L’incredibile corpo di Eretmorhipis
Descritti i fossili di una strana specie di ittiosauromorfo
Il record fossile dell’inizio del Triassico testimonia la rapida (in termini geologici) ripresa delle associazioni biologiche superstiti dell’estinzione di massa della fine del Permiano. Il Triassico è probabilmente il periodo di massima “sperimentazione” per i rettili, e numerose novità di quel periodo saranno poi replicate indipendentemente da altri gruppi nel post-Triassico.
All’inizio del periodo, i rettili “invadono” massicciamente gli ambienti acquatici. Nel giro di neanche dieci milioni di anni dopo l’estinzione permiana, i due principali cladi di rettili acquatici, Ichthyosauromorpha e Sauropterygia, sono già nel pieno di una fase di intensa radiazione adattativa. Come spesso accade nel record fossile, le prima fasi di una radiazione adattativa sono le migliori per chi voglia scoprire specie bizzarre e fuori dalle “logiche convenzionali”. Tra gli Ichthyosauromorpha, i più curiosi e alternativi sono in assoluto gli Hupehsuchia. Conosciuti esclusivamente da livelli del Triassico Inferiore di una ristretta regione della Cina, gli hupehsuchi sono un piccolo gruppo di specie marine che formano il sister-group dei ben più famosi ittiosauri.
Si tratta di rettili veramente bizzarri. Il corpo era allungato e, nella maggioranza delle specie, di forma tubulare. Ad accentuare l’aspetto tubulare, il corpo era ricoperto da una serie di ossificazioni dermiche sia dorsali che ventrali (quelle dorsali formavano una triplice strato sovrapposto). Questo complesso sistema di ossificazioni rendeva il corpo e la coda relativamente rigido e compatto. Le pinne erano piuttosto corte e in alcune specie munite di 6 dita sia nella pinna anteriore che nella posteriore.
Due nuovi esemplari di hupehsuchi, riferiti al genere Eretmorhipis, sono descritti oggi (Cheng et al. 2019). Questo taxon era già noto per esemplari incompleti, privi della testa e del collo, che invece sono completi nei nuovi esemplari. Ed è proprio la bizzarra conformazione della testa che lascia sbalorditi (se non fosse che gli hupehsuchi ci avevano già abituato alle stranezze).
Il cranio di Eretmorhipis è corto e schiacciato, vagamente simile a quello di un anatide. Le orbite sono molto ridotte, in proporzione grandi la metà che negli altri hupehsuchi. I due rami laterali della mandibola superiore e quelli della inferiore non si collegano medialmente tramite una giuntura ossea (che nella mandibola formerebbe una sinfisi), quindi è probabile che in vita fossero connesse da cartilagine e fosser in grado di muoversi indipendentemente una dall’altra. Ancora più curiosa è la “apertura” superiore del muso, che al centro ospitava un osso arrotondato privo di articolazioni con il resto del cranio: è probabile che in vita questo osso fosse alloggiato in una capsula di cartilagine. Sebbene a prima vista questo mix di caratteri (orbite molto piccole, muso appiattito simile al becco di un anatra ma privo di sinfisi, “apertura” nel muso che alloggia un “osso fluttuante”) possa apparire alieno, oggi esiste un animale con le medesime caratteristiche: l’ornitornico. Pertanto, è probabile che Eretmorhipis sia stato una “versione rettiliana” dell’ornitorinco, e che come il bizzarro mammifero australiano, avesse ridotto la funzionalità visiva e accentuato la sensibilità del muso, forse per adattarsi ad una dieta legata a piccoli invertebrati in fondali melmosi o poco illuminati.
Ah, dimenticavo: a concludere le stranezze, il terzo strato di ossicoli dermici della “corazza” nel corpo e nella base della coda di questo rettile erano sviluppati a formare delle protuberanze triangolari, vagamente simili agli osteodermi di Stegosaurus!
All’inizio del periodo, i rettili “invadono” massicciamente gli ambienti acquatici. Nel giro di neanche dieci milioni di anni dopo l’estinzione permiana, i due principali cladi di rettili acquatici, Ichthyosauromorpha e Sauropterygia, sono già nel pieno di una fase di intensa radiazione adattativa. Come spesso accade nel record fossile, le prima fasi di una radiazione adattativa sono le migliori per chi voglia scoprire specie bizzarre e fuori dalle “logiche convenzionali”. Tra gli Ichthyosauromorpha, i più curiosi e alternativi sono in assoluto gli Hupehsuchia. Conosciuti esclusivamente da livelli del Triassico Inferiore di una ristretta regione della Cina, gli hupehsuchi sono un piccolo gruppo di specie marine che formano il sister-group dei ben più famosi ittiosauri.
Si tratta di rettili veramente bizzarri. Il corpo era allungato e, nella maggioranza delle specie, di forma tubulare. Ad accentuare l’aspetto tubulare, il corpo era ricoperto da una serie di ossificazioni dermiche sia dorsali che ventrali (quelle dorsali formavano una triplice strato sovrapposto). Questo complesso sistema di ossificazioni rendeva il corpo e la coda relativamente rigido e compatto. Le pinne erano piuttosto corte e in alcune specie munite di 6 dita sia nella pinna anteriore che nella posteriore.
Due nuovi esemplari di hupehsuchi, riferiti al genere Eretmorhipis, sono descritti oggi (Cheng et al. 2019). Questo taxon era già noto per esemplari incompleti, privi della testa e del collo, che invece sono completi nei nuovi esemplari. Ed è proprio la bizzarra conformazione della testa che lascia sbalorditi (se non fosse che gli hupehsuchi ci avevano già abituato alle stranezze).
Il cranio di Eretmorhipis è corto e schiacciato, vagamente simile a quello di un anatide. Le orbite sono molto ridotte, in proporzione grandi la metà che negli altri hupehsuchi. I due rami laterali della mandibola superiore e quelli della inferiore non si collegano medialmente tramite una giuntura ossea (che nella mandibola formerebbe una sinfisi), quindi è probabile che in vita fossero connesse da cartilagine e fosser in grado di muoversi indipendentemente una dall’altra. Ancora più curiosa è la “apertura” superiore del muso, che al centro ospitava un osso arrotondato privo di articolazioni con il resto del cranio: è probabile che in vita questo osso fosse alloggiato in una capsula di cartilagine. Sebbene a prima vista questo mix di caratteri (orbite molto piccole, muso appiattito simile al becco di un anatra ma privo di sinfisi, “apertura” nel muso che alloggia un “osso fluttuante”) possa apparire alieno, oggi esiste un animale con le medesime caratteristiche: l’ornitornico. Pertanto, è probabile che Eretmorhipis sia stato una “versione rettiliana” dell’ornitorinco, e che come il bizzarro mammifero australiano, avesse ridotto la funzionalità visiva e accentuato la sensibilità del muso, forse per adattarsi ad una dieta legata a piccoli invertebrati in fondali melmosi o poco illuminati.
Ah, dimenticavo: a concludere le stranezze, il terzo strato di ossicoli dermici della “corazza” nel corpo e nella base della coda di questo rettile erano sviluppati a formare delle protuberanze triangolari, vagamente simili agli osteodermi di Stegosaurus!
Da Theropoda
Bibliografia:
Cheng L. et al. 2019. Early Triassic marine reptile representing the oldest record of unusually small eyes in reptiles indicating non-visual prey detection. Scientific Reports 9: 152
Immagine: da Cheng L. et al. 2019
Immagine: da Cheng L. et al. 2019