La testa fossile di un theropode
La testa fossile incredibilmente ben conservata di un grifone di 23.000 anni fa apre le porte a ritrovamenti simili di specie più antiche ed oggi estinte
Il sito archeologico di Pompei è noto in tutto il mondo per il suo inestimabile valore storico. Sepolto sotto lo spesso strato di sedimento vulcanico eiettato dal Vesuvio, difatti, è preservato un complesso insediamento risalente a 1935 anni fa, in piena età imperiale romana. Oltre ai manufatti ed agli edifici, l’eruzione del 79 ha preservato anche le impronte degli abitanti e dei loro animali. I corpi delle vittime, sebbene oramai dissolti, sono stati replicati in negativo dalla finissima cenere vulcanica che li ha inglobati. I calchi in negativo dei pompeiani, una volta colmati di gesso e liberati dal sedimento vulcanico, sono quindi repliche fedeli dei corpi di esseri vissuti quasi due millenni fa.
Membro del medesimo sistema vulcanico che comprende il Vesuvio è anche il vulcano dei Monti Albani, a pochi chilometri da Roma. Sebbene questo vulcano sia attualmente considerato quiescente (in quanto non manifesta attività eruttiva nell’Olocene), esso era attivo nel tardo Pleistocene. Ed è durante un’eruzione avvenuta circa 23 mila anni fa che, in maniera analoga al Vesuvio con gli abitanti di Pompei, il vulcano dei Monti Albani ha ucciso e sepolto esemplari della fauna laziale, tra cui un grifone (Gyps fulvus; per chi non lo sapesse: una specie di theropode maniraptoro aviano vivente).
Nel 1889, i resti di questo grifone (ossa ed impronte delle penne) furono rinvenuti in vari blocchi di materiale vulcanico, ma solo di recente si è scoperto che uno di questi blocchi conteneva una cavità risultata essere il calco negativo del collo e della testa dell’animale, ora descritta nel dettaglio da Iurino et al (2014). Il grado di definizione dell’impronta albana è molto maggiore di quella dei calchi pompeiani, nonostante che la prima sia 10 volte più antiche dell’altra. La testa è preservata con la bocca semiaperta, con la lingua chiaramente visibile. I dettagli del becco, del piumaggio e persino delle palpebre sono eccezionali. Se non lo vedessi non lo crederei possibile. Per la prima volta, possiamo osservare l’aspetto in vita di un animale vissuto decine di migliaia di anni fa, non deformato o disidratato (come le mummie degli animali estratti dal permafrost siberiano o dalle torbiere irlandesi), ma quasi perfettamente replicato in negativo (e poi ri-replicato in positivo tramite scansione computerizzata), se si esclude una lieve asimmetria dovuta probabilmente alla fossilizzazione e compattazione del sedimento.
Sebbene il calco di un aviano tardo-pleistocenico, un taxon ancora vivente, possa essere una delusione per chi vorrebbe vedere un animale del tutto estinto, questo fossile ci lancia un messaggio del tutto inaspettato e incredibilmente positivo. Infatti, il grado eccezionale di preservazione di questo fossile pleistocenico apre uno spiraglio per eventuali fossili mesozoici. Mi chiedo se sia possibile che, in condizioni di fossilizzazione analoghe a quelle del grifone laziale, un’impronta negativa di questa fedeltà possa persistere nel record fossile per decine di milioni di anni. Ad esempio, molti fossili dal Cretacico inferiore cinese sono preservati in cineriti vulcaniche, basti pensare all’olotipo di Mei long. Non è un caso che il Biota Jehol da cui provengono gli eccezionali maniraptori cinesi sia stato definito “la Pompei del Cretacico”. In quei casi, lo scheletro si è preservato tridimensionalmente ed articolato, ma la forma del corpo è stata dissolta. Forse, le condizioni tafonomiche dei vulcani italiani non sono molto frequenti ed il chimismo dei vulcani cinesi cretacici non permette questo tipo di impronta. O forse, semplicemente, non abbiamo cercato nei sedimenti giusti perché nessuno si aspetterebbe questo tipo di fossile.
Non voglio azzardare speculazioni troppo ottimistiche, ma penso che, una volta riconosciuto che questo tipo di fossile può formarsi, dobbiamo solo cercare nei luoghi giusti. Fossili come questo grifone pleistocenico sono una preziosa miniera di informazioni per comprendere in quali contesti vulcanici è possibile rinvenire calchi fedeli dei corpi di animali estinti. Probabilmente, un calco vecchio di 120 milioni di anni sarà molto più deformato e compresso rispetto alla fedele copia del grifone pleistocenico, ma sarebbe comunque una fonte di informazioni eccezionale sulla morfologia in vivo di animali ormai scomparsi.
La speranza è l’ultima a morire, ed i fossili hanno il vantaggio di durare oltre la morte.
Andrea Cau
da Theropoda
Bibliografia:
Iurino, D.A., et al. 2014. Exceptional soft tissue fossilization of a Pleistocene vulture (Gyps fulvus): new evidence for emplacement temperatures of pyroclastic flow deposits. Quaternary Science Reviews
Immagine da Iurino et al. 2014