Nel Paese delle Meraviglie anche la matematica è un piacere

5939

Uno degli apparenti paradossi della teoria evoluzionistica è l’affermarsi dell’altruismo nelle specie biologiche (Pikaia ne ha già parlato qui). Come può, infatti, essere selezionato positivamente un comportamento che danneggia chi lo tiene a favore del beneficiario?Una soluzione a questo problema fu proposta dal biologo W. D. Hamilton con la teoria della kin selection. Hamilton, infatti, mostrò matematicamente come questo comportamento […]


Uno degli apparenti paradossi della teoria evoluzionistica è l’affermarsi dell’altruismo nelle specie biologiche (Pikaia ne ha già parlato qui). Come può, infatti, essere selezionato positivamente un comportamento che danneggia chi lo tiene a favore del beneficiario?

Una soluzione a questo problema fu proposta dal biologo W. D. Hamilton con la teoria della kin selection. Hamilton, infatti, mostrò matematicamente come questo comportamento aumenti di frequenza quando viene verificata la disequazione: rb – c > 0. Dove: “r” è il grado di parentela tra l’altruista e il beneficiario; “b” è il beneficio che quest’ultimo riceve in termini di fitness ed infine “c” è il costo, sempre in termini di fitness, a carico dell’altruista. In parole povere: se il danno all’altruista è minore dei benefici apportati al parente (perché un certo grado di parentela verifica la relazione), allora il comportamento verrà positivamente selezionato.

Questa regola nasconde però diverse assunzioni “a priori”: la selezione dev’essere debole, deve esistere un’additività di costi e benefici tra i componenti della fitness ed anche il calcolo del grado di parentela si basa sulle correlazioni statistiche tra gli individui piuttosto che sulla genealogia. Esistono anche altri quesiti cui rispondere: quanto la regola di Hamilton è influenzata dalla deriva genica? E quanto dalle interazioni tra i loci di un genoma (effetti pleiotropici, epistatici e non additivi)?

Tre ricercatori di Losanna hanno cercato di rispondere attraverso un processo di evoluzione artificiale utilizzando dei robot di nome “Alice”. Le “bimbe” sono state poste in un Paese delle Meraviglie, fra tre muri neri e un muro bianco; niente Bianconigli, ma cibo da trovare. La performance delle “Alice” viene calcolata sulla base del numero di “torte” trasportate con successo al muro bianco. Il punteggio così ottenuto può, dagli stessi robot, essere attribuito a sé stessi o ad altri membri del gruppo. In quest’ultimo caso “altruistico”, la fitness viene condivisa equamente dalle altre sette “Alice” del gruppo. Il genoma dei robot codifica per 33 connessioni neurali, che determinano come vengono processate le informazioni dei sensori per la ricerca di cibo e stabiliscono il comportamento del robot. Questo sistema consente di testare alcune deviazioni dalle assunzioni della regola di Hamilton, come quelle sopracitate, con l’eccezione dell’additività di costi e benefici dei componenti della fitness.

I ricercatori hanno così potuto verificare come effettivamente la teoria proposta da Hamilton predica sempre in modo accurato il grado di parentela minimo necessario perché l’altruismo evolva. Questa elevata accuratezza è verificata nonostante le notevoli violazioni alle assunzioni “a priori” che sembrano sottostare alla regola di Hamilton.

Forse dovremmo dire che la matematica di Hamilton è un piacere ovunque la si testi!

Ilaria Panzeri


Riferimenti
Waibel M., Floreano D. e Keller L. A Quantitative Test of Hamilton’s Rule for the Evolution of Altruism. PLoS Biology, 9: e1000615 (2011). Link