Perché le foglie hanno dimensioni così diverse? Questione di… clima
Una ricerca ha svelato che le dimensioni delle foglie sono limitate non sono dalla quantità di acqua disponibile e dalle temperature diurne che possono provocare danni da riscaldamento, ma anche dalle temperature notturne e dal conseguente rischio di congelamento al quale le foglie possono andare incontro
Tra le centinaia di migliaia delle specie di piante attuali, una questione che ha da sempre affascinato i ricercatori è legata alle dimensioni delle foglie, la cui superficie può variare in specie diverse da meno di 1 mm2 a più di 1 m2. Basti pensare, per esempio, alle foglie di una pianta di erica (Calluna vulgaris) confrontate a quelle dell’àbaca (Musa textilis), pianta tropicale originaria delle Filippine.
Ricerche passate avevano portato gli scienziati a pensare che la loro taglia fosse determinata dall’equilibrio tra disponibilità di acqua e alte temperature diurne. Il motivo però sembra non essere così semplice: uno studio pubblicato su Science ha infatti dimostrato che anche le temperature notturne ed il conseguente rischio di congelamento sono fattori limitanti per la crescita delle foglie stesse.
Comunemente, è molto più semplice osservare piante con foglie di notevoli dimensioni nelle giungle tropicali, dove la disponibilità di acqua è maggiore; generalmente, esse si fanno via via più piccole all’aumentare della distanza dall’equatore. Tutte le foglie possono raffreddarsi attraverso la traspirazione, ovvero la perdita d’acqua per evaporazione che avviene di solito attraverso gli stomi. Questo processo è particolarmente critico per foglie di grandi dimensioni, che pur possedendo lamine più spesse che rallentano gli scambi di calore con l’aria circostante, vanno incontro a rischi più seri di surriscaldamento, soprattutto in presenza di alte temperature e con poca acqua disponibile.
Un team di ricercatori provenienti da tutto il mondo, guidati da Ian Wright della Macquarie University di Sidney (Australia), ha analizzato le foglie di 7670 specie di piante provenienti da 682 siti differenti. Gli scienziati hanno analizzato la relazione tra dimensioni delle foglie e numerosi fattori climatici, tra cui la radiazione solare, la piovosità, l’umidità, le temperature diurne e notturne per cercare di chiarire i motivi che determinano le differenze nella dimensione delle foglie; gli scienziati hanno anche cercato di mettere a punto un modello per predire le dimensioni massime che le foglie possono raggiungere ed i fattori che ne limitano l’accrescimento.
Le interazioni tra tutti gli elementi studiati consentono per esempio di spiegare il perché nelle regioni calde e secche le foglie hanno piccole dimensioni, le foglie di molte specie presenti in regioni calde e piovose sono di taglia decisamente maggiore, ed in aree molto fredde (a latitudini o altitudini molto elevate) le foglie sono spesso ridotte.
I risultati più interessanti sono però emersi nello studio delle dimensioni massime raggiungibili dalle foglie: mentre nelle regioni aride il fattore che limita la loro crescita è determinato dalle temperature diurne, nelle aree umide, dove è presente sufficiente acqua per raffreddare foglie anche di grandi dimensioni (nella maggior parte delle regioni del globo), sono le temperature notturne, e quindi il rischio di congelamento, a limitarne le dimensioni. Laddove le temperature sono elevate ma è presente sufficiente acqua per permettere il raffreddamento delle foglie, potenzialmente non ci sono limiti alle dimensioni che esse possono raggiungere, ed i vincoli sembrano essere di tipo biomeccanico ed idraulico.
Le foglie sono comunemente considerate come i polmoni della pianta: tra le loro funzioni principali vi è senza dubbio l’assorbimento di anidride carbonica (CO2) che fornisce il carbonio necessario per poter effettuare, in presenza di energia luminosa, la fotosintesi clorofilliana. Poiché la temperatura, l’intensità luminosa e la concentrazione di CO2 sono fattori che possono limitare l’efficienza della fotosintesi; comprenderne a fondo la fisiologia sarà di grande aiuto per cercare di prevedere i cambiamenti che la vegetazione subirà, sia a livello locale che globale, a causa del cambiamento climatico in atto. Con i risultati ottenuti inoltre, sarà molto più semplice per i paleogeografi, cercare di ricostruire modelli dei climi passati, partendo dai fossili di foglie e dalle loro dimensioni.
Riferimento:
Ian J. Wright, Ning Dong, Vincent Maire, I. Colin Prentice, Mark Westoby, Sandra Díaz, Rachael V. Gallagher, Bonnie F. Jacobs, Robert Kooyman, Elizabeth A. Law, Michelle R. Leishman, Ülo Niinemets, Peter B. Reich, Lawren Sack, Rafael Villar, Han Wang, Peter Wilf. Global climatic drivers of leaf size. Science, 2017, http://science.sciencemag.org/content/357/6354/917
Immagine da Wikimedia Commons
Ricerche passate avevano portato gli scienziati a pensare che la loro taglia fosse determinata dall’equilibrio tra disponibilità di acqua e alte temperature diurne. Il motivo però sembra non essere così semplice: uno studio pubblicato su Science ha infatti dimostrato che anche le temperature notturne ed il conseguente rischio di congelamento sono fattori limitanti per la crescita delle foglie stesse.
Comunemente, è molto più semplice osservare piante con foglie di notevoli dimensioni nelle giungle tropicali, dove la disponibilità di acqua è maggiore; generalmente, esse si fanno via via più piccole all’aumentare della distanza dall’equatore. Tutte le foglie possono raffreddarsi attraverso la traspirazione, ovvero la perdita d’acqua per evaporazione che avviene di solito attraverso gli stomi. Questo processo è particolarmente critico per foglie di grandi dimensioni, che pur possedendo lamine più spesse che rallentano gli scambi di calore con l’aria circostante, vanno incontro a rischi più seri di surriscaldamento, soprattutto in presenza di alte temperature e con poca acqua disponibile.
Un team di ricercatori provenienti da tutto il mondo, guidati da Ian Wright della Macquarie University di Sidney (Australia), ha analizzato le foglie di 7670 specie di piante provenienti da 682 siti differenti. Gli scienziati hanno analizzato la relazione tra dimensioni delle foglie e numerosi fattori climatici, tra cui la radiazione solare, la piovosità, l’umidità, le temperature diurne e notturne per cercare di chiarire i motivi che determinano le differenze nella dimensione delle foglie; gli scienziati hanno anche cercato di mettere a punto un modello per predire le dimensioni massime che le foglie possono raggiungere ed i fattori che ne limitano l’accrescimento.
Le interazioni tra tutti gli elementi studiati consentono per esempio di spiegare il perché nelle regioni calde e secche le foglie hanno piccole dimensioni, le foglie di molte specie presenti in regioni calde e piovose sono di taglia decisamente maggiore, ed in aree molto fredde (a latitudini o altitudini molto elevate) le foglie sono spesso ridotte.
I risultati più interessanti sono però emersi nello studio delle dimensioni massime raggiungibili dalle foglie: mentre nelle regioni aride il fattore che limita la loro crescita è determinato dalle temperature diurne, nelle aree umide, dove è presente sufficiente acqua per raffreddare foglie anche di grandi dimensioni (nella maggior parte delle regioni del globo), sono le temperature notturne, e quindi il rischio di congelamento, a limitarne le dimensioni. Laddove le temperature sono elevate ma è presente sufficiente acqua per permettere il raffreddamento delle foglie, potenzialmente non ci sono limiti alle dimensioni che esse possono raggiungere, ed i vincoli sembrano essere di tipo biomeccanico ed idraulico.
Le foglie sono comunemente considerate come i polmoni della pianta: tra le loro funzioni principali vi è senza dubbio l’assorbimento di anidride carbonica (CO2) che fornisce il carbonio necessario per poter effettuare, in presenza di energia luminosa, la fotosintesi clorofilliana. Poiché la temperatura, l’intensità luminosa e la concentrazione di CO2 sono fattori che possono limitare l’efficienza della fotosintesi; comprenderne a fondo la fisiologia sarà di grande aiuto per cercare di prevedere i cambiamenti che la vegetazione subirà, sia a livello locale che globale, a causa del cambiamento climatico in atto. Con i risultati ottenuti inoltre, sarà molto più semplice per i paleogeografi, cercare di ricostruire modelli dei climi passati, partendo dai fossili di foglie e dalle loro dimensioni.
Riferimento:
Ian J. Wright, Ning Dong, Vincent Maire, I. Colin Prentice, Mark Westoby, Sandra Díaz, Rachael V. Gallagher, Bonnie F. Jacobs, Robert Kooyman, Elizabeth A. Law, Michelle R. Leishman, Ülo Niinemets, Peter B. Reich, Lawren Sack, Rafael Villar, Han Wang, Peter Wilf. Global climatic drivers of leaf size. Science, 2017, http://science.sciencemag.org/content/357/6354/917
Immagine da Wikimedia Commons