L’uomo alato del nostro futuro: la leggenda di André Faglin

A fine ‘800 i giornali americani impazziscono per la storia, travestita da resoconto scientifico, di André Faglin: un uomo con le ali. Sofia Lincos e Giuseppe Stilo, esperti di folklore del CeRaVoLC, tracciano l’evoluzione di questa invenzione, a metà fra evoluzionismo popolare e falsi giornalistici ottocenteschi.

Una storia davvero assurda ma che, a quanto pare, ebbe un certo successo, negli Stati Uniti – tanto da giungere anche su alcune riviste mediche del tempo (che, va detto, guardarono alla vicenda con uno sguardo molto scettico). È la leggenda di André Faglin, l’uomo che voleva volare.

Non sappiamo bene dove e quando nacque. Sembrerebbe aver avuto origine da un articolo comparso in Francia, dove è ambientata, agli inizi del 1873; però non circolò molto in quel Paese, ma si diffuse soprattutto oltreoceano, negli Stati Uniti.

La prima volta che la vediamo comparire è su un quotidiano della Virginia, il Norfolk Virginian del 12 febbraio 1873; ma la vicenda, sempre travestita da resoconto scientifico, apparve di seguito su altri giornali (Beaver Radical, 28 febbraio; The Jeffersonian, Pennsylvania, 27 febbraio; The Spirit of Democracy, 11 marzo; The New York Daily Herald, 12 maggio; Portland Daily Press, 14 maggio… ). Il testo è sempre lo stesso.

Vi si annunciava che “di recente” un certo “signor Harnois-Condamine” aveva riferito sulla Révue des merveilles scientifiques di Parigi una storia a dir poco sconcertante.

Questo signore ha scoperto la concreta evidenza di un nuovo sviluppo della razza umana, grazie alla quale prossimamente l’uomo prenderà le ali e volerà nell’aria. L’uso della fede nelle teorie darwiniane della selezione delle specie al fenomeno che il sig. Harnois-Condamine descrive è tutto ciò che serve per prevedere che l’uomo futuro diverrà una creatura simile a uno struzzo, per metà del tempo a passeggio, per l’altra metà svolazzante per il mondo, L’aggiunta di ali alle donne le trasformerà, naturalmente, non in struzzi, ma in angeli.

Il racconto suona un po’ come una presa in giro di Darwin e delle sue teorie. L’origine delle specie – pietra miliare dell’evoluzionismo – era uscito 14 anni prima, nel 1859: da quel momento, il dibattito si era diffuso in Europa e Stati Uniti, raggiungendo anche picchi accesissimi. Scherzi e vignette volte a mettere alla berlina il nuovo modello scientifico comparivano spesso, soprattutto sulla stampa religiosa. L’articolo su Faglin e la possibile evoluzione futura dell’essere umano toccava quindi una questione “aperta”, intorno a cui gli animi potevano scaldarsi e le discussioni scoppiare – proprio come avviene, ai nostri giorni, con le fake news, che vanno a insistere sui temi maggiormente divisivi e di attualità.

Ma dunque, quali erano le prove che l’umanità si stesse evolvendo proprio in quella direzione? Il giornale lo spiegava nei dettagli: nelle montagne dell’Auvergne, dunque, c’era un uomo, certo André Faglin (a dire il vero nella stampa americana il nome è indicato come “Andre”, forse per la scarsa dimestichezza con le vocali accentate). Era un atleta, un ottimo nuotatore e un gran camminatore…

Ma il bello viene adesso:

Sembrava poter camminare sia sulle gambe sia sulle braccia. Il moto delle braccia cresceva col correre, finché, come lo si descrive, “sembrava davvero esser spinto nell’aria come un nuotatore che procede nell’acqua una manata dopo l’altra”. Sosteneva che quel movimento lo faceva aumentare di velocità.

Dalla descrizione fenomenologica si passa a uno dei grandi miti del tempo: il tavolo settorio.

Quando André morì, il signor Harnois-Condamine, assistito dal signor Bravais, della Scuola di anatomia, sezionò il corpo. Furono rinvenuti degli sviluppi anormali che, presi uno per uno, potevano far pensare a delle deformità ma che, prese insieme, puntavano verso un nuovo tipo – il tipo del volatile. Secondo questi signori il braccio era senz’altro l’inizio della struttura di un’ala. La forma del petto, l’allungamento della scapola, la scatola toracica e vari altri sviluppi indicano in modo conclusivo la condizione di un essere umano con le ali.

L’anatomia, dunque, conferma che André Faglin era un uomo-ucccello, ma… un uccello inadatto al volo, incosciente dal punto di vista psichico della sua imminente condizione: corre e nuota, sembra librarsi, muove le braccia come le ali, ma lui stesso racconta che quel moto peculiare lo sostiene nella corsa. Non sostiene che un giorno volerà. Quelle di Faglin sembrano quasi delle tare, più che delle super-dotazioni…

È a questo punto che nella nostra storia entra in gioco l’idea della trasmissione ereditaria dei caratteri unita alle fantasie del tempo sull’evoluzionismo darwiniano.

Alla sua morte Faglin lasciò un figlio di un anno circa, che mostra quegli stessi sviluppi ma a un grado più pronunciato [il corsivo è nostro, NdA], con due ulteriori caratteristiche proprie dei volatili. Una di queste è una nettissima, seppur rudimentale, terza palpebra, la seconda è una massa libera e ondeggiante di pelle che si ripiega dietro il braccio quando quella membra è a riposo.

Il figlio di André Faglin, capostipite della nuova specie, annuncia forse il futuro dell’umanità, il suo miglioramento?

Queste aggiunte additano la rapidità del processo di sviluppo delle nuove specie promesse. Detto processo naturalmente sarà graduale e si svolgerà lentamente attraverso i matrimoni e le nascite. È stato affermato che la forza dei muscoli necessari per il volo non è così grande come si stimava nel passato, e che l’elasticità è un aiuto altrettanto importante. Le aggiunte che sono state osservate hanno una particolare qualità elastica.

Ma al rampollo della nuova specie andrà assegnato un maestro. Anche lui andrà guidato. Gli consegneremo qualcosa, un’eredità, delle istruzioni:

Il sig. Harnois-Condamine propone di assumersi l’istruzione di questo bambino, probabilmente al fine di crescerlo come se dovesse volare.

Se non ce la farà da sola, dunque, la vecchia specie, la nostra, farà da levatrice e pedagoga a quella nuova, nell’auspicio che – alla lettera – un giorno non distante spicchi il volo.

Come dicevamo, non siamo in possesso della presunta fonte primaria francese: non siamo nemmeno riusciti a identificare in modo esatto la testata sulla quale sarebbe apparsa. Però è possibile che la storia sia davvero stata inventata in Francia, perché sul numero del 6 marzo 1873 di una delle principali riviste mediche americane, The Boston Medical and Surgical Journal, apparve l’articolo Winged Men (Uomini alati): la storia è la stessa, ma fraseggio e linguaggio sono diversi da quelli usati dai quotidiani statunitensi. Danno da pensare che un’altra fonte – forse proprio quella “originale” francese – ci fosse davvero.

I redattori della rivista medica, comunque, non si bevvero la storia. Il pezzo della Révue des merveilles scientifiques era definito “un ingegnosissimo articolo pseudo-scientifico”. Definivano l’autore del pezzo originale, Harnois-Condamine, un “professore di fisiologia” – ma non indagarono se il professore esistesse davvero.

L’articolo originale, si precisava dunque, aveva suscitato “critiche e commenti” sulla stampa francese, e in realtà sarebbe stato accompagnato da una descrizione di anormalità anatomiche in tutta la famiglia Faglin, culminanti nell’autopsia di André e nella descrizione dettagliata delle sue peculiarità scheletriche.

Il lettore è artatamente spinto a pensare che tutti questi aspetti anormali puntino in una sola direzione… una specie dotata di ali.

Per il francese era possibile che quel passaggio alla nuova specie fosse rapido.

Ad eccezione di uno o due svarioni che testimoniano un’imperfetta conoscenza della patologia, l’articolo è tenuto insieme con gran capacità, in modo da imbrogliare a perfezione il pubblico generale cui è destinato. Sembra indicare con forza un falso piuttosto simile a quello che fu perpetrato dal nostro connazionale, il signor Poe.

Il riferimento va molto probabilmente a una delle storie inventate da Edgar Allan Poe. Il celebre scrittore lavorava infatti come giornalista e si divertì più volte a pubblicare suoi racconti come episodi di cronaca. Le sue bufale d’autore sono almeno sei: un serial hoaxer, diremmo oggi. Quella a cui faceva riferimento la rivista medica è probabilmente La verità sul caso di Mr. Valdemar, pubblicato il 20 dicembre 1845 sul Broadway Journal. Nel testo si racconta di un uomo affetto da tubercolosi mesmerizzato in articulo mortis (cioè, mentre era in fin di vita). Durante la trance ipnotica, l’uomo risponde alle domande che gli vengono poste, e continua a farlo… anche dopo la morte. Diversi lettori – tra cui almeno uno studente in medicina – presero la storia come un resoconto autentico di un esperimento, e gli scrissero per chiedere conferme ed ulteriori dettagli. Per un po’ Poe rispose scherzosamente ai suoi interlocutori, ma alla fine ammise la bufala…

Lo stesso testo del Boston Medical comparve nel numero di aprile 1873 del The Richmond and Louisville Medical Journal.

Nel suo complesso, dunque, tutto fa pensare che una fonte originale ci fosse. Noi, dopo la prima versione (quella che abbiamo incontrato per prima il 12 febbraio sui quotidiani) e la seconda (quella che vediamo una prima volta il 6 marzo sulla stampa medica), dobbiamo registrarne una terza, un po’ più tarda e sempre americana – ma anche stavolta, di francese non troviamo niente! Aggiunge altri dettagli ancora più barocchi.

La vediamo sul quotidiano dell’Ohio The Holmes County Republican del 3 aprile 1873.

Secondo il giornale, l’autopsia era avvenuta il 16 settembre 1871. Il padre di Faglin era ipocondriaco, credeva che si sarebbe presto trasformato in un tacchino. Rifiutava di rispondere se non dopo esser stato chiamato monsieur Dindon (cioè tacchino, in francese, ma anche idiota). Morì il giorno di Natale saltando da una finestra, perché pensava che il cuoco lo inseguisse. Faglin figlio aveva quattro fratelli, e solo adesso apprendiamo che era morto nella guerra con la Prussia, trafitto ai polmoni da un ulano. Nel suo complesso, il testo sembrava riprendere quasi alla lettera una qualche fonte originaria – si dovrebbe supporre il pezzo della Révue des merveilles scientifiques, o di qualsiasi altra testata si trattasse.

Solo a distanza di tempo, il 5 luglio del 1873, su un quotidiano della Louisiana, The Opelousas Courier (ma la fonte originale doveva essere il più blasonato New York Herald) comparvero alcune considerazioni più sofisticate circa il significato della storia. A parte narrare i dettagli che già conosciamo, l’ignoto autore del pezzo spiegava che, grazie ad Harnois-Condamine, si poteva capire meglio il senso del romanzo a sfondo esoterico dell’inglese Edward Bulwer-Lytton, The Coming Race, che era uscito un paio d’anni prima. Questo libro, che influenzerà anche la nascente Teosofia, aveva al centro la scoperta di una specie antidiluviana che viveva nelle viscere della Terra e che era simile agli angeli. Si trattava di una “razza del passato” che però, più forte della nostra, era quella del futuro del mondo, dominato da superuomini.

Fa piacere sapere che l’umanità per seimila anni [periodo tradizionalmente calcolato dalla creazione, NdA] ha celato in sé, inconsapevole, un angelo. Mancavano le ali, e siamo grati al signor Harnois-Condamine per averci resi edotti su ciò che diventeremo, come lo siamo al signor Darwin per averci informati su ciò che siamo stati. L’emblema dell’umanità è un crescente sul quale una scimmia siede sulla cuspide inferiore e un uccello su quella superiore. Tutto ciò che giace nel mezzo è l’ampliarsi dalla base verso il centro, mentre nella diminuzione del crescente sta il raffinarsi sino all’esaurimento. Meno che angelica, più che scimmiesca, è la nostra condizione attuale; il signor Harnois-Condamine è il grato mediatore che riconcilia Darwin e Davide, “Le origini dell’uomo” con il quinto versetto del Salmo 8.

Questa invenzione giornalistica, insomma, fa capire quanto fosse nell’aria la fine della fiducia nel fondamento storico dei testi biblici per eccellenza, quelli sulla nascita dell’universo. Al tramonto di questa fiducia però si andavano sostituendo nuovi miti più adatti ai moderni. Per questo fu facile, almeno per le persone colte che leggevano quelle storie, crearne di nuovi intorno all’evoluzionismo e ai suoi esiti.

L’uomo moderno guardava in due direzioni, nella nostra storia: verso il suo passato di scimmione, e verso il futuro semi-angelico, librato dal suolo. Il versetto biblico citato dal New York Herald dice:

Eppure tu l’hai fatto solo di poco inferiore a Dio, e l’hai coronato di gloria e d’onore. (Versione Nuova Riveduta 1994)

La storia dell’uomo che si stava evolvendo in una creatura alata era destinata a suscitare credulità, o divertimento, o stupore, in chi la lesse nel 1873. Ma era anche un falso che parlava profondamente dei tempi e delle cose che si annunciavano. Su scala minore ricorda la ben più celebre vicenda del Vespertillio Homo, gli uomini con ali da pipistrello abitanti della Luna che furono annunciati nell’agosto 1835 dalle pagine del New York Sun (e che dunque avevano preceduto di ben 38 anni la nostra vicenda). Sotto questo profilo, la leggenda della famiglia di André Faglin è dunque degna di esser ricordata. Sarebbe bello cercare di capire chi ne fu l’autore, e se davvero ebbe origine in Francia, come le fonti sembrano far credere.

Immagine in apertura: L’anfiteatro in cui si riunivano gli uomini-pipistrello annunciata da “The Sun” di New York del 28 agosto 1835, nel celebre falso di cui, in qualche misura, l’uomo alato francese è conseguenza. Pubblico dominio, via Wikimedia Commons


Questo articolo è stato pubblicato la prima volta il 13 ottobre 2021 sul sito del Centro per la Raccolta delle Voci e Leggende Contemporanee  (CeRaVoLC)ed è qui riprodotto con il consenso degli interessati.

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