Le mille magie delle dita di zinco
Pikaia ha già avuto modo di parlare dei fattori di trascrizione e di spiegare quanto siano fondamentali per la regolazione dell’attività dei geni. Proprio per il ruolo essenziale che ricoprono, i loro cambiamenti sono spesso associati all’evoluzione di differenze tra specie. Una famiglia di fattori è chiamata con il futuristico nome di “dita di zinco”: possiede infatti curiose strutture, molto […]
Pikaia ha già avuto modo di parlare dei fattori di trascrizione e di spiegare quanto siano fondamentali per la regolazione dell’attività dei geni. Proprio per il ruolo essenziale che ricoprono, i loro cambiamenti sono spesso associati all’evoluzione di differenze tra specie.
Una famiglia di fattori è chiamata con il futuristico nome di “dita di zinco”: possiede infatti curiose strutture, molto simili a “dita”, in grado di legare atomi di questo elemento. Queste proteine possono interagire con un co-repressiore chiamato KAP-1 e mediare così l’attività delle istone deacetilasi a livello di particolari sequenze di DNA che capitano tra le loro mani, viene proprio da dire! L’effetto di questa attività epigenetica è la rimozione dei gruppi acetile, che causa uno stretto impacchettamento del DNA: il gene va in soffitta, per ora non serve! Niente trascrizione!
Ma perché questa particolare famiglia high-tech di fattori di trascrizione è così interessante?
Pare abbia subito numerose espansioni e diversificazioni, soprattutto durante i cicli di duplicazione del genoma che sono avvenuti nei vertebrati. Ora siamo sinceri, ammettiamo il nostro antropocentrismo: l’interesse è motivato anche dal fatto che questi fattori giocano un ruolo fondamentale nelle differenze tra cervello umano e di scimpanzé.
Certo, per confrontare è necessario conoscere! Così un gruppo di ricercatori americani ha accettato la sfida di determinare il contenuto di fattori di questo tipo nei genomi di scimpanzé, orango, macaco rhesus e uomo. I risultati sono molto interessanti. Esiste un elevato numero di proteine di zinco specie-specifiche. Se quindi, come tutti ormai sanno, condividiamo una buona percentuale di genoma con i nostri cugini primati, queste proteine costituiscono una notevole eccezione! Particolarmente sorprendente è la velocità con cui nuovi geni di questa famiglia sono stati “guadagnati” da singole specie. Neanche a dirlo, il tasso di variazione maggiore registrato è a livello dell’antenato comune tra scimpanzé e uomo, circa 14 milioni di anni fa. Il cambiamento principale si registra non a caso nel numero di “dita di zinco, cui corrisponde una diversità di motivi del DNA riconosciuti. Nelle diverse specie i fattori attivano infatti geni diversi che portano di conseguenza a fenotipi molto diversi. Il modo più facile perché questo avvenga è la duplicazione. Il principio è molto semplice: se c’è già qualcuno che fa il mio lavoro, io posso dedicarmi ad altro. Altrimenti, rischia di non funzionare più nulla!
Neanche a dirlo, molte di queste variazioni influiscono sullo sviluppo o regolazione del sistema nervoso, dei muscoli, degli arti o dei denti: caratteristiche che differiscono molto, non a caso, tra uomini e altri primati.
Ormai è inutile cercare di nascondersi.. c’è solo uno zinco tra noi e le scimmie!
Ilaria Panzeri
Riferimenti:
Nowick K., Fields C., Gernat T., Caetano-Anolles D., Kholina N. e Stubbs L. Gain, Loss and Divergence in Primate Zinc-Finger Genes: A Rich Resource for Evolution of Gene Regulatory Differences between Species. PLoS ONE, 6: e21553 (2011).