Nati sotto il cielo d’Africa

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“Light will be thrown on the origin of man and his history” (C.Darwin, “On the origin of species”, 1859, pg.488)  Nell’ultimo numero di PNAS Ian Tattersall affronta proprio questa ipotesi in dettaglio, descrivendo come il genere Homo si sia evoluto in Africa circa 2 milioni di anni fa e quindi si sia rapidamente diffuso all’esterno del proprio continente natale per […]

Light will be thrown on the origin of man and his history” (C.Darwin, “On the origin of species”, 1859, pg.488)
 
Nell’ultimo numero di PNAS Ian Tattersall affronta proprio questa ipotesi in dettaglio, descrivendo come il genere Homo si sia evoluto in Africa circa 2 milioni di anni fa e quindi si sia rapidamente diffuso all’esterno del proprio continente natale per popolare prima di tutto l’Eurasia, come Homo heidelbergensis.

Già Darwin e Huxley, ricorda Richard G.Klein nell’editoriale, sostennero che fosse l’Africa la patria della nostra specie, nonostante non disponessero di prove fossili per predire il pattern fondamentale che noi oggi conosciamo. La teoria evoluzionistica darwiniana descrive tuttavia efficacemente la ricostruzione filogenetica attualmente riconosciuta.

H.sapiens ha numerose caratteristiche che lo distinguono dagli altri ominidi, primariamente nella sua struttura cerebrale e scheletrica. Ma come e dove ha acquisito questi caratteri? Proprio nell’Africa sud-orientale. Da qui l’ipotesi di una singola origine africana della nostra specie, in opposizione all’ipotesi “multi regionale”.

I fossili Herto e Kibish (Etiopia) dimostrano piuttosto chiaramente che la morfologia inusuale della nostra specie si determinò in Africa in un periodo successivo a 200 mila anni fa, come conseguenza di un singolo cambiamento nel processo di regolazione genica, con effetti nello sviluppo di tutto il corpo. Un altro fossile è  particolarmente significativo: quello di Qafzeh (Israele): infatti, benché la sua morfologia sia spiccatamente moderna, è accompagnato da strumenti in pietra tipici del medio Paleolitico più o meno identici a quelli del contemporaneo Neanderthal. Dunque il pattern di evoluzione comportamentale e cultura materiale è totalmente sconnesso dalle innovazioni anatomiche. Anche per H.sapiens, infatti, la moderna anatomia apparve significativamente prima di ogni evidenza di comportamento simbolico. I più antichi oggetti considerabili “simbolici” derivano dal sito di Blombos Cave (Sudafrica), databili circa 77 mila anni fa. Anche in senso comportamentale e simbolico, quindi, l’Africa costituisce la culla della nostra civiltà.

Queste capacità  culturali erano quindi plausibilmente già presenti nel primo H.sapiens, ma non sfruttate (perlomeno nel contesto cognitivo): secondo il principio della cooptazione, infatti, ogni nuovo comportamento dev’essere permesso da una struttura precedentemente esistente. Come avvenne questa transizione resta un mistero, ma un buon candidato ad uno stimolo in senso simbolico è sicuramente l’invenzione del linguaggio, che, a sua volta, richiese strutture vocali già exattivamente acquisite nell’anatomia dell’H.sapiens più arcaico.

Ilaria Panzeri


Riferimenti:
Ian Tattersall. Human origins: Out of Africa. PNAS, 106: 16018–16021.
Richard G.Klein. Darwin and the recent African origin of modern humans. PNAS, 106: 16007-16009