La corsa agli armamenti chimici e le tattiche di assalto tra cavoli e farfalle

L’elaborazione di alberi filogenetici calibrati sulle principali innovazioni di difesa e attacco di piante Brassicales e farfalle Pieridae hanno permesso di individuare nelle interazioni coevolutive la principale causa della loro diversificazione anche a livello genetico

Lo stupore verso forme di adattamento interspecifiche, come quello tra parassita e ospite o tra insetti impollinatori e fiori, attraversa la storia naturale senza poter vantare una storia altrettanto lunga di spiegazioni causali plausibili. Nel 1964 Paul R. Ehrlich, l’entomologo, e il botanico Peter H. Raven riflettevano su un aspetto della biologia popolazionale allora ancora poco esplorato come le interazioni reciproche di organismi diversi coadattatisi in assenza, o quasi, di scambio genetico. Fino ad allora, spesso un parassitologo poteva ignorare la storia evolutiva delle risposte del corpo ospite e uno specialista di vertebrati poteva immaginare i loro parassiti come entità invariate. La mancata comprensione delle reciproche influenze era il fattore responsabile della “mancanza generale di progressi nella comprensione della diversificazione organica” a cui poteva rimediare, secondo la proposta degli autori, la “coevoluzione”. L’approccio suggerito consisteva nell’indagine filogenetica degli schemi di interazione tra specie, come quelli tra piante e erbivori, in evidente relazione ecologica. Il loro variegato case-study si concentrò su piante e farfalle. Ancora in quegli anni, sul finire degli anni Sessanta, veniva teorizzato dai biologi e filosofi cileni Humberto Maturana e Francisco Varela il concetto di ‘accoppiamento strutturale’ con cui si indicava un processo storico di adattamento tra più sistemi viventi, le cui interazioni ricorrenti possono portare a una congruenza strutturale reciproca. Un’interpretazione che nel suo taglio selettivo già un secolo prima ispirava Darwin (1862) nell’inferire dall’osservazione del fiore della Angraecum sesquipedale, orchidea del Madagascar, l’esistenza di una falena con una spirotromba assai lunga, unico stratagemma possibile per poter prelevare il nettare dell’orchidea così nascosto. Falena che verrà puntualmente trovata da Wallace (1871) e chiamata appunto, nel 1903, Xanthopan morganii praedicta in omaggio all’inferenza darwiniana.

Le sorprendenti interazioni adattative tra certe specie di farfalle e piante, focus del lavoro di Ehrilich e Raven per ricostruire pattern di sviluppo in coevoluzione, e poterli predirli, sono oggi ripercorse in uno studio pubblicato su PNAS che aggiunge nuove prospettive grazie alle odierne tecniche di sequenziamento genetico utilizzate. Più precisamente, è ripreso il caso della interazione coevolutiva tra le piante dell’ordine delle Brassicali e le farfalle della famiglia Pieridae. Queste farfalle si sono modificate resistendo ai glucosinolati, agenti chimici di difesa prodotti dalle varietà di cavolo di cui si cibano. Sebbene l’uomo tolleri questi agenti chimici che possono conferire sapore tagliente a certe piante come nel caso di rafano, senape e wasabi, questa strategia di difesa chimica si è progressivamente raffinata, rivelandosi estremamente tossica per molti insetti.

Un’indagine filogenetica delle Brassicali ha permesso di cogliere lo sviluppo e la complessificazione delle difese chimiche di queste piante a partire da 90 milioni di anni fa. Una escalation che arriva, oggi, a contemplare oltre 120 composti differenti di glucosinolati. L’analisi dei trascrittomi, cioè delle espressioni genomiche date dall’insieme di tutti gli Rna messaggeri e mRna delle piante in questione, ha permesso di individuare una mappa di geni ortologhi tra 14 famiglie afferenti all’ordine delle brassicali. Si tratta di geni codificanti per le medesime proteine rintracciati in specie differenti, che hanno permesso di individuare i geni coinvolti nello sviluppo degli agenti chimici correlando il cambiamento qulitativo/quantitativo di glucosinolati prodotto con le specie protagoniste di tali passaggi. Allo stesso modo sono stati elaborati dataset dai trascrittomi delle farfalle Pieridae, cogliendo nelle dinamiche di maggiore diversificazione filogenetica il corrispondente dell’affinamento della capacità contro-adattativa di resistere alle sostanze tossiche elaborate dalle piante di cavolo. Una capacità rilevata attraverso l’individuazione dei geni per la produzione di proteine nitrili-specifiche che permettono tale resistenza.

Vengono così descritte tre tappe nell’escalation di glucosinolati nelle piante che corrispondono ad altrettanti sviluppi dei pattering di alimentazione nelle farfalle. Le dinamiche coevolutive osservate hanno rilevato che le innovazioni chiave sono associate ai geni e alla duplicazione del genoma, mentre di minore impatto sembrano essere i cambiamenti graduali di complessità legati al turnover allelico, segno che è la relazione interspecifica e le sfide adattative poste al cuore delle loro relazioni ecologiche che hanno fatto accrescere la complessità di questi organismi. Questi risultati forniscono un importante collegamento tra le origini della biodiversità e il ruolo dei geni e delle duplicazioni del genoma come substrato per l’emersione di caratteri nuovi. E soprattutto possono offrire indicazioni utili per elaborare strategie coevolutive che rendano i prodotti agricoli più resistenti ai parassiti. Le interazioni coevolutive sono così il principale fattore generativo di gran parte della biodiversità sulla Terra e la loro comprensione genetica una risorsa.



Riferimenti:

Paul R. Ehrlich and Peter H. Raven, Butterflies and Plants: A Study in Coevolution in Evolution, Vol. 18, No. 4 (Dec., 1964), pp. 586-608.

Patrick P. Edger et al. The butterfly plant arms-race escalated by gene and genome duplications. PNAS, June 2015 DOI: 10.1073/pnas.1503926112

Credit: Chris Pires, Bond Life Sciences Center