La cresta carnosa di Edmontosaurus
Importante scoperta paleontologica con contributo italiano: Edmontosauro regalis aveva una cresta carnosa
Continua la serie di scoperte dinosaurologiche di notevole interesse ed importanza, legate a paleontologi italiani. Sul numero di oggi di Current Biology è pubblicato una ricerca che ha delle evidenti conseguenze sul piano “estetico” oltre che scientifico, relative ad alcuni dinosauri molto noti. In questo caso si parla di un eccezionale esemplare dell’hadrosauride Edmontosaurus regalis, scoperto da Federico Fanti dell’Università di Bologna durante un periodo di studio in Alberta, Canada.
L’esemplare, articolato e conservato tridimensionalmente (immagini del fossile), include non solo le ossa del cranio e del collo in connessione anatomica, ma grazie alle peculiari condizioni sedimentarie, ha preservato nel dettaglio la forma e struttura del tegumento, formato da una serie di grandi squame ellittiche associate a squamature più piccole. Già questo dettaglio sarebbe di notevole interesse. Tuttavia, la preservazione non si limita alla forma delle texture della pelle, ma comprende anche dettagli sulla dimensione e posizione di strutture tegumentarie che erano del tutto ignote fino ad ora. In particolare, l’esemplare mostra una vistosa escrescenza arrotondata nella regione frontoparietale, che ricorda una cresta non-ossea simile a quelle che osserviamo oggi in molti uccelli. Questa “cresta” è parte integrante del tessuto tegumentario, ed è formata esclusivamente da parti molli. Difatti, essa è topograficamente analoga alle creste ossee di molti altri hadrosauridi, e quindi non stupisce, da questo punto di vista, che sia presente proprio in una specie priva di creste ossee. Si tratta quindi della prima testimonianza di creste cefaliche non-ossee in un dinosauro mesozoico.
Aldilà delle ovvie implicazioni paleoartistiche o paleobiologiche, questo studio rimarca una legge fondamentale della paleontologia: la tafonomia comanda ed impone ciò che noi possiamo vedere e scoprire. Edmontosaurus è infatti uno dei dinosauri meglio conosciuti, grazie a decine di scheletri spesso in ottimo stato di preservazione. Tuttavia, in nessuno dei fossili precedenti era presente traccia di questa struttura carnosa. Ed anche ammettendo che la cresta sia legata allo stadio ontogenetico e al genere sessuale, e quindi non sia presente in tutti gli individui e in ogni fase della loro vita, nondimeno è indispensabile che le condizioni di seppellimento permettano di preservare le parti molli. Solo eventi deposizionali eccezionali come questo hanno permesso la conservazione di strutture corporee non-scheletriche.
Ho chiesto a Federico qualche ulteriore dettaglio o curiosità sul fossile e la sua scoperta:
Si tratta di un tratto di fiume ristretto (meno di un km in lunghezza) con diversi livelli fossiliferi (tra cui quelli con le impronte di salamandre che abbiamo pubblicato da poco) da cui provengono parecchie ossa. In realtà la mummia descritta è una delle mummie di hadrosauri che abbiamo trovato, per ora la meglio conservata (anche tutta la parte dell’orecchio interno è perfetta, così come l’altro lato dove però la copertura dei tessuti è più incompleta). In realtà sembra che ce ne siano almeno quattro di ‘mummie’ che però sono ancora in fase di scavo.
Il lavoro che stiamo facendo al sincrotrone dell’università di Regina (sempre coordinato da me) sta mettendo in risalto tutte le strutture della pelle in dettaglio e cominciamo a trovare cose inaspettate (catene organiche, cromatofori, etc.).
Che altro… è il più antico esemplare di E. regalis mai trovato (in più la datazione che forniamo da bentonite nell’articolo viene da diversi metri sopra il giacimento).
In termini di ecosistema è molto diverso dai classici del sud (Dinosaur Park per intenderci) e sia la tipologia dei sedimenti (depositi fluviali molto fangosi e pieni di vegetazione, suoli saturi di acqua, ambienti tipo paludi, fauna con grandi vertebrati tyrannosauroidi, nodosauri, edmontosaurus) e contesto paleolatitudine, rendono il tutto molto più simile ai giacimenti dell’Alaska che non a quelli di Edmonton per intenderci.
E poi è figo!
Congratulazioni a Federico ed ai suoi co-autori per questo eccezionale ritrovamento, che conferma – in generale – quanto ancora ci sia da scoprire a proposito dei dinosauri, e – nel particolare – quanto possa essere importante il contributo dei paleontologi italiani in questa disciplina.
Andrea Cau
da Theropoda
Bibliografia:
Bell, Fanti, Currie, Arbour. 2013. A Mummified Duck-Billed Dinosaur with a Soft-Tissue Cock’s Comb. Current Biology http://dx.doi.org/10.1016/j.cub.2013.11.008
Immagine: artwork by Julius Csotonyi. Credit: Bell, Fanti, Currie, Arbour, Current Biology 2013