La grande marcia dell’espansione umana
Antropologia, archeologia, genetica; è dall’incrocio di queste discipline che emerge una nuova e più dettaglia descrizione delle migrazioni delle antiche popolazioni umane. Parola di Marcus Feldman, uno degli autori di un articolo uscito su PNAS, che porta anche la firma di Luca Cavalli Sforza. L’integrazione dei dati raccolti dai progetti genomici che hanno studiato l’espansione umana a partire dall’Africa con […]
Antropologia, archeologia, genetica; è dall’incrocio di queste discipline che emerge una nuova e più dettaglia descrizione delle migrazioni delle antiche popolazioni umane. Parola di Marcus Feldman, uno degli autori di un articolo uscito su PNAS, che porta anche la firma di Luca Cavalli Sforza. L’integrazione dei dati raccolti dai progetti genomici che hanno studiato l’espansione umana a partire dall’Africa con gli abbondanti dati archeologici e antropologici è quanto mai necessaria per meglio comprendere le dinamiche migratorie dei nostri lontani parenti.
I dati genomici hanno evidenziato come la rapida espansione dell’uomo, iniziata fra 45.000 e 60.000 anni fa a partire dall’Africa, sia stata accompagnata da una riduzione della variabilità genetica, secondo un fenomeno noto come “effetto seriale del fondatore”. Fenomeno che è stato confermato da dati di genetica dei parassiti, linguistica, morfologia. Antropologia e archeologia ci hanno poi aiutato a capire come questa espansione e le sue conseguenze siano state innescate da fattori demografici e socioculturali associati alla natura di cacciatori-raccoglitori delle popolazioni antiche coinvolte in queste migrazioni.
È interessante inoltre notare come la comparsa di geni associati alla sensibilità al glutine e all’intolleranza per il lattosio nelle popolazioni che andavano espandendosi in Europa, avvenuta circa 10000 anni fa, corrisponda al periodo in cui l’uomo ha iniziato a dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento, da cui un aumento della produzione di grano e latte.
L’effetto del fondatore si ritrova poi su scale demografiche ridotte per quanto riguarda i tanti casi di migrazioni di piccoli gruppi che si riproducevano solo fra di loro, nei quali la riduzione della variabilità genetica portava alla possibile fissazione di geni rari, non necessariamente vantaggiosi. È il caso degli Ebrei Ashkenazi, fra i quali l’incidenza di alcune malattie, come quella di Tay-Sachs, è notevolmente più alta che nelle altre popolazioni mondiali.
Questi sono solo alcuni degli esempi di come le informazioni antropologiche e demografiche possono essere combinate con i dati raccolti dalla genomica, incrementando così la completezza delle nostre conoscenze riguardo al nostro passato.
Michele Bellone
Riferimenti:
B. M. Henn, L. L. Cavalli-Sforza, M. W. Feldman. The great human expansion. Proceedings of the National Academy of Sciences, 2012; DOI: 10.1073/pnas.1212380109
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