La grande cospirazione genetica
Dalla tavola alta del “comitato scientifico” del magazine astrologico Astra, il genetista “rinnegato” (per sua stessa ammissione) Giuseppe Sermonti, in data 31-01-2009, scrive un illuminante articolo su Il Foglio – avendo evidentemente la Luna storta (la stessa Luna del suo La luna nel bosco – leggere in più avanti per i dettagli).Paul Krammerer (1880-1926) era un giovane di belle speranze […]
Dalla tavola alta del “comitato scientifico” del magazine astrologico Astra, il genetista “rinnegato” (per sua stessa ammissione) Giuseppe Sermonti, in data 31-01-2009, scrive un illuminante articolo su Il Foglio – avendo evidentemente la Luna storta (la stessa Luna del suo La luna nel bosco – leggere in più avanti per i dettagli).
Paul Krammerer (1880-1926) era un giovane di belle speranze che negli anni ’20 condusse esperimenti su diverse specie di anfibi. La sua passione per gli anfibi, “se da un lato gli consentiva di condurre esperimenti memorabili, dall’altro nessuno riusciva a ripeterli. E la scienza pretende ripetibilità”, come fosse un fatto negativo ci intima Sermonti. Rimane il mistero sui motivi di tale irripetibilità (la posizione degli astri?), immagino fossero quindi “memorabili” per il solo Krammerer.
Dopo aver fatto “cambiare specie” alla Salamandra maculosa (sinonimo di S. salamandra), che “divenne” S. atra, fatto sviluppare al Proteus occhi funzionanti, fatto sviluppare cuscinetti nuziali in maschi di rospo ostetrico (Alytes obstetricans); “che ti fa il pazientissimo Krammerer?”
Ti fa che: convinto di aver dimostrato definitivamente l’ereditarietà dei caratteri acquisiti (che qui non chiamerò lamarckiana, in quanto non era certo l’unica idea del grande naturalista francese), abbandonò le quattro mura del laboratorio e s’imbarcò in giro per il mondo facendo conferenze su conferenze, vivendo degli introiti. I giornali, riporta Sermonti, lo annunciavano in un crescente vaneggiare, con titoli epocali – che, alla fine, ricordano le locandine del Circo Barnum.
Ma cotanto ardire nello sfidare la gerarchia occulta della nascente genetica non poteva passare impunito al severo scrutinio dei baroni William Bateson (1861-1926). Tutto risale all’oscura gioventù di Bateson, in cui sostenne l’ereditarietà dei caratteri acquisiti ma in seguito ad una spedizione fallita riversò tutta la sua bile sulla sua delusione personale. “Al rientro era diventato il grande avversario dell’eredità dei caratteri acquisiti”.
E così decise di castigare chiunque osasse ricordargli il suo oscuro passato. Nel 1923 Bateson invitò Krammerer alla Linnean Society di Londra per mostrare ai grandi scienziati dell’epoca i risultati delle sue ricerche, tra i quali esemplari della sua collezione di “caratteri acquisiti”. Ma “Krammerer è nervoso e Bateson interrompe spesso la conferenza con obiezioni che rasentano la messa in dubbio dell’integrità dell’oratore”, e conclude “Lei deve fornire altri dati”, fatto evidentemente nocivo per Sermonti che, allarmato, ci avvisa: “Krammerer è sconfortato”.
L’atto finale della tragedia si consuma tra i polverosi scaffali dell’Istituto di Biologia di Vienna con la visita del curatore della sezione di erpetologia dell’American Museum of Natural History, G. K. Noble (non “dr. Nolte”).
Noble rivela su Nature la frode (1926): il cuscinetto nuziale del rospo ostetrico è in realtà una macchia d’inchiostro. Krammerer non si difende e sei settimane dopo si suicida. Finalmente le tracce dello scomodo individuo sono state annientate. L’ “ambiente”, da sempre arcinemico della genetica, è stato ricacciato nell’oblio che merita ed i geni sono liberi di scorrazzare nel mondo, fatto di menzogna. L’esito catastrofico, vorrei ricordarlo, porterà, negli anni ‘70 alla teoria del “gene egoista” quintessenza della geni-ale malevolenza dei geni stessi (che con un unico colpo di stato, cercarono pure di invadere i nostri cervelli cambiandosi nome in “memi” – poco originali pure, ‘sti geni!).
Sermonti, nel suo racconto, segue la traccia del libro The case of the Midwife Toad di Arthur Koestler (1971), di cui Sermonti si premura di farci sapere che anch’egli morì suicida. Probabilmente Bateson e soci riuscirono in qualcosa di più che occultare l’incontrovertibile verità sugli esperimenti di Krammerer, si tratta forse di maledizione?!? “La persecuzione ad opera dell’establishment è in atto nella scienza come nella politica”.
Al di là della bontà degli esperimenti di Krammerer, leggendo con quale dovizia di particolari si prodiga nel racconto, Sermonti, deve aver preso per dimostrata anche la “teoria della serialità” di Krammerer secondo cui: annotando tutti i fatti più insignificanti della vita (in particolare i numeri) si arriva a sviluppare una logica paranoide (e forse pure un disturbo bipolare) capace di interpretare ogni coincidenza come fulcro della propria vita. Le coincidenze, i suicidi e gli esperimenti irripetibili, sarebbero dunque alla base di una buona scienza. Sia dannata la ripetibilità degli esperimenti!
E per fare anche noi un po’ di psicanalisi, “atto mancato” di Sermonti è quello di non ammettere che, nonostante Bateson abbia fondato la genetica, egli non era esattamente un sostenitore della teoria dell’evoluzione che oggi intendiamo e che Sermonti tanto avversa – bensì del mutazionismo. Il mutazionismo si pose infatti come alternativa alla visione darwiniana dell’evoluzione, enfatizzando il ruolo delle mutazioni, secondo un modello saltatorio, e, nel migliore dei casi, relegando la selezione naturale a meccanismo secondario. Mentre il passaggio della biologia analogica dell’eredità dei caratteri acquisiti a quella digitale avvenne già con la scoperta dei geni, unita alla barriera di Weismann (neodarwinismo), l’abbandono del saltazionismo si ebbe negli anni ’40-’50 con la sintesi moderna. Il neolamarckismo, invece, “culminò” (e implose) con il caso Lysenko. La cospirazione, ne deduco, doveva essere specificamente ordita dai mutazionisti, e mi chiedo come mai, il messo finale della sentenza di frode venisse dalla lontana New York, luogo che diede i natali a buona parte della sintesi moderna. Qual è quindi la morale?
Confondendo un po’ di più le acque, Sermonti, ci suggerisce che anche Darwin “credeva” nell’ereditarietà dei caratteri acquisiti (come la maggior parte dei naturalisti dell’epoca), implicando che quindi chi “non ci crede” è meno darwiniano di Darwin stesso! Tuttavia il “principio di autorità”, almeno nella scienza, non dice granché della veridicità di un modello, e seppure può localmente perdurare, alla lunga, cede. Poi, fortunatamente, Sermonti, ci risparmia l’interpretazione psicologica della morte della figlia Annie, ma ci ricorda che, d’altra parte, Darwin era contrario all’idea della teleologia e quindi “non credendoci”, provvedette a costruire una propria teoria disteleologica. Inoltre, per dovere di cronaca, oggi, gli esperimenti a là Krammerer (e pure quelli citati da Sermonti – per le cavallette guardare qui), non sono messi sotto silenzio, ma anzi rientrano nel crescente ventaglio della plasticità fenotipica.
“Ma la storia della scienza (e non solo) ha le sue esigenze di continuità, di bandiera e di apologetica, a spese dei fatti e delle teorie con cui costruisce il suo fatidico percorso”. GONG! Sentenza emessa. La storia finisce qui – apparentemente (leggete il PS in fondo!).
Ma procedo oltre. Che cosa ci rimane nella biologia se eliminiamo la moderna teoria dell’evoluzione? Ovviamente l’alternativa proposta da Sermonti, contenuta nei suoi libri a partire da La Luna nel bosco del 1985 (Luna di cui riferivo all’inizio), in cui viene espressa la “teoria del devoluzionismo”: questa teoria, sovverte il grossolano aforisma “l’uomo discende dalla scimmia” per il suo parossistico inverso “la scimmia discende dall’uomo”. Sermonti deve aver subito un’enantiotropia di junghiana memoria.
Teoria nuova? Per nulla, si tratta di una versione ammantata – con un coriandolo fuori carnevale – di scienza delle “teorie della degenerazione” in voga nei circoli occultistici durante la “fuga dalla ragione” di fine ‘800, di cui la Società Teosofica di M.me Blavatsky era il più famoso. Secondo la Blavatsky (e i “maestri occulti”, ovviamente) l’uomo “è l’archetipo del creato”, in quanto immagine e somiglianza del dio del caso (mio lapsus calami!), esso è pertanto, il più indifferenziato del creato e quindi, ogni specializzazione che vediamo deriva da esso, per degenerazione. Per esporre ciò, la Blavatsky, dedica un intero volume della sua Dottrina Segreta a denigrare Haeckel. Ma ovviamente nemmeno la Blavatsky era l’ideatrice della “teoria”, bensì l’ebbe in prestito (tra le tante) dalla cabala ebraica (l’Adamo Kadmon) e dall’astrologia (l’uomo zodiacale).
… un momento… per questo motivo esiste un comitato scientifico di Astra!
Giorgio Tarditi Spagnoli
PS: alla fine dell’articolo di Sermonti, c’è una citazione di alcuni convegni tenuti in occasione – o meglio, alla faccia del – bicentenario di Darwin. Per saperne di più andate sul blog di Daniele Formenti. La cospirazione continua…