L’infallibile cacciatore eurasiatico

800px Panthera toscana

La storia (naturale) poco nota del giaguaro che visse in Eurasia durante il Pleistocene

La sua taglia era medio-grande e la massa corporea ingente tanto da raggiungere anche i 210 kg. Possedeva, inoltre, una struttura fisica estremamente robusta, arti anteriori possenti, mascelle forti con i canini affilati e di forma conica e artigli retrattili particolarmente acuminati. Come avrete già capito la specie che sto per introdurvi è un felino. Ma quale?

È il più antico rappresentante del genere Panthera noto in Europa, che a partire dagli albori del Pleistocene, circa 2 milioni di anni fa, ha padroneggiato i territori di transizione tra le immense foreste e le ampie praterie: il temibile giaguaro preistorico Panthera (onca) gombaszoegensis. Questo nome difficilmente pronunciabile gli è stato attribuito dal paleontologo Miklos Kretzoi (1907-2005), che nel 1938 descrisse per la prima volta alcuni resti del terribile predatore provenienti dal sito fossilifero di Gombaszög in Ungheria e datati circa 1,5 milioni di anni fa.

Ad ogni modo, il più antico record fossile della specie è italiano grazie al ritrovamento nella località di Olivola in Toscana di alcuni resti craniali e metapodiali, ovvero particolari ossa della zampa, la cui morfologia è un’importante indicatrice della modalità di locomozione, risalenti a circa 1,9 milioni di anni fa. Altri rinvenimenti fossili più recenti provengono dai siti europei di L’Escale in Francia, Mosbach in Germania, Westbury-sub-Mendip, Pakefield e Swanscombe in Inghilterra, Venta Micena e Atapuerca in Spagna, Biśnik in Polonia, Tegelen in Olanda e dalle località orientali di Ubeidiya in Israele e Akhalkalaki e Dmanisi in Georgia.

Ma il maestoso giaguaro ancestrale eurasiatico Panthera (onca) gombaszoegensis è memorabile solo perché è stato il primo tra i panterini ad aver regnato nell’Europa del Pleistocene? Come sostengono i paleontologi Bienvenido Martínez-Navarro, Carlo Meloro, Paul Palmqvist e Alan Turner, questo feroce carnivoro merita di essere ricordato anche per la sua peculiare modalità di predazione che, come suggerito dalla morfologia dello scheletro craniale e postcraniale, sembrerebbe essere stata più affine a quella del giaguaro attuale Panthera onca anziché a quella degli altri panterini ancestrali europei.

Infatti, la mandibola possente e la notevole forza del morso coadiuvata dalla dentatura estremamente tagliente suggeriscono che questa specie non fosse solita azzannare le proprie prede al collo provocandone la morte immediata per asfissia e/o dissanguamento come la maggior parte dei grandi carnivori pleistocenici, bensì le uccidesse in maniera ancora più cruenta riuscendo addirittura a “frantumare” la loro calotta cranica sferrando un energico ed infallibile morso letale.

Inoltre, la particolare conformazione delle ossa metapodiali corte e robuste e della tibia e del femore ha permesso di avvalorare l’ipotesi che la sua tecnica di caccia solitaria non fosse improntata a sfiancare le prede con un lungo inseguimento, come avviene ad esempio nel ghepardo attuale Acinonyx jubatus, ma piuttosto mirasse a raggiungerle o con lenti avvicinamenti seguiti da un fulmineo scatto finale o attraverso imboscate tra la folta vegetazione al margine delle imponenti foreste temperato-fredde. È inoltre molto probabile che esso fosse anche un esperto arrampicatore, come gli odierni leopardi Panthera pardus, al punto tale da potersi permettere di concludere indisturbato un lauto banchetto tra le cime degli alberi.

Grazie alla sua straordinaria forza fisica questo antico giaguaro catturava solitamente ruminanti di taglia medio-grande, in particolare cervidi, quali Praemegaceros verticornis, Eucladoceros dicranios e Pseudodama nestii, che rappresentavano più dell’85% della sua dieta, bovidi, come ad esempio Soergelia minor e equidi, tra cui Equus altidens. Furono proprio il graduale impoverimento di questi ungulati e i progressivi cambiamenti climatici a causare dapprima il lento declino di questa specie e successivamente la sua definitiva scomparsa dal continente eurasiatico intorno a 500.000 anni fa.


Bibliografia:

– Croitor R. e Brugal J.-P., 2010. Ecological and evolutionary dynamics of the carnivore community in Europe during the last 3 million years. Quaternary International 212: 98–108.

– García N. e Virgós E., 2007. Evolution of community composition in several carnivore palaeoguilds from the European Pleistocene: the role of interspecific competition. Lethaia 40: 33–44.

– Hemmer H., Kahlke R.-D., Vekua A. K., 2001. The Jaguar – Panthera onca gombaszoegensis (Kretzoi, 1938) (Carnivora: Felidae) in the late lower pleistocene of Akhalkalaki (south Georgia; Transcaucasia) and its evolutionary and ecological significance. Geobios 34 (4): 475–486.

– Langlois A., 2002. Présence de Panthera Gombaszoegensis Kretzoï, 1938 à la grotte XIV (Cénac-et-Saint-Julien, Dordogne). Paleo 14: 213–220.

– Lewis M., Pacher M., Turner A., 2010. The larger Carnivora of the West Runton Freshwater Bed. Quaternary International 228: 116–135.

– Madurell-Malapeira J., Minwer-Barakat R., Alba D. M., Garcés M., Gómez M., Aurell-Garrido J., Ros-Montoya S., Moyà-Solà S., Berástegui X., 2010. The Vallparadís section (Terrassa, Iberian Peninsula) and the latest Villafranchian faunas of Europe. Quaternary Science Reviews 29: 3972–3982.

– Marciszak A., 2014. Presence of Panthera gombaszoegensis (Kretzoi, 1938) in the late Middle Pleistocene of Biśnik Cave, Poland, with an overview of Eurasian jaguar size variability. Quaternary International 326–327: 105–113.

– Martìnez-Navarro B., Belmaker M., Bar-Yosef O., 2009. The large carnivores from ‘Ubeidiya (early Pleistocene, Israel): biochronological and biogeographical implications. Journal of Human Evolution 56: 514–524.

– Meloro C., 2007. Plio-Pleistocene large carnivores from the Italian peninsula: functional morphology and macroecology. D. thesis, Università degli Studi di Napoli “Federico II”.

– Mol D., van Logchem W., de Vos J., 2011. New record of the European jaguar, Panthera onca gombaszoegensis (Kretzoi, 1938), from the Plio-Pleistocene of Langenboom (The Netherlands). Cainozoic Research 8 (1-2): 35–40.

– Palmqvist P., Pérez-Claros J.-A., Janis C. M., Figueirido B., Torregrosa V., Gröcke D. R., 2008. Biogeochemical and ecomorphological inferences on prey selection and resource partitioning among mammalian carnivores in an early Pleistocene community. Palaios 23: 724–737.

– Palmqvist P., Pérez-Claros J.-A., Janis C. M., Gröcke D. R., 2008. Tracing the ecophysiology of ungulates and predator–prey relationships in an early Pleistocene large mammal community. Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology 266: 95–111.

– Petronio C., Bellucci L., Martiinetto E., Pandolfi L., Salari L., 2011. Biochronology and palaeoenvironmental changes from the Middle Pliocene to the Late Pleistocene in Central Italy. Geodiversitas 33 (3): 485–517.

– Sunquist F. e Sunquist M., 2002. Wild Cats of the World. The University of Chicago Press, Chicago: 285–304: 343–372.

– Turner A., 1997. The Big Cats and their fossil relatives. Columbia University Press (ed.), New York.



Immagine: By Ghedoghedo (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons