Nel condominio di Lucy

Reconstruction of the fossil skeleton of Lucy the Australopithecus afarensis

Ad un anno dalla scoperta di Australopithecus deyiremeda, è stata pubblicata una review sull’affollata regione dell’Afar (Etiopia) di 3 milioni di anni fa. Là dove si pensava vivesse solo Lucy, si sono scoperti almeno tre nuovi vicini di casa, che rendono più complesso il nostro quadro evolutivo e fanno nascere numerose domande

 

È passato poco più di un anno da quando è arrivata la conferma che i resti ritrovati nel 2012 a Burtele, nella regione del Woranso-Mile, in Etiopia appartenevano ad una specie di Australopithecus non ancora classificata: A. deyiremeda (Pikaia ne ha parlato qui). A. deyiremeda è diventata la quarta specie di ominino conosciuta ad abitare i dintorni dell’Afar attorno ai tre milioni di anni fa, dopo la scoperta di Lucy (A. afarensis) (1973), di A. bahrelghazali (1995) e di Kenyanthropus platyops (1999). Il gruppo si infoltisce notevolmente se si considera un’area geografica più estesa, includendo così A. africanus (1924) che viveva 3 milioni di anni fa in Sudafrica, o un periodo di tempo più ampio, aggiungendo anche A. garhi (1997), che ha abitato gli altipiani etiopi mezzo milione di anni più tardi. 

Ma l’abbondanza di reperti fossili, di diverse specie, corrisponde effettivamente ad una maggiore conoscenza di quel periodo da parte nostra? 
È quello che si chiede Yohannes Haile-Selassie, curatore della sezione di antropologia del Museo di Storia Naturale di Cleveland, direttore degli scavi che hanno portato alla luce i resti di A. deyiremeda e autore di un recente lavoro che riassume le scoperte, le risposte e le domande che si sono susseguite sin da quando Lucy ha (ri)fatto capolino nel mondo.

La scoperta di Australopithecus afarensis avvenuta nel 1974 è stata una pietra miliare della paleo-antropologia, che ha esteso a oltre 3 milioni di anni l’età dei più antichi resti di ominini ritrovati e ha confermato l’estensione del percorso evolutivo umano. Da allora, ci si è sempre domandati se questo percorso fosse composto da un susseguirsi lineare di specie preumane, ognuna delle quali dava vita alla successiva.

Questo era quello che sembrava emergere dai primi reperti fossili fino al ritrovamento di numerose specie vissute in luoghi diversi ma negli stessi periodi. Per quanto concerne il genere Australopithecus, infatti, nel 1995 in Ciad sono stati scoperti dei resti di una nuova specie, classificata come Australopithecus bahrelghazali. Ritrovati nella valle di Bahr el Ghazal, a meno di 3000 chilometri di distanza dall’Afar, consistevano in niente più di una parziale mandibola, risalente a 3-3,5 milioni di anni fa, di un individuo chiamato Abel.

Ad Abel si è presto aggiunto un terzo ominino, i cui resti sono stati ritrovati in Kenya, sulle sponde del lago Turkana, nel 1999 da Meave G. Leakey. Si tratta, in questo caso, di un esemplare di un nuovo genere, classificato come Kenyanthropus platyops. Si arriva così al 2012, con la scoperta dei resti di Australopithecus deyiremeda a pochissimi chilometri di distanza da dove è stata ritrovata Lucy. La conferma della scoperta di una nuova specie conferma la coesistenza di più specie di ominini, a poca distanza tra loro

Le domande che ora sorgono riguardano l’interazione tra queste specie. Come erano legate tra loro e come si relazionavano? Come condividevano l’habitat, in particolare riguardo la gestione delle risorse? Sono domande a cui è difficile dare una risposta a causa dell’esiguo numero di reperti, spesso non ottimamente conservati, ma fondamentali per ricostruire, anche da un punto di vista etologico, quei primi fondamentali passi della nostra stirpe.


Riferimenti:
Yohannes Haile-Selassie, Stephanie M. Melillo, and Denise F. Su. The Pliocene hominin diversity conundrum: Do more fossils mean less clarity? PNAS, June 6, 2016 DOI: 10.1073/pnas.1521266113

Immagine da Wikimedia Commons