La fine del rinoceronte lanoso

Woolly rhinoceros Coelodonta antiquitatis Mauricio Anton

Secondo uno studio recente, non è stato Homo sapiens la causa dell’estinzione del rinoceronte lanoso, Coelodonta antiquitatis, ma bensì i cambiamenti climatici avvenuti nel tardo Pleistocene


Coelodonta antiquitatis, meglio conosciuto come il rinoceronte lanoso, era un grosso erbivoro che poteva superare abbondantemente le due tonnellate di peso e raggiungere i due metri al garrese. Ricoperto da una folta pelliccia e ben adattato al clima glaciale, questo animale pascolava per la tundra a tratti steppica, che ricopriva tutto il Nord dell’Eurasia.

Fossili, esemplari congelati e dipinti rupestri, ci suggeriscono che questo animale si sia nutrito di vegetali erbacei e abbia resistito al freddo pungente, dal Pliocene superiore fino al Pleistocene superiore e, cioè, da circa 3,6 milioni di anni fa fino a circa 14 mila anni fa. Poi si è estinto come molte altre specie appartenenti alla mega fauna adattata al clima glaciale.

Data la convivenza con Homo sapiens proprio durante il tramonto dell’era del rinoceronte lanoso, viene naturale domandarsi se gli esseri umani siano la causa principale dell’estinzione di Coelodonta antiquitatis. Uno studio recente, pubblicato su Current Biology, tenta di rispondere a tale quesito, utilizzando 14 DNA mitocondriali di rinoceronte lanoso provenienti da tutto il Nord-Est della Siberia e un DNA nucleare. L’analisi di queste sequenze genetiche è infatti in grado di rivelare l’andamento demografico delle popolazioni di Coelodonta antiquitatis di questa regione e fornire, quindi, indizi sulle possibili cause dell’estinzione di questa specie.

Confrontando le sequenze di DNA mitocondriale, infatti, è possibile ricostruire un albero filogenetico. Questo albero di sequenze presenta dei nodi che corrispondono al momento (presunto) di divergenza di due sequenze e quindi di due popolazioni. L’alto numero riscontrato di nodi tra 86 e 22 mila anni fa sono indicativi di un periodo di alta diversificazione e questo può verificarsi in due circostanze: con un aumento demografico di una popolazione oppure con la suddivisione in tante sottopopolazioni nella vastità del territorio siberiano. Una cosa è certa, a meno di dieci mila anni dalla sue estinzione il rinoceronte lanoso non era certo in declino ma piuttosto stava aumentando il proprio numero o in alternativa si stava espandendo.

L’analisi dell’unico campione di DNA nucleare ha fornito dei risultati altrettanto interessanti. Il DNA in questione proviene da un esemplare datato circa 18,5 mila anni fa, quindi in prossimità della data di estinzione della specie (14 mila anni fa).

Se la causa dell’estinzione del rinoceronte lanoso fosse l’uomo, che lo avrebbe ridotto a gruppi sempre più piccoli conseguentemente all’eccessiva predazione, i ricercatori ne troverebbero traccia nel DNA nucleare di questo esemplare. Infatti, in gruppi poco numerosi, gli animali non possono che accoppiarsi con individui con i quali sono maggiormente imparentati e questo diminuisce l’efficacia del rimescolamento genetico e finisce per indebolire la popolazione. Questo fenomeno, detto inbreeding, può essere calcolato attraverso l’eterozigosità media analizzando proprio il DNA.

L’esemplare di rinoceronte lanoso di 18,5 mila anni fa ha mostrato livelli bassi di eterozigosità escludendo l’ipotesi che questo animale fosse parte di un piccolo branco di suoi simili. La bassa eterozigosità e l’alta diversificazione del DNA mitocondriale raccontano quindi di una specie che aveva una popolazione stabile, se non in crescita, e che non stava risentendo della predazione umana.

Il motivo dell’estinzione va cercato altrove e gli scienziati autori di questo studio, pensano di averlo trovato: il cambiamento climatico. Circa 14 mila anni fa si verifica il periodo interstadiale di Bølling-Allerød, una fase di clima mite all’interno di una glaciazione. Questo avrebbe avuto effetti sulla flora del Nord Eurasia, facendo aumentare le specie vegetali arbustive ed arboree, mentre la taiga sottraeva terra alla tundra. Si ipotizza anche che il clima più mite avrebbe provocato un aumento delle nevicate che avrebbero poi ricoperto le distese di foraggiamento dei rinoceronti lanosi.

Questo cambiamento potrebbe essere stato troppo rapido e brusco per il rinoceronte lanoso, una specie ben specializzata al pascolo e al freddo, che, nonostante la popolazione numerosa e geneticamente forte, non sarebbe riuscita ad adattarsi alle nuove condizioni ambientali. I ricercatori non escludono, in ultima analisi, che in queste condizioni avverse, la predazione di Homo sapiens non possa aver contribuito al declino di questa specie, velocizzandone una già inevitabile estinzione.


Fonti:
Lord, Edana et al. Pre-extinction Demographic Stability and Genomic Signatures of Adaptation in the Woolly Rhinoceros. Current Biology, Volume 30, Issue 19, 3871 – 3879.e7. https://doi.org/10.1016/j.cub.2020.07.046

Immagine: Mauricio Antón / CC BY, via Wikimedia Commons