La conquista dell’altopiano tibetano: i primi uomini delle elevate altitudini

Three monks chanting in Lhasa 1993

Rinvenute le evidenze del popolamento umano del Tibet già intorno a 40.000 anni fa. E’ stato il primo scenario dell’incontro tra uomini moderni e uomini di Denisova?


Il sito di Nwya Devu (Tibet settentrionale) a circa 4.600 m sul livello del mare costituisce l’insediamento paleolitico più elevato ad oggi noto, dimostrando l’acquisizione da parte dell’uomo della capacità di sopravvivere in condizioni di basso livello di ossigeno tra 45.000 e 30.000 anni fa e la sua adattabilità ad uno degli ambienti più rigidi del pianeta

Nwya Devu, scoperto nel 2013 e descritto per la prima volta da Zhang et al. in una recente pubblicazione su Science, rappresenta un importante passo nella comprensione non solo delle dinamiche di diffusione dell’uomo anatomicamente moderno in Asia, ma anche e soprattutto della lenta e incessante storia di adattamento che la nostra specie ha incontrato nel corso delle migliaia di anni della sua esistenza, e della collocazione geografica e temporale di almeno un aspetto di essa: l’adattamento all’altitudine. Altitudine significa condizioni climatiche ostili, risorse alimentari scarse, biomassa vegetale insufficiente per quasi qualsiasi uso; tuttavia, oltre a quanto detto, l’implicazione spesso di maggiore impatto – in quanto collegata esclusivamente a questo tipo di ambiente – è la minaccia di ipossia, ossia la carenza di ossigeno causata dalla rarefazione che questi subisce all’aumentare dell’altezza rispetto al livello del mare.

Il più antico dei tre livelli in cui è suddivisa la sequenza stratigrafica di Nwya Devu, che nel complesso presenta uno spessore di circa 170 cm, ha permesso la datazione del più elevato, in termini di altitudine, insediamento umano noto per il Paleolitico, restituendo date comprese tra 45.000 e 30.000 anni fa sulla base del contenuto di 14C dei gusci di molluschi rinvenuti nello strato. L’informazione, ottenuta tramite spettrometria di massa con acceleratore, è potente: non si conoscevano, infatti, prima di questo caso occupazioni a simili altitudini antecedenti l’Olocene.

È infatti quasi certamente olocenico il livello più recente, datato tra circa 13.000 e 4.000 anni fa, mentre quello mediano cade in uno stretto range cronologico a ridosso dell’Ultimo Massimo Glaciale, tra circa 25.000 e 18.000 anni fa. Tutta la sequenza ha restituito abbondante industria litica, ascrivibile secondo gli autori ad un complesso tecnologico omogeneo e coerente, costituito da più di 3.600 artefatti tra cui figurano nuclei di vario genere, lame, lamelle e strumenti. Il basso numero di strumenti rifiniti, l’alto tasso di schegge di lavorazione, le ridotte dimensioni del sito e soprattutto la sua vicinanza alla fonte dell’unica materia prima utilizzata, l’ardesia nera, lasciano supporre che Nwya Devu possa aver costituito un laboratorio di “sgrossatura” e di primaria lavorazione del materiale litico.

Per ciò che concerne il problema dell’ipossia, studi genetici condotti sulle popolazioni che attualmente abitano l’altopiano tibetano hanno permesso l’identificazione di un gene (EPAS1) in particolare, che sembra responsabile della già citata adattabilità dell’uomo ad un basso tenore di ossigeno; quello che risulta estremamente interessante è la possibile derivazione di questo gene da popolazioni denisovane, ossia correlate all’ominide (mancante di nome specifico a causa della scarsità dei resti finora rinvenuti) ritrovato per la prima volta nella Grotta di Denisova, sui Monti Altaj siberiani (Pikaia ne parlato qui e qui).

Questa supposizione potrebbe dunque mettere in una nuova prospettiva la valenza del sito di Nwya Devu, la più antica datazione del quale potrebbe indicare uno scambio genetico con l’uomo di Denisova antecedente i 40.000 anni fa e geograficamente localizzato nell’area dell’altopiano tibetano; questa possibilità potrebbe trovare ulteriore riscontro nel fatto che tra il 4 e il 6% del DNA degli attuali melanesiani è condiviso proprio con questa popolazione, evidenziando quindi una sorta di “cordone” genetico che va dalla Siberia all’Oceania.

Se l’altopiano del Tibet abbia costituito lo scenario dell’incontro tra H. sapiens e uomo di Denisova, al momento non ci è dato sapere. Quello che è certo è che la scoperta e lo studio di siti chiave come Nwya Devu aggiunge ogni giorno un minuscolo tassello all’enorme quadro della nostra storia evolutiva, e che è necessario accogliere ogni indicazione delle tracce del nostro passato con sguardo critico ma aperto per raggiungere, forse un giorno, la chiarezza che cerchiamo su quello che è stato il nostro cammino.


Riferimenti
X.L. Zhang, B. B. Ha, S. J. Wang, Z. J. Chen, J. Y. Ge, H. Long, W. He, W. Da, X. M. Nian, M. J. Yi, X. Y. Zhou, P. Q. Zhang, Y. S. Jin, O. Bar-Yosef, J. W. Olsen, X. Gao. The earliest human occupation of the high-altitude Tibetan Plateau 40 thousand to 30 thousand years ago. Science, 2018; 362, 1049–1051.

Immagine: John Hill [CC BY-SA 3.0], via Wikimedia Commons