Linneo è morto, Hennig vive

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Anastasia Thanukos affronta la spinosa questione dell’abbandono di Linneo in un articolo su Evolution: Education and Outreach. Se ammettiamo che per Linneo, nel lontano 1758, inventare un sistema di classificazione fosse un modo per indagare nella mente del “creatore”, riusciamo più facilmente a capire perché oggi, 251 anni dopo, questo sistema stia crollando a pezzi. Anzi, dovremmo chiederci come possa […]

Anastasia Thanukos affronta la spinosa questione dell’abbandono di Linneo in un articolo su Evolution: Education and Outreach. Se ammettiamo che per Linneo, nel lontano 1758, inventare un sistema di classificazione fosse un modo per indagare nella mente del “creatore”, riusciamo più facilmente a capire perché oggi, 251 anni dopo, questo sistema stia crollando a pezzi. Anzi, dovremmo chiederci come possa aver resistito per così tanto tempo.

Il pensiero di Darwin segnò la fine del pensiero tipologico-essenzialistico in biologia, e più in generale nella scienza (si sperava anche in filosofia…), e l’entrata del pensiero popolazionistico : in altre parole Darwin tolse il prosciutto ideologico dagli occhi della scienza per fargli vedere che il mondo non è una versione degenere del meraviglioso mondo delle idee platoniche, ma semplicemente è quel che è.

Ma questa rivoluzione non toccò però la tassonomia che continuò a persistere pressoché immutata, aggiungendo ranghi su ranghi, inutilmente farcendo l’artificio linneano. L’unica forza del sistema, che gli permise di resistere fino ad oggi fu, la sua natura gerarchica: poiché l’evoluzione è un fatto, noi possiamo studiare gli organismi attuali e ricostruirne i gradi di parentela secondo gruppi sempre più inclusivi.

Tuttavia, a parte la natura gerarchica, non c’è nulla che possa giustificare l’abuso protratto del sistema linneano (se non la partigianeria culturale). Qualche esempio: 1) il frequente cambio di nomi in tassonomia deriva dal fatto che esistono i ranghi, poiché un gruppo non può essere contenuto in un altro gruppo dello stesso rango; 2) la nomenclatura binomia di genere e specie è praticamente virtuale in casi dove vi siano generi con una sola specie (cosa che accade in molti taxa fossili, in specie che prima non si pensavano correlate ad altre etc.) per non parlare del trinomio o quadrinomio; 3) la logica del rango porta a pensare che due taxa del medesimo rango siano biologicamente confrontabili per una qualche ragione (arbitraria!), spesso con conseguenze atroci sulle politiche di conservazione e sulle stime della biodiversità; 4) perché il sistema linneano dà nomi a taxa inutili che non corrispondono a cladi (taxa non naturali: parafiletici o peggio polifiletici) e che quindi finiscono nel dimenticatoio, contemporanemente rendendo inutilizzabili quei nomi per il futuro. Per questa ed altre ragioni il progetto del PhyloCode ha la sua ragione d’essere (Pikaia ne ha trattato qui). Esso si propone di rendere coerente la tassonomia con i metodi filogenetici oggi in uso (e, probabilmente, pure nel futuro), inaugurati da Willi Hennig con “Phylogenetic Systematics” del 1966.

Entrare nella logica filogenetica è abbandonare il pensiero tipologico-essenzialistico ed aprire – dopo 251 anni – la mente a che cosa significhi realmente “discendenza con modificazioni”.

Giorgio Tarditi Spagnoli