La “sciabola” del Vecchio Mondo
La storia (naturale) poco nota del ‘leone dai denti a sciabola’ che visse in Europa durante il Pleistocene
La famosa tigre nord-americana Smilodon fatalis rappresenta nell’immaginario collettivo il simbolo per eccellenza dei grandiosi carnivori dai denti a sciabola dell’“Era Glaciale”. Nel corso del Novecento la scoperta di numerosi resti di questa specie nei depositi di bitume di Rancho La Brea, nel cuore di Los Angeles, è stata infatti il trampolino di lancio che ha reso Smilodon fatalis una vera e propria “diva di Hollywood” tra i maestosi felidi del Quaternario. Tuttavia questa specie non è stata la prima tra i feroci predatori dalle lunghe zanne ad essere entrata nella scena delle “Grandi Glaciazioni”. A chi spetta, dunque, questo primato?
Molto tempo prima dell’origine della tigre dai denti a sciabola nord-americana, nel tardo Pliocene, circa 1,8 milioni di anni fa, ha fatto la propria comparsa nel continente eurasiatico un imponente felino avente i canini superiori caratterizzati dall’inconfondibile morfologia a pugnale e dalle evidenti crenulazioni lungo i margini, chiamata Homotherium crenatidens. Come sostenuto dai paleontologi Martin Sabol e Peter Holec nell’articolo pubblicato nel 2008 nel “Paleontological Journal”, la testimonianza della prima comparsa di questi carnivori eurasiatici dai canini a scimitarra proviene dalla località di Včeláre in Slovacchia, in cui sono stati rinvenuti parte di una mandibola e alcuni denti ferini, ovvero molari particolarmente specializzati nel triturare la carne, risalenti a 2 milioni di anni fa.
Homotherium crenatidens, spesso definito anche “il leone dai denti a sciabola”, mostrava alcune caratteristiche peculiari, tra cui la taglia corporea ingente paragonabile a quella del leone odierno Panthera leo: l’altezza al garrese era di circa 110 centimetri e la massa si aggirava in media sui 250 chilogrammi, il cranio molto allungato in senso antero-posteriore, la regione cervicale estremamente muscolosa, la larghezza tra gli zigomi ridotta, le orbite di piccole dimensioni, il ramo mandibolare abbastanza ricurvo, i denti incisivi piuttosto pronunciati e sporgenti e i premolari e molari dal bordo seghettato. Homotherium crenatidens possedeva anche la conformazione degli arti anteriori più robusti e sviluppati dei posteriori analogamente a quando si osserva nell’attuale iena Crocuta crocuta. Inoltre, le scapole erano massicce e la regione lombare, il calcagno e la coda si presentavano più corti rispetto a quelli dei felidi attuali. Infine, le falangi aventi le estremità prossimali simili a quelle di Panthera leo suggeriscono che quest’abile cacciatore fosse stato così ben adattato ai vasti spazi aperti tanto da aver sviluppato maggiori abilità nell’inseguimento piuttosto che nel salto.
Homotherium crenatidens cacciava solitamente ruminanti di taglia medio-grande uccidendoli con una profonda lacerazione al collo inferta con le sue zanne affilate. Nel podio tra le prede predilette si ricordano in primis il cervo Pseudodama seguito dal bisonte Bison priscus e dal cavallo Equus altidens. Solo occasionalmente esso sceglieva di orientare la propria caccia verso i cuccioli di mammut lanoso Mammuthus primigenius.
Furono proprio il lento e progressivo decremento della fauna a ruminanti, la competizione con il sempre più diffuso genere Homo e i repentini cambiamenti climatici a causare un calo demografico così drastico di questa specie da provocarne l’estinzione al crepuscolo della grande “epoca” del Pleistocene Inferiore, circa 781.000 anni fa. Le ultime tracce alquanto frammentarie di Homotherium crenatidens sono state rinvenute nei siti fossiliferi del Pleistocene Inferiore di Senèze in Francia, Incarcal in Spagna, Untermassfeld in Germania, Pirro Nord in Italia, Odessa in Ucraina e Fanchang in Cina.
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Image credit: Velizar Simeonovski