L’evoluzione neutrale del genoma umano
A questa conclusione sono giunti alcuni ricercatori del Johns Hopkins’s Institute of Genetic Medicine, guidati da Nicholas Katsanis: la loro ricerca trova spazio sulle pagine online di PLoS Genetics. Il team, analizzando il DNA umano alla ricerca di geni correlati alla sindrome di Bardet Biedl, si e’ imbattuto in elementi ripetitivi, cioe’ in frammenti costituiti da alcune basi azotate che si ripetono […]
A questa conclusione sono giunti alcuni ricercatori del Johns Hopkins’s Institute of Genetic Medicine, guidati da Nicholas Katsanis: la loro ricerca trova spazio sulle pagine online di PLoS Genetics. Il team, analizzando il DNA umano alla ricerca di geni correlati alla sindrome di Bardet Biedl, si e’ imbattuto in elementi ripetitivi, cioe’ in frammenti costituiti da alcune basi azotate che si ripetono centinaia di volte e che vanno a formare piu’ del 40% del nostro genoma. In particolare Katsanis ha trovato nel DNA nucleare degli elementi ripetitivi provenienti dal mitocondrio, detti numts (che sta per nuclear mitochondrial sequences): ne sono stati riconosciuti ben 1200 tipi, inseriti nei cromosomi. Questo dato e’ confrontabile con il genoma dello scimpanze’, il nostro cugino piu’ prossimo nell’albero filogenetico, mentre risulta nettamente superiore ai numts che si possono riscontrare nel genoma di altri mammiferi non cosi’ vicini a noi. I mammiferi piu’ “antichi” possiedono infatti, come rilevato ad esempio sul topo e sul ratto, un numero decisamente inferiore di numts.
I ricercatori hanno trovato una correlazione tra il numero di numts nel genoma e la complessita’ dell’organismo, ma questi frammenti non possono essere direttamente selezionati, visto che non controllano geni e non esprimono alcuna proteina, e cioe’ alcun tratto strutturale o funzionale dell’individuo sul quale opera la selezione naturale: gli studiosi parlano quindi di evoluzione neutrale di questi segmenti. Secondo i calcoli degli autori, i numts cominciarono a moltiplicarsi nel genoma dei primi primati piu’ di 50 milioni di anni fa, nel bel mezzo della separazione tra la linea evolutiva delle proscimmie e quella dei primati antropoidi: Katsanis spiega quanto osservato con la deriva genetica dovuta ad un effetto “collo di bottiglia” (cioe’ una rapida e drastica riduzione) della popolazione verificatasi all’inizio di questo split, e successiva fissazione neutrale degli elementi ripetitivi di DNA.
Studi come questo contribuiscono a decifrare la complessa architettura del genoma umano, e a spiegare i contributi portati dalle varie forze evolutive, come la selezione naturale nel caso dei geni e degli elementi regolatori, o la deriva genetica casuale, neutra alla selezione, nel caso degli elementi ripetitivi.
Paola Nardi