Orsi bianchi, attenti a quello che mangiate!

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Spesso quando si fa riferimento all’orso polare (Ursus maritimus) si pensa agli effetti negativi del riscaldamento globale sulla sopravvivenza di questa specie. Tuttavia, l’aumento della temperatura e lo scioglimento dei ghiacci polari non costituiscono gli unici pericoli per questo animale, che provengono anche dalle sostanze tossiche di origine antropica.Il mercurio è un elemento naturale presente nell’ambiente. Tuttavia ogni anno ne […]

Spesso quando si fa riferimento all’orso polare (Ursus maritimus) si pensa agli effetti negativi del riscaldamento globale sulla sopravvivenza di questa specie. Tuttavia, l’aumento della temperatura e lo scioglimento dei ghiacci polari non costituiscono gli unici pericoli per questo animale, che provengono anche dalle sostanze tossiche di origine antropica.

Il mercurio è un elemento naturale presente nell’ambiente. Tuttavia ogni anno ne vengono immesse circa 150 tonnellate a causa di attività antropiche. Tali quantità si accumulano sulla terra ferma o nelle acque, dove alcuni microrganismi sono in grado di metilarlo, con conseguenze molto negative sulle reti alimentari. Per le sue caratteristiche, infatti, il metilmercurio si accumula nei pesci ma è dannoso soprattutto per gli organismi che si trovano ai livelli più alti della catena trofica: infatti, a causa del fenomeno detto biomagnificazione, questa sostanza si accumula negli organismi in concentrazioni crescenti man mano che si sale di livello trofico nella catena alimentare. Ne consegue che l’orso polare, essendo il predatore terminale della catena, presenta concentrazioni di metilmercurio decisamente elevate, quindi molto dannose.

Sebbene queste informazioni fossero già note, non era chiaro a quali reti trofiche partecipassero gli orsi bianchi dell’Artico. Per indagare tale aspetto alcuni ricercatori della University of Michigan hanno studiato campioni di pelo di orsi collezionati nei musei nella seconda metà dell’800 e nei primi decenni del ventesimo secolo, prima dell’aumento esponenziale di mercurio nell’ambiente dovuto alle attività dell’uomo. Analizzando gli isotopi di azoto e carbonio e le concentrazioni di mercurio i biologi hanno scoperto che gli orsi ottengono il loro nutrimento da due catene trofiche ben distinte: alla base della prima vi è il fitoplancton, mentre alla base della seconda vi sono alcune alghe che crescono sulla neve; i risultati dello studio, pubblicati sul numero di dicembre della rivista Polar Research mostrano che gli orsi che sono in cima alla prima catena trofica presentano accumuli di mercurio maggiori dei propri conspecifici che partecipano primariamente alla seconda rete trofica.

Si potrebbe speculare che lo scioglimento dei ghiacci potrebbe portare alla riduzione delle alghe che crescono sulla neve, costringendo così gli animali a prendere parte soprattutto alla rete trofica alla cui base vi è il fitoplancton, con conseguente maggior accumulo di mercurio nel corpo e maggior pericolo per la salvaguardia di questa specie. Tuttavia lo scopo di tale lavoro è un altro, cioè offrire delle basi ecologiche dettagliate per investigare accuratamente in futuro gli effetti del mercurio sugli orsi bianchi nell’Artico.

Federico Ossi


Riferimenti
Travis W. Horton, Joel D. Blum, Zhouqing Xie, Michael Hren, C. Page Chamberlain. Stable isotope food-web analysis and mercury biomagnification in polar bears (Ursus maritimus); DOI: 10.1111/j.1751-8369.2009.00114.x

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons