Memorie nella pietra

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L’idea che i microrganismi fossero coinvolti nella preservazione e mineralizzazione dei tessuti organici non è nuova, ma fino ad ora non era mai stata dimostrata. Ci hanno pensato Elizabeth Raff e la sua squadra di ricerca, con un elegante studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, nel quale vengono ricostruiti sperimentalmente i vari passaggi della tafonomia degli […]

L’idea che i microrganismi fossero coinvolti nella preservazione e mineralizzazione dei tessuti organici non è nuova, ma fino ad ora non era mai stata dimostrata. Ci hanno pensato Elizabeth Raff e la sua squadra di ricerca, con un elegante studio pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences, nel quale vengono ricostruiti sperimentalmente i vari passaggi della tafonomia degli embrioni.

Gli esperimenti sono stati condotti su embrioni di un echinoide australiano, l’Heliocidaris erythrogramma, che come morfologia e taglia richiama le caratteristiche degli embrioni fossili del Cambriano; il decadimento post-mortem degli embrioni è stato analizzato in diverse condizioni sperimentali per determinare quali fossero in grado di produrre dei fossili con caratteristiche simili a  quelle dei ritrovamenti.

I risultati degli esperimenti mostrano tre fasi critiche per la formazione degli embrioni fossili: in primo luogo deve essere arrestato il naturale processo di autolisi delle cellule.  Il blocco dell’autolisi può verificarsi in presenza di un’atmosfera riducente o anaerobica e condizioni analoghe sono state effettivamente riscontrate nei sedimenti in cui sono stati ritrovati gli embrioni fossili. La seconda condizione determinante è la rapida formazione di un biofilm microbico che consuma l’embrione, formando però una replica che ne mantiene la morfologia e l’organizzazione interna, grazie alle proprietà della matrice extracellulare del biofilm stesso. La formazione del biofilm batterico è stata dimostrata sia in condizioni aerobiche che anaerobiche e tramite sequenziamento del rRNA16s  sono stati identificati i ceppi batterici presenti. La terza condizione che deve verificarsi è ovviamente la mineralizzazione, che insorge dopo alcuni giorni di decadimento, si pensa grazie alle particolari proprietà dei polimeri extracellulari presenti nel biofilm.

I vari esperimenti mostrano un pattern di degradazione simile allo spettro di preservazione osservato nei diversi campioni fossili e suggeriscono che questi siano in realtà pseudomorfi, nei quali il biofilm batterico ha sostituito il tessuto originale, mantenendone la morfologia e permettendone la mineralizzazione. Questa scoperta rappresenta un grande passo avanti nella comprensione dei processi di decadimento e preservazione dei tessuti molli e pone come nuovo obiettivo delle prossime ricerche un migliore approfondimento dei processi microbici coinvolti.

Silvia Demergazzi