L’inganno dei robot

Losanna, il biologo evoluzionista Laurent Keller, gli ingegneri Sara Mitri e Dario Floreano studiano l’evoluzione dell’intelligenza artificiale (AI). SuperQuark ne aveva trasmesso recentemente un servizio. ScienceBlogs pubblica un articolo a proposito di una interessante svolta nell’evoluzione dell’AI dei piccoli robot. Questi robot sono programmati attraverso un “genoma” binario a 264 bit, in cui 33 geni (da 8 bit) sono sottoposti

Losanna, il biologo evoluzionista Laurent Keller, gli ingegneri Sara Mitri e Dario Floreano studiano l’evoluzione dell’intelligenza artificiale (AI). SuperQuark ne aveva trasmesso recentemente un servizio. ScienceBlogs pubblica un articolo a proposito di una interessante svolta nell’evoluzione dell’AI dei piccoli robot.

Questi robot sono programmati attraverso un “genoma” binario a 264 bit, in cui 33 geni (da 8 bit) sono sottoposti ad un tasso di mutazione pari a 1/100 di mutazione dei bit. Attraverso il “genoma” sono programmati per cercare, con sensori appositi, la fonte di “cibo” rappresentata nel ring di studio da un’area rossa. Essa è però capace di ospitare solo 8 robot (su 10) per ogni round di esperimento. Specularmente è invece presente una fonte di “veleno”: ai robot vengono assegnati dei “punti di sopravvivenza” a seconda di quanto tempo passano vicino al “cibo” o al “veleno”.

I robot possono anche comunicare tra loro attraverso una luce blu ed un sensore apposito, o meglio, inizialmente la luce blu lampeggiava casualmente ma nel corso delle generazioni solo il “genoma” binario dei robot sopravvissuti (con il punteggio di sopravvivenza più alto) è stato fatto accoppiare, simulando così una selezione. Dopo solo 9 generazioni la luce blu divenne informativa “luce blu = cibo”, ma siccome le risorse di “cibo” contuinuavano ad essere limitate, alla 50esima generazione la luce blu divenne poco informativa: il 60% robot cominciarono quindi a fingere di non essere presso la fonte del “cibo”.

La svolta è interessante per quanto riguarda l’AI ma certamente è “solo” un’ulteriore conferma per quanto riguarda la teoria dell’evoluzione: come per gli animali (basati sulla chimica del carbonio), non è sempre una buona idea comunicare la presenza del cibo. Interessante sarà il prossimo step di questo processo evolutivo: ammesso che vi possa essere un riconoscimento fenotipico tra robot, i portatori di copie dello stesso gene dovrebbero divenire propensi a comunicarsi la presenza del cibo, piuttosto che a portatori di geni differenti.

Robottini egoisti!

Giorgio Tarditi Spagnoli