L’antico “scavenger” delle caverne
La ricostruzione della storia (naturale) dell’imponente iena dell’”Era Glaciale”
Zoolithen Cave in Germania e Bìsnik Cave nel sud della Polonia sono tra le località europee più famose per quanto riguarda il ritrovamento di migliaia di resti ossiferi di grossi mammiferi vissuti nell’”Epoca delle Grandi Glaciazioni”, tra circa i 2,5 milioni e i 10.000 anni fa, come ad esempio l’orso delle caverne Ursus spelaeus e il massiccio leone Panthera leo spelaea. Ugualmente ben rappresentato è anche il record fossilifero della iena delle caverne Crocuta crocuta spelaea, che popolò gran parte dell’Eurasia a partire da circa 500.000 anni fa, nel Pleistocene Medio, fino a 10.000 anni fa, al crepuscolo del Pleistocene Superiore.
Questa specie, descritta originariamente dallo zoologo e paleontologo Goldfuss (1782-1848) nel 1823, presentava alcuni tratti in comune con l’attuale iena Crocuta crocuta, come ad esempio la parte distale del corpo abbassata a causa del minore accrescimento degli arti posteriori rispetto a quelli anteriori e uno spiccato dimorfismo sessuale in cui, a differenza di quanto si osserva nella maggior parte dei mammiferi, gli esemplari di sesso femminile possedevano maggiore dimensioni corporee rispetto a quelli maschili.
Questa specie mostrava anche numerose caratteristiche che la differenziavano dall’odierna iena africana. In primo luogo, le sue dimensioni corporee erano nettamente superiori: la lunghezza era di circa 1,5 metri, l’altezza alla spalla non superava il metro e la massa si aggirava intorno ai 225 chilogrammi. Inoltre dal punto di vista morfologico si contraddistingueva grazie al muso più lungo, alle estremità nasali maggiormente troncate, al femore particolarmente allungato e ai metacarpi e metatarsi corti e sottili. Fu proprio la peculiare morfologia di questi ultimi a suggerire che questa specie fosse meglio adattata agli ambienti chiusi di foresta piuttosto che alle vaste distese steppiche. Inoltre anche la conformazione della mandibola appariva alquanto originale, infatti, la branca orizzontale più robusta nell’area sottostante i denti canini e i premolari permetteva alla corpulenta iena pleistocenica di sopportare stress masticatori estremamente elevati, che erano correlati alla sua dieta tipica dei saprofagi, conosciuti anche con il termine inglese di “scavenger”. A supportare questa sua modalità trofica sono le molteplici tracce di morsi e fratture impresse su un ingente numero di reperti craniali e post-craniali di maestosi vertebrati tardo-pleistocenici provenienti da diverse grotte centro-europee, tra cui si ricorda in particolare la Teufelskammer Cave a nord-ovest della Germania.
Tuttavia C. crocuta spelaea esibiva anche una straordinaria abilità nella caccia che molto probabilmente conduceva in branco, come testimoniato dalle pitture rupestri rinvenute nelle grotte francesi di Lascaux e Chauvet risalenti al Paleolitico Superiore, tra i 40.000 e i 10.000 anni fa. Le sue prede preferite erano probabilmente rappresentate da mammiferi di taglia notevole, quali ad esempio il mammut lanoso Mammuthus primigenius, il leone P. leo spelaea, l’orso Ursus spelaeus, l’uro Bos primigenius, il rinoceronte lanuto Caelodonta antiquitatis, il cervo Megaloceros giganteus, la renna Rangifer tarandus e il lupo Canis lupus.
I resti fossili più recenti di C. crocuta spelaea risalgono al Pleistocene Superiore, tra i 126.000 e i 10.000 anni fa, e sono stati ritrovati nei pressi di Praha-Podbaba, Grotte de Kitsos in Attika, Sloup Cave, Koneprusy Cave e Vypustek Cave nella Repubblica Ceca, Balve Cave, Perick Cave e Emscher River a nord della Germania e Grotte di Pocala, Slivia, Cucigliana e S. Teodoro in Italia.
Successivamente a partire dall’Ultimo Massimo Glaciale, 20.000 anni fa, il crescente impoverimento demografico della specie proseguì incontrastato tanto che la feroce iena spelea scomparve definitivamente intorno ai 10.000 anni fa. Le cause principali dell’estinzione di questo possente carnivoro pleistocenico sono attribuibili all’”Olocene climatic optimum”, ovvero al vertiginoso incremento delle temperature in unione con la drastica regressione sia del suo habitat che di gran parte della megafauna di cui si nutriva.
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