entrare ed uscire dai nidi. In seguito i ricercatori hanno sollevato le tavole, con le formiche rimaste sopra di esse dopo la chiusura del nido, e le hanno posizionate in un recipiente di plastica ricoperto da una pellicola e contenente sabbia prelevata dalla zona di origine delle operaie. L’alterazione praticata non è stata percepita dalle formiche coinvolte, le quali hanno continuato a manifestare, anche nel recipiente, il tipico comportamento che avevano già presentato in natura in relazione alla difesa del nido (come la mimetizzazione di esso). Al termine dell’esperimento, il risultato ha rivelato che, il giorno seguente, solo il 26 % delle formiche in studio erano sopravvissute. Questa osservazione, associata a quanto rilevato in natura, indicando che la maggior parte delle operaie che avevano bloccato l’entrata la sera prima dall’esterno erano morte.

La chiusura del formicaio rappresenta un’importante strategia antipredatoria, messa in atto da numerose specie di formiche, per ridurre l’intrusione nel nido da parte di potenziali predatori; Forelius pusillus differisce da questo comportamento standard, per il fatto che chiude l’ingresso del nido dall’esterno e non dall’interno come fanno altre specie di imenotteri sociali, perciò tale procedura, rappresenta per loro un sacrificio volontario, o meglio, un “suicidio” (come sottolinea lo studio). Nella maggior parte dei casi invece, il sacrificio delle operaie avviene in caso di attacco diretto allo scopo di difendere la colonia. Forelius pusillus mostra, al contrario, un comportamento sacrificale volontario di routine, in quanto si ripresenta tutti i giorni con le stesse modalità e agli stessi orari, ed è di carattere preventivo, in quanto non rappresenta una risposta diretta all’attacco, ma un sistema per evitarlo.

I ricercatori ipotizzano che la chiusura dell’entrata e la mimetizzazione del nido, rendano questo meno individuabile da parte di eventuali predatori, e ciò risulta importante soprattutto per quelle specie di formiche che vivono in habitat aperti, come Forelius pusillus. L’alta percentuale di formiche osservate durante lo studio mostra che le colonie di questa specie sono in media molto numerose, quindi il “suicidio” giornaliero praticato da poche operaie di una colonia di così ampie dimensioni, rappresenta una minima perdita della forza lavoro ed è considerato perciò un costo irrisorio da pagare per il benessere e la sopravvivenza dell’intera colonia. Costituisce inoltre un guadagno in fitness indiretta per le “martiri”, poiché il sacrificio volontario incrementa il successo riproduttivo dei consanguinei diretti.

Barbara Caselli


Riferimenti:
Adam Tofilski, Margaret J. Couvillon, Sophie E. F. Evison, Heikki Helantera, Elva J. H. Robinson, and Francis L. W. Ratnieks; Preemptive Defensive Self-Sacrifice by Ant Workers, The American Naturalist, Vol. 172 pp. E239–E243. DOI: 10.1086/591688

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons