La diversità bioculturale come punto di partenza per i progetti di conservazione
La natura ha un importante ruolo culturale per l’essere umano. Riconoscerlo potrebbe aiutare a sviluppare progetti di conservazione migliori. Un gruppo di studiosi ha provato a definire una delle dimensioni di questa relazione: lo status bioculturale
Ci possono essere diversi motivi alla base dell’estinzione di una specie. Per provare a ridurre questa perdita diversi progetti di conservazione sono stati ideati in tutto il mondo ma secondo diversi esperti hanno tutti un limite: tengono conto solo di criteri biologici.
In uno studio recente, alcuni ricercatori hanno analizzato 385 specie vegetali e animali che rivestono un importante ruolo culturale per le comunità locali.
Piante e animali importanti culturalmente sono quelli fondamentali nella definizione identitaria di una popolazione o di un gruppo socioculturale. Sono spesso alla base di identificazioni religiose, spirituali e sociali.
Riconoscere il legame tra l’uomo e la natura potrebbe facilitare il successo dei piani di conservazione. Il sostentamento di diverse popolazioni locali dipende direttamente dalla sopravvivenza di specie animali e vegetali. Nel tempo hanno quindi accumulato conoscenze, attribuito valori e costruito connessioni con i sistemi ecologici.
Spesso queste conoscenze sono però minacciate e rischiamo di perderle.
Riconoscerle e proteggerle aiuterebbe a proteggere di conseguenza anche le specie incluse in queste culture.
Occorre quindi innanzitutto capire quali sono le specie che hanno un legame culturale con le diverse comunità. Successivamente bisogna poi identificare il rischio di estinzione culturale e biologico.
Questo approccio viene definito “bioculturale” ed è già stato utilizzato in passato ma manca una sua applicazione a livello globale.
La scelta delle specie
Per scegliere le specie da includere nello studio, i ricercatori hanno consultato liste compilate in passato e condotto sondaggi. Le 385 specie identificate sono culturalmente importanti per almeno uno di questi gruppi: popolazioni indigene, gruppi etnici, comunità locali e altri gruppi socioculturali.
La maggior parte della lista, più della metà, è composta da piante e i mammiferi presenti sono meno del 15%. Tutti i continenti sono rappresentati nella lista ma solo quattro specie sono citate come culturalmente importanti in più di un continente e sono tutte specie di tartarughe marine.
La lista, secondo quanto ammesso dagli scienziati stessi, è sicuramente incompleta e influenzata dall’interpretazione soggettiva dei ricercatori. Allo stesso tempo però rappresenta l’elenco più completo di specie culturalmente importanti stilato finora.
Lo status bioculturale
A ogni specie presente nella lista i ricercatori hanno associato lo status di conservazione definito dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Inoltre hanno provato a determinarne lo stato di conservazione culturale all’interno dei gruppi sociali inclusi nello studio. Per fare ciò, hanno analizzato la presenza delle specie all’interno del linguaggio. L’idea alla base è che il linguaggio sia il mezzo principale di trasmissione culturale. Più una specie è presente nel linguaggio e più questa riveste un’importanza culturale.
Unendo questi due dati i ricercatori hanno ricavato lo status bioculturale.
Così facendo hanno scoperto che sono indipendenti uno dall’altro. La maggioranza delle specie analizzate è maggiormente minacciata a livello culturale rispetto al rischio biologico.
Un esempio sono il cobra egiziano, Naja haje, animale sacro per gli Ikoma in Tanzania e Echyridella menziesii, un mollusco di acqua dolce di fondamentale importanza per i Maori.
Alcune purtroppo sono invece classificate sia in pericolo critico di estinzione biologica che in pericolo di estinzione culturale. Fanno parte di questa categoria una specie di frassino, Fraxinus nigra, che ha un ruolo nella spiritualità di diverse comunità di Nativi Americani e il crostaceo di fiume Cherax tenuimanus, animale importante per gli indigeni dell’Australia sud-orientale.
Per approfondire la questione abbiamo chiesto un commento al gruppo di ricerca del TELMO Lab guidato da Telmo Pievani, che si occupa di bioculturalità in Italia.
Qual è il legame tra la diversità culturale e diversità biologica?
Qual è l’aspetto innovativo della ricerca di Garcia e dei suoi collaboratori?
Esiste qualche limite in questo tipo di approccio?
Utilizzare questo approccio permette di unire i dati scientifici alle priorità locali e ai valori culturali. Per fare in modo che queste iniziative abbiano successo è necessario supportare e aumentare la diversità culturale.
Crescono infatti gli appelli che chiedono a chi si occupa di conservazione di impegnarsi attivamente nella difesa dei diritti delle popolazioni indigene all’utilizzo della terra,
delle risorse e dei mezzi di sussistenza e in particolare al loro diritto a una gestione autonoma del territorio.
Il TELMO Lab è composto da: Telmo Pievani, Luigi Garaffa, Vazrick Nazari e Sofia Belardinelli
Riferimenti:
Reyes-García V, Cámara-Leret R, Halpern BS, O’Hara C, Renard D, Zafra-Calvo N, Díaz S. Biocultural vulnerability exposes threats of culturally important species. Proc Natl Acad Sci U S A. 2023 Jan 10;120(2):e2217303120. doi: 10.1073/pnas.2217303120. Epub 2023 Jan 3. PMID: 36595703.
Immagine: Bisonte americano (Bison bison), una delle specie minacciate culturalmente. Immagine da Kasabubu tramite Pixabay
In uno studio recente, alcuni ricercatori hanno analizzato 385 specie vegetali e animali che rivestono un importante ruolo culturale per le comunità locali.
Piante e animali importanti culturalmente sono quelli fondamentali nella definizione identitaria di una popolazione o di un gruppo socioculturale. Sono spesso alla base di identificazioni religiose, spirituali e sociali.
Riconoscere il legame tra l’uomo e la natura potrebbe facilitare il successo dei piani di conservazione. Il sostentamento di diverse popolazioni locali dipende direttamente dalla sopravvivenza di specie animali e vegetali. Nel tempo hanno quindi accumulato conoscenze, attribuito valori e costruito connessioni con i sistemi ecologici.
Spesso queste conoscenze sono però minacciate e rischiamo di perderle.
Riconoscerle e proteggerle aiuterebbe a proteggere di conseguenza anche le specie incluse in queste culture.
Occorre quindi innanzitutto capire quali sono le specie che hanno un legame culturale con le diverse comunità. Successivamente bisogna poi identificare il rischio di estinzione culturale e biologico.
Questo approccio viene definito “bioculturale” ed è già stato utilizzato in passato ma manca una sua applicazione a livello globale.
La scelta delle specie
Per scegliere le specie da includere nello studio, i ricercatori hanno consultato liste compilate in passato e condotto sondaggi. Le 385 specie identificate sono culturalmente importanti per almeno uno di questi gruppi: popolazioni indigene, gruppi etnici, comunità locali e altri gruppi socioculturali.
La maggior parte della lista, più della metà, è composta da piante e i mammiferi presenti sono meno del 15%. Tutti i continenti sono rappresentati nella lista ma solo quattro specie sono citate come culturalmente importanti in più di un continente e sono tutte specie di tartarughe marine.
La lista, secondo quanto ammesso dagli scienziati stessi, è sicuramente incompleta e influenzata dall’interpretazione soggettiva dei ricercatori. Allo stesso tempo però rappresenta l’elenco più completo di specie culturalmente importanti stilato finora.
Lo status bioculturale
A ogni specie presente nella lista i ricercatori hanno associato lo status di conservazione definito dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN). Inoltre hanno provato a determinarne lo stato di conservazione culturale all’interno dei gruppi sociali inclusi nello studio. Per fare ciò, hanno analizzato la presenza delle specie all’interno del linguaggio. L’idea alla base è che il linguaggio sia il mezzo principale di trasmissione culturale. Più una specie è presente nel linguaggio e più questa riveste un’importanza culturale.
Unendo questi due dati i ricercatori hanno ricavato lo status bioculturale.
Così facendo hanno scoperto che sono indipendenti uno dall’altro. La maggioranza delle specie analizzate è maggiormente minacciata a livello culturale rispetto al rischio biologico.
Un esempio sono il cobra egiziano, Naja haje, animale sacro per gli Ikoma in Tanzania e Echyridella menziesii, un mollusco di acqua dolce di fondamentale importanza per i Maori.
Alcune purtroppo sono invece classificate sia in pericolo critico di estinzione biologica che in pericolo di estinzione culturale. Fanno parte di questa categoria una specie di frassino, Fraxinus nigra, che ha un ruolo nella spiritualità di diverse comunità di Nativi Americani e il crostaceo di fiume Cherax tenuimanus, animale importante per gli indigeni dell’Australia sud-orientale.
Per approfondire la questione abbiamo chiesto un commento al gruppo di ricerca del TELMO Lab guidato da Telmo Pievani, che si occupa di bioculturalità in Italia.
Qual è il legame tra la diversità culturale e diversità biologica?
In un momento come quello attuale, in cui la diversità biologica del pianeta sta subendo una drastica e rapidissima riduzione, è quanto mai importante individuare e comprendere tutti i fattori che la influenzano, e che dunque possono contribuire alla sua preservazione.
È certamente il caso della diversità culturale, che è unita alla diversità biologica da una profonda interconnessione, frutto di un lungo processo di coevoluzione.
Gli studi scientifici basati sul concetto di diversità bioculturale nascono dalla consapevolezza dell’esistenza di un “legame inestricabile” tra queste due manifestazioni di diversità, e dunque riconoscono l’importanza di mantenere tale connessione anche quando si pianificano e si mettono in atto piani di conservazione.
Qual è l’aspetto innovativo della ricerca di Garcia e dei suoi collaboratori?
Il modello di valutazione del grado di vulnerabilità delle “specie culturalmente importanti” proposto da Reyes Garcìa e dai suoi collaboratori affronta un tema centrale: la difficile comparazione tra le misurazioni quantitative della biodiversità e le misurazioni inevitabilmente qualitative della diversità culturale. L’indicatore proposto dai ricercatori è molto promettente, soprattutto nella misura in cui rappresenta un utile strumento per estendere su scala globale ricerche che, per via dell’amplissima varietà dell’oggetto trattato, sono state condotte molto spesso con un respiro locale.
Esiste qualche limite in questo tipo di approccio?
Si tratta di un tema già affrontato in passato, che anche in questo caso trova una soluzione soltanto parziale: gli autori, infatti, valutano il livello di diversità culturale in un luogo a partire da un proxy – il linguaggio – che restituisce un’immagine inevitabilmente parziale; in questo modo, dunque, il problema della valutazione della diversità bioculturale è risolto pragmaticamente, se così possiamo dire, ma non dal punto di vista teorico. Questo è un limite abbastanza fisiologico che abbiamo riscontratoanche nei lavori condotti dal nostro gruppo sulla diversità bioculturale in ItaliaGli autori sperano che lo status bioculturale proposto dallo studio rappresenti un meccanismo utile per guidare le azioni di conservazione future.
Utilizzare questo approccio permette di unire i dati scientifici alle priorità locali e ai valori culturali. Per fare in modo che queste iniziative abbiano successo è necessario supportare e aumentare la diversità culturale.
Crescono infatti gli appelli che chiedono a chi si occupa di conservazione di impegnarsi attivamente nella difesa dei diritti delle popolazioni indigene all’utilizzo della terra,
delle risorse e dei mezzi di sussistenza e in particolare al loro diritto a una gestione autonoma del territorio.
Il TELMO Lab è composto da: Telmo Pievani, Luigi Garaffa, Vazrick Nazari e Sofia Belardinelli
Riferimenti:
Reyes-García V, Cámara-Leret R, Halpern BS, O’Hara C, Renard D, Zafra-Calvo N, Díaz S. Biocultural vulnerability exposes threats of culturally important species. Proc Natl Acad Sci U S A. 2023 Jan 10;120(2):e2217303120. doi: 10.1073/pnas.2217303120. Epub 2023 Jan 3. PMID: 36595703.
Immagine: Bisonte americano (Bison bison), una delle specie minacciate culturalmente. Immagine da Kasabubu tramite Pixabay
Mi sono laureato in Biotecnologie Industriali, e lavoro per una multinazionale che sviluppa test diagnostici per l’industria agroalimentare. Interessato alla comunicazione scientifica per passione, dopo qualche esperienza con un’associazione di divulgazione mi sono iscritto al Master in Giornalismo e comunicazione istituzionale della Scienza dell’Università di Ferrara.