La poesia scientifica di Erasmus Darwin
Nelle poesie del nonno di Darwin possiamo trovare dei “trattati scientifici” che ci dicono molto sull’autore e il suo tempo. Un articolo di Marco Fulvio Barozzi dal blog Popinga, dedicato a scienza e letteratura
Erasmus Darwin (1731-1802), filosofo, poeta, inventore, medico e naturalista, nonno di Charles Darwin, uomo di scienza e di lettere, scrisse, in versi come in prosa, trattati scientifici nel campo di quelle che oggi chiameremmo scienze della vita. Come naturalista, formulò una delle prime teorie sul mutamento dei viventi nel trattato in prosa Zoonomia, or, The Laws of Organic Life (Zoonomia, o Le leggi della vita organica, 1794-1796). Sebbene non abbia elaborato una vera e propria teoria evoluzionistica, si chiese come la vita si è sviluppata da un singolo antenato comune, da “un filamento vivente”. Sebbene alcune delle sue idee fossero abbastanza vicine a quelle di Lamarck, Erasmus Darwin discusse anche di come la competizione e la selezione sessuale potrebbero causare cambiamenti nelle specie: “La direzione finale di questa gara tra i maschi sembra essere, che l’animale più forte e più attivo dovrebbe propagare la specie che dovrebbe così essere migliorata”. Erasmus Darwin giunse alle sue conclusioni attraverso un approccio “integrato”, attraverso le osservazioni sugli animali domestici e il comportamento della fauna selvatica, che integrò con la sua vasta conoscenza di molti campi diversi, come la paleontologia, la biogeografia, la sistematica, l’embriologia e l’anatomia comparata.
La sua poesia scientifica, che presenta la natura popolata da creature mitiche, soddisfaceva le aspettative dell’Inghilterra del XVIII secolo, associata com’era all’estetica neoclassica, fondata su un ideale di chiarezza e di imitazione che non contraddicesse i principi della filosofia naturale. Alla fine del XVIII secolo la rottura tra discorso scientifico e discorso poetico non è ancora consumata, e la conoscenza delle leggi della natura si accompagna alla celebrazione della sua bellezza, facendo del linguaggio poetico il gradevole ornamento di un’ardua dottrina. C’è da dire che, per un lettore moderno, lo stile di Darwin appare estremamente datato, molto retorico, un po’ ampolloso. Mario Praz, nella sua Storia della letteratura inglese (1960) liquida la sua poesia parlando di “ultimi aneliti nelle decadenti artificialità, d’un didattismo ingioiellato, misto di allegoria classica e di descrizioni tecniche”. Già nel 1809 Byron avrebbe criticato la formale camicia di forza della poesia di Erasmus Darwin, in una satira che mostrava chiaramente che quest’ultima oramai valeva poco: “I cembali d’oro, più ornati che chiari, / deliziano l’occhio ma opprimono l’orecchio. / Possono aver superato, in apparenza, la semplice lira, / ma ora, indossati, rivelano il loro ottone nativo, / Mentre le nuvole di silfidi che li circondano / evaporano, vani orpelli retorici e sonori.”
The Botanic Garden era popolare quando fu pubblicato per la prima volta. La sua visione del progresso scientifico e culturale era vibrante e attraente, associato com’era al progresso scientifico e alla libertà sessuale della Rivoluzione francese. Ciò nonostante, l’opinione popolare si volse contro di essa quando la Rivoluzione divenne più violenta. Nel 1797, solo sette anni dopo la sua pubblicazione iniziale, dell’opera fu fatta una feroce parodia dal viceministro Tory George Canning nel poema The Love of the Triangles, pubblicato sul periodico conservatore The Anti-Jacobin, con la motivazione che non c’è scienza, per quanto astrusa, anzi, commercio o fabbricazione, che non possa essere insegnata da un poema didattico: “[…] tu nutrice della Musa didattica, / Divina Assurdità tutti i tuoi sensi infondono:/ Il fascino delle secanti e delle tangenti racconta, / Come abitano gli amori e le grazie in un angolo; / Come punti lenti progressivi prolungano la linea, / Mentre i ragni pendenti fanno girare lo spago velato”.
Dell’opera in versi di Erasmus Darwin non è certo lo stile che merita una trattazione, ma i contenuti scientifici, che nella sua opera si sono sviluppati da una fase puramente descrittiva e classificatoria dei regni della Natura a una che, con l’emergere della dimensione temporale, sembra anticipare, attraverso i concetti di trasmutazione, sviluppo e crescente perfezione (affetti però da finalismo) le teorie evoluzionistiche di qualche decennio successive.
The Loves of the Plants, A Linnean Taxonomy, (Gli amori delle piante, una tassonomia linneana), un verso molto sciolto del Systema Naturae di Linneo, è una celebrazione del pensiero del naturalista svedese. Fu pubblicato prima separatamente nel 1789, poi ripubblicato in appendice al trattato The Economy of Vegetation nel 1791 e infine all’interno di The Botanic Garden (L’Orto Botanico), pubblicato nel 1791. Linneo paragonava spesso la sua impresa di classificazione alla denominazione di tutte le specie viventi da parte di Adamo nel Giardino dell’Eden, ma il naturalista nomina le piante e le dispone secondo categorie razionali. L’opera di ispirazione scientifica di Erasmus Darwin si basava perciò anche sulla capacità del botanico di descrivere le diverse specie:
Two gentle shepherds and their sister-wives
With thee, ANTHOXA, lead ambrosial lives;
Where the wide heath in purple pride extends,
And scatter’d furze its golden lustre blends,
Closed in a green recess, unenvy’d lot!
The blue smoke rises from their turf-built cot;
Bosom’d in fragrance blush their infant train,
Eye the warm sun, or drink the silver rain.
Due pastori gentili e due sorelle, loro mogli,
vicino a te, ANTHOXA, si nutrono di ambrosia:
dove l’ampia brughiera in orgoglio di porpora si estende,
e la ginestra sparsa fonde la sua lucentezza dorata,
chiusi in un verde rifugio, al riparo dall’invidia!
Il fumo azzurro si alza dalla loro capanna di torba;
i loro timidi bambini, giocando tra i profumi,
ricevono il caldo sole, o bevono la pioggia d’argento.
In questo universo chiuso, mariti e mogli sono fratelli e sorelle perché la stessa pianta (in questo caso il genere Anthoxanthum, conosciuto come paleo) ha diversi stami e diversi pistilli, organi riproduttivi del regno vegetale. Il sistema linneano si basa sui caratteri sessuali delle piante: Linneo colloca gli organi riproduttivi nello stame e nel pistillo, quindi raggruppa le piante in classi secondo il numero, la forma e la posizione degli organi sessuali. La forma chiusa del poema riflette l’armonia della natura ridotta a giardino, hortus conclusus dove ogni pianta è collocata in un’aiuola rigorosamente delimitata. Questo sistema dà origine a descrizioni poetiche in cui i codici dell’idillio bucolico sono adattati a un mondo naturale basato sulla riproduzione.
Mentre molti inglesi dell’epoca erano scandalizzati dalla natura sessuale del sistema tassonomico di Linneo, Darwin lo abbracciò, usando immagini suggestive nelle sue descrizioni floreali, scrivendo di vergini arrossate, bei cigni e meretrici ingannevoli. Prendiamo, ad esempio, la sua descrizione del genere Gloriosa, che descrive in una nota come avente “Sei maschi, una femmina. I petali di questo bel fiore con tre stami, che sono prima maturi, si ergono in apparente disordine, e il pistillo si piega quasi ad angolo retto per inserire il suo stigma tra di loro. In pochi giorni, man mano che questi declinano, gli altri tre stami si piegano e si avvicinano al pistillo”.
When the young Hours amid her tangled hairWove the fresh rose-bud, and the lily fair,
Proud GLORIOSA led three chosen swains,
The blushing captives of her virgin chains.–
– When Time’s rude hand a bark of wrinkles spread
Round her weak limbs, and silver’d o’er her head,
Three other youths her riper years engage,
The flatter’d victims of her wily age. Quando le giovani Ore tra i suoi capelli arruffati
intrecciavano il fresco bocciolo di rosa, e il giglio bello,
la fiera GLORIOSA condusse tre cigni scelti,
prigionieri arrossati delle sue vergini catene. –
– Quando la mano rude del Tempo allarga una scorza di rughe
intorno alle sue deboli membra, e d’argento sopra la sua testa,
altri tre giovani i suoi anni più maturi impegnano,
vittime lusingate della sua età astuta.
Omaggio a Linneo e semplice trasposizione delle teorie dello svedese, “Gli amori delle piante” è stato il punto di partenza di una evoluzione (sic) poetica più personale, peraltro associata allo sviluppo di una visione trasformista della natura, dal momento che il poema maggiore di Erasmus Darwin, The Temple of Nature (1803, postumo), è considerato in una certa misura presagire la teoria evoluzionistica formulata dal nipote Charles Darwin. All’esordio di questo poema, la Musa della poesia scientifica esplora il santuario della Natura, la cui architettura riproduce sulla scala dello sguardo umano l’immensità dei regni vegetale e animale sotto forma di paramenti, stemmi e trofei. L’architettura del regno naturale si riflette nella struttura del poema, che a prima vista sembra favorire una concezione del linguaggio poetico come ornamento. Questo giardino, inizialmente svincolato da ogni nozione di contingenza e protetto dallo scorrere del tempo, in quanto le piante appaiono non tanto come esseri viventi quanto come categorie razionali che formano un sistema, nel passaggio da “Gli amori delle piante” a “L’economia della vegetazione” e poi de “Il tempio della natura” è segnato dall’irruzione della temporalità. È grazie a “The Economy of Vegetation” e a “The Temple of Nature” che Erasmus Darwin può essere considerato per molti versi un precursore di una concezione della creazione indipendente dalla figura di un Creatore o di un demiurgo.
Erasmus Darwin si rivolge in questo brano de “L’economia della vegetazione” alla Terra, simboleggiata dagli gnomi della mitologia germanica, per esporre gli scambi materiali che presiedono ai cicli della vita e della morte nel suolo del mondo naturale:
You! whose fine fingers fill the organic cells
With virgin earth, of woods and bones and shells,
Mould with retractile glue their spongy beds,
And stretch and strengthen all their fibre-threads.
Late when the mass obeys its changeful doom
And sinks to earth, its cradle and its tomb,
Gnomes! with nice eye the slow solution watch,
With fostering hand the parting atoms catch,
Join in new forms, combine with life and sense,
And guide and guard the transmigrating Ens.
Voi! Le cui dita sottili riempiono le cellule organiche
con terra vergine, di boschi, ossa e conchiglie,
mescolano con colla retrattile i loro letti spugnosi,
e tirano e rinforzano tutti i loro fili fibrosi.
Poi, quando la massa obbedisce al suo destino di cambiamento
e affonda nella terra, sua culla e tomba,
Gnomi! guardate la lenta soluzione con sguardo benevolo,
con mano protettiva cogliete gli atomi che si separano,
li riunite in nuove forme, li combinate con vita e senso,
guidate e sorvegliate l’essere mentre trasmigra.
La morte non è una fine terrena, ma il cadavere è terreno fertile per le nascite future, e la fermentazione è concepita come l’origine di una nuova vita. La logica della Genesi biblica è profondamente sovvertita perché la morte non è più il risultato della Caduta, ma determina l’emergere della riproduzione, in particolare di quella sessuale, non più associata al peccato, ma alla rinascita dei viventi. Nel Tempio della Natura, l’apparizione dei sessi contrasta la morte che è insita nella vita. Da classificatore nella nomenclatura de “Gli amori delle piante”, Darwin passa in pochi anni a un’idea per quale la sessualità diventa motore di invenzione, di sperimentazione in natura. L’orto botanico ribalta la logica del peccato e della morte.
Gli Gnomi, spiriti della terra, entrano in lotta con gli altri elementi in una battaglia senza fine, tra generazione e decomposizione organica, priva di ogni elevazione spirituale. In The Temple of Nature, le armoniose aiuole di The Loves of the Plants lasciano il posto a creature intrecciate in una lotta per la sopravvivenza all’interno di una Natura predatrice:
Yes! Smiling Flora drives her armed car
Through the thick ranks of vegetable war:
Herb, shrub, and tree, with strong emotion rise
For light and air, and battle in the skies;
Whose roots diverging with opposing toil
Contend below for moisture and for soil.
Sì, la Flora sorridente lancia il suo armato carro
tra i ranghi serrati della guerra vegetale:
erbe, cespugli e, alberi ardentemente s’alzano
avidi d’aria e di luce, e si battono nel cielo;
le loro radici divergono, con opposta fatica
si contendono l’acqua e il suolo.
Nessuna età dell’oro ai tempi delle origini c’è più nella strana Arcadia delle opere poetiche di Darwin, ma dei tempi oscuri in cui le creature primordiali sono dotate di una forma minima di esistenza:
Rings join to rings, and irritated tubes
Clasp with young lips the nutrient globes or cubes;
And urged by appetencies new select,
Imbibe, retain, digest, secrete, eject.
Gli anelli si uniscono agli anelli, e tubi affamati
stringono con giovani bocche globi e cubi nutrienti;
e presi da nuovi appetiti selezionano,
assorbono, trattengono, digeriscono, secernono, eiettano.
Nel “Tempio della Natura”, il tempo delle origini è il regno del grembo materno e il sonno della coscienza. Queste forme serpentine animate dalla sola fame sembrano molto lontane da una visione dell’Eden biblico.
Leaves, lungs, and gills, the vital ether breathe
On earth’s green surface, or the waves beneath.
So Life’s first powers arrest the winds and floods,
To bones convert them, or to shells, or woods;
Stretch the vast beds of argil, lime, and sand,
And from diminish’d oceans form the land!
Foglie, polmoni e branchie respirano l’etere vitale
sulla verde superficie della terra, o sotto le onde.
Così, i primi poteri della Vita piegano i venti e le maree,
le trasformano in ossa, o conchiglie, o legno;
allargano i vasti letti d’argilla, calcare e sabbia,
e dagli oceani ridotti creano la terraferma!
È solo un’età di acqua e pietra la cui carne sembra stranamente assente, la vita è ancora solo un colpo portato all’impeto della materia, che “piegano i venti e le maree” per farne un’immobilità di ossa, conchiglie e legno. Si tratta pur sempre di una vita vicina alla mineralità perché priva di movimento, semplice filtrazione piuttosto che vero soffio vitale. Nessun respiro dell’anima o desiderio di elevazione in questo mondo inchiodato alla superficie, immerso nelle profondità. Il Tempio della Natura si basa sull’idea che esiste un percorso delle specie verso un’organizzazione corporea più adatta al loro ambiente, ma anche un intimo desiderio in loro di emergere alla coscienza e alla complessità.
Mentre la teoria evoluzionista di Charles Darwin si baserà sul rifiuto di ogni finalismo in natura, la teoria trasmutazionista di suo nonno postula che le creature portino in sé una brama per una maggiore perfezione. Per Erasmus Darwin, la temporalità del mondo naturale non può essere ridotta al ripetersi di cicli di generazione e corruzione: il futuro è contenuto nel passato, ma sotto forma di potenzialità. La natura è il tempo dell’attesa e la promessa dello sviluppo, in grado di far schiudere una novità radicale a partire da un semplice abbozzo. Le sue culle non sono il semplice rovescio delle sue tombe, ma annunciano una metamorfosi.
Una figura spicca tra i fregi che ricoprono le pareti del Tempio della Natura:
While chain’d reluctant on the marble ground,
Indignant TIME reclines, by Sculpture bound;
And sternly bending o’er a scroll unroll’d,
Inscribes the future with his style of gold.
– So erst, when PROTEUS on the briny shore,
New forms assum’d of eagle, pard, or boar;
The wise ATRIDES bound in sea-weed thongs
The changeful god amid his scaly throngs;
Till in deep tones his opening lips at last
Reluctant told the future and the past.
Incatenato suo malgrado al soglio di marmo,
riposa il TEMPO indignato, legato dalla Scultura;
severamente piegato su una pergamena srotolata,
vi scrive il futuro con il suo stilo d’oro.
Così un tempo, quando PROTEO, sulla salsa sponda,
forme nuove assumeva d’aquila, pardo, cinghiale;
il saggio ATRIDE legava in lacci d’alghe
il multiforme Dio tra le sue schiere squamate;
finché infine con toni gravi aprendo le labbra
riluttante rivelò l’avvenire e il passato.
Proteo, divinità marina dotata del potere della profezia e della metamorfosi, è qui associato alla figura del Tempo, perché presiede alla capacità di trasformazione degli esseri viventi che determina la temporalità dei fenomeni naturali:
In countless swarms an insect-myriad moves
From sea-fan gardens, and from coral groves;
Leaves the cold caverns of the deep, and creeps
On shelving shores, or climbs on rocky steeps.
In sciami innumerevoli una miriade d’insetti si avvia
dai giardini di gorgonie e boschetti di coralli;
abbandona i freddi antri dell’abisso, e s’arrampica
sulle rive inclinate, o sale le scarpate rocciose.
L’immagine principale del dio che, accompagnato dalle sue orde marine, “schiere squamate”, si trasforma sulla riva prima di consegnare il segreto della natura simboleggia per Erasmus Darwin la capacità di miglioramento che ha permesso alle creature marine di trasformarsi per conquistare la terra e dare alla luce ai primi animali terrestri. L’irruzione della temporalità in Arcadia non è quindi solo quella della morte e della rigenerazione ma anche una temporalità evolutiva, uno strappo radicale dalle acque primordiali.
Nel poema di Erasmus Darwin, la natura risveglia costantemente la capacità di metamorfosi dei viventi. Canto dedicato alle profezie di Proteo, Il Tempio della Natura mira a dispiegare la ricchezza del linguaggio, a sfogliare i rotoli di antichi miti, al fine di svelare le verità scientifiche in essi potenzialmente contenute. Così, il Tempo prende la penna per profetizzare i cambiamenti che presiedono ai fenomeni naturali, e “severamente piegato su una pergamena srotolata, vi scrive il futuro con il suo stilo d’oro.” La scrittura, come la temporalità che regna nel mondo naturale, consiste in un movimento di sviluppo. Così in The Economy of Vegetation:
Lo! in each SEED within its slender rind
Life’s golden threads in endless circles wind;
Maze within maze the lucid webs are roll’d,
And, as they burst, the living flame unfold.
The pulpy acorn, ere it swells, contains
The Oak’s vast branches in its milky veins;
Each ravel’d bud, fine film, and fibre-line
Traced with nice pencil on the small design.
Guardate! In ogni SEME entro la sua esile scorza
i fili dorati della vita si avvolgono in cerchi senza fine;
labirinto nel labirinto, le lucide reti sono arrotolate,
e, come si strappano, spiegano la fiamma della vita.
La ghianda polposa, prima di crescere, contiene
i grandi rami della quercia nelle sue lattee vene;
ciascun germoglio piegato, pellicola sottile, e fibra
tracciata da penna fine sul piccolo abbozzo.
Per Erasmus Darwin solo la poesia può abbracciare il movimento della natura. I fili intricati degli esseri viventi promettono la crescente complessità delle specie, “labirinto nel labirinto”. Questo brano, tratto da The Botanic Garden, è ancora una teoria in pieno sviluppo che deve molto, nelle sue immagini e nel suo vocabolario, alle teorie della preformazione. La trasformazione nascerà dalla scrittura simultanea e parallela di The Temple of Nature:
In earth, sea, air, around, below, above,
Life’s subtle woof in Nature’s loom is wove;
Points glued to points a living line extends,
Touch’d by some goad approach the bending ends; […]In branching cones the living web expands,
Lymphatic ducts, and convoluted glands.
In terra, mare, aria, intorno, sotto, sopra,
la trama sottile della vita nel telaio della Natura è tessuta;
punto dopo punto una linea viva si estende,
toccate da qualche stimolo si avvicinano le estremità piegate […]nelle pigne ramificate si espande la rete vivente,
dotti linfatici e ghiandole contorte.
Si forma una linea e poi si curva, convoluzione originale e trama primordiale, “trama sottile della vita”. La natura è tessuta, una lunga storia che si snoda attraverso le fibre. Il sonno del seme non è quindi il sonno della morte ma il racconto profetico delle generazioni che seguiranno e porteranno la promessa di un’evoluzione nel suo senso etimologico (dal latino evolvere: piegare, spiegare, dispiegare o anche leggere):
Incumbent Spring her beamy plumes expands
O’er restless oceans and impatient lands,
With genial lustres warms the mighty ball,
And the Great Seed evolves, disclosing all.
La Primavera inesorabile espande le sue ali raggianti
su oceani impetuosi e terre impazienti,
con amichevoli glorie riscalda il globo possente,
e il Grande Seme si evolve, tutto schiudendo.
Ripiegato, il seme racchiude potenzialmente tutta la complessità degli esseri viventi ma anche la promessa della sua intelligibilità. Il termine “evolve” è qui ancora un seme concettuale, che germoglierà solo sotto la penna di Charles Darwin, il quale, pur senza aver conosciuto l’illustre antenato, morto prima che lui nascesse, trovò sicuramente in famiglia e nel suo ambiente il clima adatto per elaborare la sua idea rivoluzionaria. Così, in The Temple of Nature, Erasmus quasi profeticamente scriveva:
Was born and nurs’d in ocean’s pearly caves;
First forms minute, unseen by spheric glass,
Move on the mud, or pierce the watery mass;
These, as successive generations bloom,
New powers acquire and larger limbs assume;
Whence countless groups of vegetation spring,
And breathing realms of fin and feet and wing.
La vita organica al di sotto di onde senza confini
nacque e fu allevata nelle grotte perlacee dell’oceano;
Prime forme minute, non viste dal microscopio,
si muovono sul fango, o attraversano la massa liquida;
queste, man mano che generazioni successive fioriscono,
nuovi poteri acquisiscono e assumono forme più grandi;
da dove sgorgano innumerevoli tipi di vegetazione,
e il respiro vivente di regni di pinne, piedi e ali. Riferimenti Sophie Laniel-Musitelli, La poésie d’Erasmus Darwin entre science, mythe et pastorale, in Muriel Louâpre, Hugues Marchal et Michel Pierssens (éd.), La Poésie scientifique, de la gloire audéclin, ouvrage électronique mis en ligne en janvier 2014 sur le site Épistémocritique, www.epistemocritique.org, p. 113-131. Erasmus Darwin, The Botanic Garden, a Poem in Two Parts. Part 1: the Economy of Vegetation Erasmus Darwin, The Botanic Garden. Part 2, Containingthe Loves of the Plants Erasmus Darwin, The Temple of Nature; or, the Origin of Society Patrizia Martellini, Vita, morte e miracoli di… Erasmus Darwin, in Pikaia, il portale dell’evoluzione (2011)
Immagine in apertura: Da Joseph Wright of Derby, Public domain, attraverso Wikimedia Commons
Questo articolo è stato pubblicato la prima volta su Popinga l’11 giugno 2021 ed è qui riprodotto con il consenso dell’autore