La vita itinerante e avventurosa del fagiolo comune
Come l’uomo ha addomesticato il fagiolo…
I fagioli esistono in Europa fin dall’antichità, ma il genere Phaseolus, di cui si occupa la Dott.ssa Simonetta A. Angioi a Sassari, proviene dall’America: Cristoforo Colombo lo vide già nel corso del suo secondo viaggio. La diffusione in Europa del nuovo legume fu estremamente rapida: da vero “conquistadores” (controcorrente) infatti invase il Vecchio Mondo già a partire dal 1500. Grazie ad evidenze archeologiche, sappiamo che in America il fagiolo comune venne domesticato indipendentemente in due zone: l’area andina (ca. 5500 a.C.) e l’area mesoamericana (ca. 5000 a.C.). Questi due distinti eventi di domesticazione hanno dato origine a due distinti set di geni (o pool genici) e conseguentemente a due fenotipi differenti: il fagiolo mesoamericano piccolo, tondo e bianco e quello andino, più grosso, come il classico borlotto. Per distinguerli si può ricorrere anche all’analisi del seme nonché delle faseoline (le principali proteine di riserva dei semi) e di altri marcatori molecolari.
La distribuzione del fagiolo in Europa è molto complessa ed è difficile ricostruire le peripezie cui è andato incontro durante i suoi viaggi nel Vecchio Continente. La Dott.ssa Angioi ha quindi analizzato una vasta collezione di varietà locali non commerciali di P.vulgaris raccogliendo dati sul DNA citoplasmatico, nucleare e sulla morfologia dei semi. E’ riuscita così a risalire all’origine di queste varietà, che è in prevalenza andina. Questa preponderanza potrebbe riflettere una preferenza dei consumatori europei per il fagiolo domesticato sulle Ande: anche voi preferite il Borlotto? Esiste tuttavia anche un’elevata proporzione di fagioli ibridi, derivanti da incroci tra i due pool genici andino e mesoamericano. Gli ibridi sono invece molto più rari nel continente d’origine. Questa differenza tra Vecchio e Nuovo Mondo è probabilmente dovuta alla mancanza di isolamento geografico che le varietà di fagioli importate hanno trovato in Europa, mentre al contrario questo tipo di barriere è presente in America. L’emigrazione del fagiolo è stata davvero avventurosa e nei suoi viaggi pare abbia perso un po’ la propria identità…
A questo punto è stato quindi analizzato l’”effetto collo di bottiglia” cui il fagiolo è andato incontro nella sua introduzione nel Vecchio Mondo. La drastica riduzione nel numero di individui della popolazione di partenza genera infatti una riduzione nella variabilità della popolazione dovuta al campionamento casuale di una parte della diversità originaria. A Sassari hanno in realtà evidenziato come questo effetto sia trascurabile per quanto riguarda il DNA di cloroplasto, ma di maggiore intensità per quanto riguarda il DNA nucleare. La variabilità riscontrata si distribuisce inoltre in modo abbastanza uniforme in Europa, probabilmente a causa dell’elevato flusso genico tra le diverse regioni, e quindi varietà locali, di fagiolo oppure per l’effetto di una selezione di tipo omogeneizzante.
In conclusione, l’Europa per il fagiolo è un grande calderone dove questa leguminosa può darsi all’avventura e riassortirsi grazie all’elevato interscambio di geni tra le diverse varietà locali.