L’evoluzione dei cromosomi nei mammiferi euteri
La ricostruzione i del corredo cromosomico del progenitore dei mammiferi euteri e tutte le modifiche che sono avvenute negli ultimi 100 milioni di anni contribuisce alla comprensione della loro evoluzione e dei loro meccanismi adattativi
Essere in grado di ricreare, perlomeno virtualmente, il corredo cromosomico di animali estinti, sarebbe sicuramente un ottimo punto di partenza per cercare di comprendere come i cromosomi stessi si siano modificati nel corso del tempo, contribuendo, in seguito a diversi tipi di riarrangiamenti, alla formazione di nuove specie, comprese quelle attuali, e alla comprensione dei meccanismi che hanno portato a determinate modifiche ed adattamenti.
E’ ciò che hanno cercato di fare con i mammiferi euteri alcuni ricercatori della University of California- Davis, pubblicando poi il loro lavoro su Proceedings of the National Academy of Science (PNAS). Grazie alle recenti innovazioni tecnologiche nel campo del sequenziamento del DNA, è stato possibile per gli scienziati avere a disposizione tratti di genoma di dimensioni paragonabili a quelle di un cromosoma, con i quali è stata realizzata una ricostruzione computerizzata dell’intero corredo cromosomico del progenitore dei mammiferi euteri, che dovrebbe risalire a circa 100 milioni di anni fa ed essere stato simile ad un attuale toporagno. E’ importante sottolineare che l’analisi genomica, da sola, non contribuisce a comprendere come il DNA sia organizzato nei cromosomi, ma fornisce semplicemente la sequenza del DNA.
Harris Lewin, leader del gruppo di ricerca, e colleghi, sono partiti analizzando l’intero genoma di 19 specie di mammiferi euteri, tra cui l’uomo, la capra, l’orangutan, il topo, lo scimpanzé. In seguito, con l’ausilio di un nuovo algoritmo ideato per tale scopo e denominato DESCHRAMBLER, sono stati ottenuti l’orientamento e la posizione più probabili che i 2.404 frammenti cromosomici comuni alle 19 specie prese in esame dovevano avere nel loro progenitore comune. Basandosi su queste informazioni è stato possibile ottenerne l’intero corredo cromosomico. In seguito, lo stesso lavoro è stato ripetuto per ricostruire altri set cromosomici, appartenenti ai progenitori alla base di sei gruppi presenti nell’albero filogenetico dei mammiferi euteri: Boroeuteri, Euarchontoglires, Catarrhini (scimmie del Vecchio Mondo), grandi scimmie e uomo-scimpanzé.
I ricercatori hanno stabilito che il progenitore dei mammiferi euteri doveva possedere presumibilmente 42 cromosomi, contro gli “attuali” 46 di Homo sapiens e i 78 di Canis lupus familiaris, solo per citare qualche esempio. Alcuni di questi 42 cromosomi “ancestrali” si sono mantenuti pressoché intatti in diverse linee evolutive degli euteri, meno in altre; anche il tasso di variazione dei cromosomi ancestrali è molto variabile tra gruppi differenti: sei di questi sono rimasti pressoché invariati fino alla comparsa del progenitore comune tra scimpanzé e uomo. In aggiunta, sono state identificati dagli scienziati 162 cosiddetti “punti di rottura”, ovvero punti del DNA in cui è molto più probabile assistere a rotture dei cromosomi e fenomeni di riarrangiamento, come traslocazioni o inversioni.
Nonostante i corredi cromosomi “ricostruiti” dei progenitori comuni includano più dell’80% dell’intero genoma umano, a seguito di fenomeni di riarrangiamento cromosomico, possono essere modificati anche i pattern di regolazione dell’espressione di un gran numero di geni, e questa potrebbe essere una delle principali cause alla base della diversità fenotipica all’interno dei mammiferi. Lo studio di come diversi tratti cromosomici si siano spostati e riarrangiati negli ultimi 100 milioni di anni potrebbe inoltre essere di grande aiuto anche nella comprensione di alcune patologie umane, tra cui il cancro.
Riferimento:
Jaebum Kim et al. Reconstruction and evolutionary history of eutherian chromosomes. PNAS, 2017 DOI: 10.1073/pnas.1702012114
Immagine da Wikimedia Commons